Gli ospedali non assumono i giovani e li ostacolano
“Il vecchietto dove lo metto?” cantava nel secolo scorso uno scanzonato Domenico Modugno dandosi anche la risposta: “...dritto dritto in ospedale”. È quello che sta succedendo nella sanità, dove, a quanto pare, è saltato ogni tipo di programmazione visto che la carenza di personale, a ogni livello, è divenuta critica nonostante fior di manager dai curricula straripanti di titoli e master sull’argomento. Mancano medici, infermieri, si chiudono reparti, si tagliano servizi. Per tamponare il collasso dell’intero sistema si è pensato di richiamare gli ottuagenari in meritata quiescenza o, se ancora in servizio, di invitarli caldamente a restare. Così avremo chirurghi, anestesisti, ortopedici che metteranno le mani su loro coetanei sperando che i naturali acciacchi dell’età non pregiudichino l’esito degli interventi. Intanto i giovani delle facoltà mediche restano disoccupati o precari a vita. Altro che cambio generazionale, qui si persegue il perpetuo geriatriale! Invece poi di eliminare il numero chiuso all’università lasciando che sia il percorso di studi a fare la naturale selezione si è pure pensato di affidare ai soli infermieri la gestione in toto dei reparti creando qualche logica perplessità: a che serve essere medico se poi le mie competenze, la mia professionalità non valgono un fico secco? In mezzo ci stiamo noi, pazienti due volte, prima perchè siamo malati, poi perchè costretti a subire queste ideone partorite non tanto per noi quanto per il dio Bilancio che reclama la sua esclusiva priorità su tutto il resto, salute nostra compresa.. E per le strade sempre più trafficate è facile incrociare minibus guidati da ultraottantenni che trasportano coetanei verso nosocomi distanti tra loro decine di chilometri per visite ed esami impossibili da avere vicino casa ed altri che accompagnano le equipe itineranti, un’altra suggestiva trovata, di medici che vanno per un’a p p en d ic e ct o mi a all’ospedale X, per poi spostarsi per un trapianto a quello Y, finendo la giornata allo Zeta per sistemare una frattura femorale. Un tourbillon per cui, trepidanti, non resta che affidarci alla divina Provvidenza affinchè butti il suo benevolo occhio