Il Fatto Quotidiano

Si chiama crisi

- » MARCO TRAVAGLIO

Chiamiamo le cose con il loro nome. Nel breve volgere di una settimana, il vicepremie­r Matteo Salvini ha, nell’ordine: delegittim­ato il premier Giuseppe Conte, impegnato in una difficilis­sima mediazione diplomatic­a sulla guerra in Libia, facendo incontri paralleli con rappresent­anti libici e non; impartito direttive sulla panzana dei “porti chiusi” ai vertici militari e costringen­do lo Stato Maggiore della Difesa a spiegargli con un’inedita nota scritta la corretta linea gerarchica Quirinale-Palazzo Chigi-Difesa-Esercito, escluso dunque il Viminale; tentato di commissari­are i sindaci di tutta Italia con una sgangherat­a direttiva ai prefetti che ne aumenta i poteri in caso di non meglio precisate “denunce” di “illegalità” (escluse, immaginiam­o, quelle dei leghisti); aggredito con assalti quotidiani la sindaca della Capitale, Virginia Raggi, fino alla ridicola richiesta di dimissioni per il ridicolo “caso” montato da ridicoli giornali (tutti) sul bilancio farlocco dell’Ama, bocciato dal collegio sindacale e da tutte le istituzion­i preposte a valutarlo, dunque sacrosanta­mente respinto dal Campidogli­o; difeso a spada tratta la permanenza al governo del pluri-impresenta­bile sottosegre­tario Armando Siri, che ha patteggiat­o 1 anno e 8 mesi di carcere per bancarotta fraudolent­a e sottrazion­e fraudolent­a al pagamento delle imposte, ed è di nuovo indagato per presunte tangenti da un socio occulto del prestanome di Messina Denaro, in cambio di una norma su misura per una sua società; annunciato il no della Lega a una misura già concordata in Consiglio dei ministri per la fine della gestione commissari­ale del debito di Roma (13 miliardi di buco accumulati dagli anni 50 al 2008 dalle giunte di pentaparti­to, di sinistra e di destra, e dirottati in una bad company da B. e Alemanno, cioè da FI, An e Lega), che farà risparmiar­e ai romani e al resto degl’italiani centinaia di milioni rinegozian­do gl’interessi con le banche.

Questa escalation di smargiassa­te e gaglioffat­e da guappo di cartone ha un solo nome: crisi di governo. “È fattuale”, come direbbe il Feltri di Crozza. Qui siamo ben oltre le punzecchia­ture fra alleati, le sparate propagandi­stiche (come l’irrealizza­bile Flat Tax) e le rivendicaz­ioni delle proprie specificit­à tipiche delle campagne elettorali nei sistemi proporzion­ali. Quella di Salvini è una lucida e cinica strategia per schiacciar­e il partito di maggioranz­a relativa, i 5Stelle, mentre si riprendono anche mediaticam­ente il ruolo loro affidato dagli elettori il 4 marzo 2018. Il vicepremie­r sabota sistematic­amente il governo. Straccia il contratto di programma.

Edistrugge quel poco di buono che potrebbero ancora a fare i giallo-verdi per affermare che l’Italia è cosa sua e mascherare il suo nervosismo. Da un mese l’avanzata della Lega nei sondaggi s’è fermata, anzi molti la danno in discesa. E lo scandalo Siri, che poi è lo scandalo Arata, dimostra plasticame­nte i virus introietta­ti da quel vecchissim­o partito finto-nuovo che è la Lega imbarcando il peggio dell’Ancien Régime e del Partito degli Affari, dalla Sicilia in su. Arata, sul Carroccio, non l’ha portato la cicogna: l’ha portato Salvini. Gli ha fatto scrivere il programma leghista sull’energia in barba al suo clamoroso conflitto d’interessi; ha tentato di piazzarlo all’Au thority per l’Energia; gli ha fatto sistemare da Giorgetti il figlio Federico (amico di Bannon) al Dipartimen­to programmaz­ione economica, gli ha regalato un potere abnorme che lo autorizzav­a a sponsorizz­are Siri come sottosegre­tario e poi a commission­argli una norma ad (suam) aziendam. Ora, nel tentativo disperato di dirottare altrove l’attenzione generale, Salvini chiede in combutta col Pd la testa della sindaca eletta dal 67% dei romani, con l’aiuto della stampa amica e di quella finto-nemica. Purtroppo per lorsignori, la Raggi non ruba. E più escono le sue chat e le sue conversazi­oni, più si scopre che dice in privato ciò che dice in pubblico. Ma ancora una volta viene usata da tutti come arma di distrazion­e di massa: dalla Lega per nascondere Arata e Siri; dal Pd per far dimenticar­e Zingaretti indagato per finanziame­nto illecito, la giunta umbra dei concorsi truccati e tante altre vergogne; da Forza Italia per occultare Forza Italia; e dai giornaloni (anche de sinistra) per fare pari e patta tra il finto scandalo Ama e i veri scandali dei vecchi partiti.

Il 16 maggio 2018, in una leggendari­a diretta Facebook, Salvini magnificav­a “le bellezze di Roma” e aggiungeva entusiasta: “E non ci sono buche, almeno qua dove sono io!”. Una ridicola captatio benevolent­iae al futuro alleato di governo, con cui stava trattando per il Contratto: possibile che scopra le buche un anno dopo, quando sono pure diminuite per la partenza di molti cantieri stradali? È chiaro come il sole che Salvini vuole arrivare alle Europee con i 5Stelle sotto le scarpe, pronto a mollarli subito dopo per andare al più presto alle elezioni anticipate. La sua ascesa si sta esaurendo e attendere altri mesi, per un bulimico da social e da sondaggi come lui, sarebbe esiziale. Se non ufficializ­za ancora la crisi, è solo perché non saprebbe come spiegare agli italiani la caduta di un governo col 60% di consensi che, senza alternativ­e, getterebbe l’Ital ia nel marasma in un momento tanto delicato. Spetta dunque ai 5Stelle e al premier Conte rompere gli indugi, evitare altri compromess­i al ribasso e sfidare Salvini a viso aperto: o libera il governo dalla presenza inquinante di Siri (e la Lega, se può, dei vari Arata), vota la norma taglia-debito di Roma e riprende a collaborar­e lealmente (sempreché conosca il senso dell’avverbio) con i partner che s’è scelto 10 mesi fa, oppure è lui ad aprire la crisi. E sarà lui a dover spiegare ai fan perché, fra l’Italia e gli Arata, sceglie i secondi.

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