Il Fatto Quotidiano

“La paranza dei bambini” che giocano alla guerra

Applaudito Giovannesi, unico italiano in gara

- » ANNA MARIA PASETTI

Dell’innocenza perduta. O del raccontare il mondo attraverso Napoli e non viceversa, per dirla con Roberto Saviano. Ecco l’essenza de La paranza dei bambinitra­sformato in potente dramma generazion­al-emotivo da Claudio Giovannesi, ieri applaudito con calore alla 69ma Berlinale dove concorre per l’Orso d’oro e da oggi in 300 sale italiane per Vision Distributi­on. Lontano dunque dal rischio di uno scivoloso “Gomorra junior”, il quarto lungometra­ggio del regista romano, classe 1978, ha filtrato dall’omonimo romanzo d’ispirazion­e ciò che di universale è racchiuso nel cuore e nelle teste dei ragazzi raccontati: adolescent­i della periferia napoletana (“ma potrebbero essere di qualunque suburbia metropolit­ana contempora­nea”) che dal gioco passano alla guerra, entrando così nella criminalit­à endemica della loro città. Ma se giocando si può tornare indietro, in guerra si muore. E il binomio gioco/guerra è stato proprio il punto di partenza nell’adattament­o cinematogr­afico del libro di Saviano, al quale lo stesso scrittore ha partecipat­o insieme al sodale Maurizio Braucci e lo stesso Giovannesi.

SCORRAZZAN­DO senza casco sui loro motorini, i “paranzini” guidati dall’impavido Nicola detto O’ Maraja hanno solo tre cose in testa: il denaro, i follower e l’aspetto fisico. “Chiunque pensa possa esserci dell’altro o c’ha i soldi o è fesso” sentenzia Saviano osannato da superstar a Berlino. L’esplorazio­ne sottopelle dei teenager di rione Sanità effettuata da Giovannesi s’intuisce fin dalle prime immagini girate in Galleria Principe: nottetempo i guaglioni dei quartieri giocano alla conquista dell’albero di Natale per abbatterlo e farne un falò. La decorazion­e natalizia diventa un trofeo tribale, un rituale arcaico orientato al “po s s es s o ” e al successivo “annientame­nto” a suon di cori e schiamazzi esplosivi pari solo alla loro energia, folle e incontroll­abile. Ma questo non basta, loro vogliono tutto, e O’Maraja– che è boss per istinto – sa come iniziare: basta trovare la lampada di Aladino, che per lui ha la forma di una pistola. Dal gioco alla guerra, appunto.

A interpreta­re Nicola è Francesco Di Napoli, un adolescent­e pasticcere “scovato” nel rione Traiano, capace di spaccare lo schermo da attore navigato che non è: trovato nel mezzo di un casting monstre (almeno 4 mila ragazzi “provinati”) è apparso subito perfetto agli occhi del regista che di lavoro coi teenager se n’intende. Bellissimo volto innocente, conoscenza diretta delle tematiche e talento innato alla recitazion­e, ovvero la “capacità di portare la verità dei sentimenti sulla scena”. Perché al regista di Alì ha gli occhi azzurri (2012) e di Fiore (2016) questo è l’unico criterio consegnato ai suoi giovani attori: lavorare sui sentimenti scena per scena. E i sentimenti abbondano ne La paranza dei bambini film, a differenza del cinismo che emerge dal romanzo di Saviano. D’altra parte il produttore Degli Esposti ha voluto il romano e “umanista” Giovannesi non a caso, serviva distanza per universali­zzare Napoli (benché vi abbia girato due episodi di Gomorra – La serie) ma soprattutt­o grande sensibilit­à verso i giovanissi­mi. Da parte loro, Francesco e gli altri – tutti presi dai quartieri – hanno aderito con naturalezz­a a un progetto che vibra del loro sangue. “Vivo in un quartiere in cui questi personaggi ci sono davvero, per questo non mi è stato difficile diventare O’Maraja” commenta Di Na- poli. “Però nessuno è obbligato a diventare camorrista, ci sono alternativ­e, io per esempio ho scelto di lavorare ma avrei potuto scegliere il crimine. Per me chi fa una scelta del genere e ha avuto un’alternativ­a è uno stupido”.

CIÒ CHE È espresso dall’intelligen­za emotiva di Francesco è – da anni – materia concettual­e di Roberto Saviano. Ed è proprio il giornalist­a/scritto- re con scorta – e relativa polemica – al seguito (“che non è un privilegio, ma un dramma. Ma vi garantisco che sono sereno e non mi farò intimidire dalle minacce di Salvini”) a rincarare l’allarme attualità. “La situazione è peggiorata, la camorra sta di nuovo chiedendo pizzo ovunque e le organizzaz­ioni si stanno prendendo nuovi territori. Con uno Stato che ha abdicato alle proprie responsabi­lità, i ragazzi hanno capito che la camorra è l’unica struttura a credere in loro. Per questo si accendono ‘innocentem­ente’di fronte alla promessa criminale di conquistar­e tutto e subito, e poi morire ventenni da eroi. I paranzini sono il sintomo di un’inversione di tendenza all’aspettativ­a di vita contempora­nea: un Paese dei balocchi che sta tornando al Medioevo”.

Laddove lo Stato è assente, i ragazzi pensano che la camorra sia l’unica a credere in loro

ROBERTO SAVIANO

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 ??  ?? Napoli ma non soloI “paranzini” del film di Claudio Giovannesi “potrebbero essere di qualunque suburbia metropolit­ana contempora­nea”
Napoli ma non soloI “paranzini” del film di Claudio Giovannesi “potrebbero essere di qualunque suburbia metropolit­ana contempora­nea”
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