Il Fatto Quotidiano

Salvini vuole la crisi: “No al Taglia-debito di Roma”

Ennesima provocazio­ne per nascondere gli scandali

- » LUCA DE CAROLIS

■ I gialloverd­i sono ormai ai materassi. Il ministro dell’Interno potrebbe far saltare il banco quando si discuterà il decreto Crescita e la norma sulla Capitale

Ora può davvero saltare tutto. Non è più tempo per battutine e sciarade. Perché il caso Siri da crepa si è fatto faglia tra gli alleati per forza, Carroccio e M5S. Con i 5Stelle che ora tirano in mezzo direttamen­te lui, Matteo Salvini, chiedendog­li se sapesse, se fosse a conoscenza del fatto che il figlio di Paolo Arata, indagato assieme al sottosegre­tario leghista, fosse stato assunto a Palazzo Chigi da Giancarlo Giorgetti. Cioè dal sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio, ma soprattutt­o numero due della Lega, quello che l’alleanza con il Movimento non l’avrebbe mai voluta e che non l'ha mai digerita. E allora, anche se il Carroccio minimizza, tira aria da resa dei conti, quasi da rabbia sfogata.

E C’È GIÀ il bottone rosso da poter premere per far saltare in aria la maggioranz­a, martedì, in Consiglio dei ministri. Basta che Salvini e i suoi (ri)dicano no alla norma Salva-Roma, che il Carroccio dipinge come un favore a Virginia Raggi, e che per il Movimento invece è una trincea che non si può abbandonar­e. Comunque lo si guardi, il pretesto perfetto per dirsi addio. Almeno per Salvini, che con l’altro vicepremie­r, Luigi Di Maio, fino a pochissimo tempo fa giocava a dirsele in pubblico, ogni giorno, visto che la baruffa quotidiana era perfetta per tenere tutte le luci sui gialloverd­i e lasciare a fondo pagina il Pd e ciò che resta di Forza Italia. Teatro politico, con i due capi che la sera si scambiavan­o messaggi e perfino meme( immagini o video scherzosi), come due ragazzini. Ma da qualche giorno non si salutano, neanche negli incontri ufficiali, perfino in un pranzo riservato a tre con il premier Giuseppe Conte.

Dal sangue finto si è passati allo scontro vero, perché la vicenda del sottosegre­tario leghista indagato è una ferita che spurga guai, una storiaccia in cui ha un ruolo di prima fila anche un prestanome del boss Matteo Messina Denaro. E ieri sera, a spargere sale in abbondanza sulla lesione arriva la notizia che il figlio di Arata lavora a Palazzo Chigi con Giorgetti. Lo scrive il sito del Corriere della Sera, e nel giro di pochi minuti il M5S ringhia, con una nota: “Chiediamo se Salvini fosse a conoscenza di tutto questo. Ci auguriamo e confidiamo che il leader della Lega (non lo definiscon­o vicepremie­r om in istro,ndr)s appia fornire quanto prima elementi utili a chiarire ogni aspetto ”. Mail Carroccio ostenta indifferen­za :“Parlamenta­rie ministri della Lega continuano a lavorare anche in questi giorni di festa, non rispondono a polemiche e insulti che si sgonfieran­no in qualche ora”. Però nel governo la tensione e i sospetti incrociati si fanno solidi. E adesso Salvini medita davvero, forse per la prima volta, se staccare la spina a un soffio dalle Europee, con il no alla norma Salva- Roma. Quella che il M5S vuole dentro il dl Crescita per dare un po’di ossigeno al Campidogli­o, facendo sì che il Tesoro possa rinegoziar­e con le banche l’enorme debito della Capitale, “e sarebbero 2,5 miliardi di risparmi per tutti gli italiani” ripetono a una sola voce i 5Stelle, come a ribadire che non è mica un aiuto a Roma. Invece Salvini sostiene proprio questo: “Non penso ci siano Comuni di serie A e di serie B, ci sono tante amministra­zioni in difficoltà in Italia. Non si può fare un regalo a qualcuno e agli altri no”. E lo fa ripetere ai suoi generali nei colloqui riservati con il M5S: la norma non può passare.

Un muro, dal capo della Lega che dà l’assedio al Campidogli­o, che invita la Raggi “a cambiare mestiere perché non è capace di governare”. E il vicecapogr­uppo alla Camera del M5S, il romano Francesco Silvestri, risponde dritto: “Tutti hanno capito che Salvini prova ad alzare il polverone su Roma solo per nascondere mediaticam­ente l’inchiesta che coinvolge Siri”. Però a contare è il no al Salva-Roma che andrebbe inserito nel dl Crescita, da approvare martedì in Cdm.

E POTREBBE ESSERE il giorno della conta, che spalancher­ebbe le porte alla crisi di governo. “Noi in Consiglio abbiamo comunque la maggioranz­a, il ministro dell’Economia Tria non può che votare sì alla norma”, dicono dai 5Stelle. Però è ovvio, “se il Carroccio votasse contro in Cdm sarebbe comunque crisi”. E allora, che si fa? Da qui a martedì il presidente del Consiglio Giuseppe Conte proverà a mediare, e intanto fisserà una data per incontrare Siri e convincerl­o a dimettersi. E sarebbe un passo importante. Però lo scoglio del Salva-Roma è lì, vicinissim­o. E una soluzione per schivarlo, “rumorosa ma possibile” sussurrano dal M5S, potrebbe essere quella della Lega assente in Cdm. Un gesto che sarebbe comunque grave, ma che per il Movimento non giustifich­erebbe il fine corsa. Di certo “Di Maio non vuole la crisi” dicono in parecchi dal M5S. E la sensazione diffusa è che Salvini “non possa far saltare tutto su Roma, anche perché poi come lo spieghereb­be ai romani? Ci lascerebbe praterie”. E fonti di governo confermano: “L’esecutivo non può saltare sui soldi al Campidogli­o o su una vicenda come quella di Arata, altrimenti si dimostrere­bbe che il Carroccio ha pegni politici a cui non può sottrarsi, per esempio con Arata”.

Però Salvini è un mistero. “La crisi è solo nella testa di Di Maio” replica in mattinata all’altro vicepremie­r, che lo accusava di minacciare spesso il fine corsa. Ma il leghista sa che quella della prossima settimana potrebbe essere l’ultima finestra per andare a elezioni anticipate in estate. “L’unica via che avrebbe per capitalizz­are un successo nelle urne di maggio” ammette un big dei 5Stelle, che si dice “molto preoccupat­o”. Perché non si scherza più.

Il giorno della conta Martedì la norma sarà in Cdm con il dl Crescita. Il vicepremie­r fa muro: “È un regalo”

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