Gialloverdi contro, adesso è guerra sulle dimissioni
Di Maio chiede il passo indietro di Siri, la Lega quello della Raggi. Scontro in Cdm
Dalla pantomima ai cazzotti, veri. Anzi, alle richieste di dimissioni. Se in questi giorni i gialloverdi avevano (anche) fatto finta di litigare, pur di lasciare al margine dal gioco Pd e Forza Italia, in un giovedì da nevrosi gli alleati per forza, Lega e M5S, si mordono alla gola e se le promettono: sulle agenzie, in un Consiglio dei ministri che pare un ring, e sulle tv, dove Matteo Salvini e Luigi Di Maio si rincorrono in serata. Con i 5Stelle che indicano la porta al sottosegretario leghista Armando Siri, indagato, e il Carroccio che risponde invocando la testa della sindaca di Roma, Virginia Raggi. E nell’attesa minaccia di prosciugarle i fondi, bloccando la norma Salva Roma. Perché il governo è stato ferito dal suo primo caso giudiziario, l’i n d ag ine per corruzione piovuta sulla testa del sottosegretario alle Infrastrutture Siri, fedelissimo di Matteo Salvini. I pm lo accusano di aver preso una tangente. E l’altro vicepremier
Luigi Di Maio va dritto: “Se i fatti fossero confermati, sarebbe opportuno che Siri si dimettesse”.
MA IL CARROCCIO fa muro, con Salvini che lo dipinge come “una persona specchiata e li mp ida ”. Solo che nel frattempo il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, di cui la Lega ha puntato la poltrona (su cui pensa di poter far sedere proprio Siri, malignano nel M5S) ritira le deleghe al leghista. Ed è il segnale della battaglia, con Salvini che tira in mezzo la sindaca che per lui è una preda, e inveisce contro “i due pesi e due misure del M5S che per Raggi non aveva chiesto le dimissioni”. Però ci sarebbe anche un Consiglio dei ministri in trasferta, a Reggio Calabria.
E nella riunione il premier Giuseppe Conte prova a sedare il ministro dell’Interno, che già prima del Cdm urla contro la ministra della Difesa Trenta, tanto che Conte lo porta in una stanza per parlargli. Ma Salvini non si placa: “D’ora in poi anche noi chiederemo le dimissioni di chiunque”. Di Maio assicura: “Matteo, non ce l’abbiamo con voi della Lega, ma l’istituzione va tutelata, qui si parla di una tangente, di mafia. E a Roma Marcello De Vito lo abbiamo cacciato subito”. Ma finisce senza una tregua. E al termine Conte ricorre a toni felpati: “Non esprimo una valutazione, ma avverto il dovere di parlare con Siri. All’esito del confronto valuteremo, tenendo conto che il contratto di governo prevede che non possono svolgere incarichi ministri e io dico sottosegretari sotto processo per reati gravi come la corruzione”. Tradotto, il premier proverà a convincerlo a dimettersi, anche in virtù di quel contratto che il M5S cita come un’arma. Nel frattempo però l’Espresso diffonde alcuni audio in cui Raggi si rivolge a muso duro all’allora ad di Ama, la municipalizzata dei Trasporti, parlando di “una città fuori controllo”, in cui “i romani si affacciano e vedono la merda”. E per Salvini è una manna. Così i ministri del Carroccio invocano le dimissioni della sindaca, con Erika Stefani che fa il verso a una dichiarazione di Di Maio: “Se il contenuto delle intercettazioni corrispondesse al vero sarebbe la confessione di un grave reato”. Nel M5S si agitano, ma fanno scudo: “È una ripicca, Raggi non è nemmeno indagata”.
INVECE IL CARROCCIO rilancia e chiede di stralciare dal dl Crescita la norma “Salva Roma”, grazie a cui il Comune farebbe rinegoziare il suo debito al Tesoro. E il vicecapogruppo alla Camera del M5S Francesco Silvestri replica: “E allora la Lega paghi i 2,5 miliardi che verrebbero risparmiati”. Finisce con Salvini che da Porta a Portainvita Raggi “a cambiare mestiere” e giura: “Quando ci sono stati problemi con i ministri del M5S sono rimasto zitto”. E Di Maio che a Dritto e rovescio promette: “Il governo tiene”. Chissà come.
@lucadecarolis
Siri è coinvolto in un’indagine così grave che tocca
addirit
tura il prestanome del boss Matteo Messina Denaro
LUIGI DI MAIO