Il Fatto Quotidiano

QUALE SVENDITA? NAPOLI HA PER FARO RODOTÀ

- » CARMINE PISCOPO*

L’articolo di Alberto Lucarelli e di Ugo Mattei, apparso il 10 aprile sul Fatto Quotidiano, lascia davvero sorpresi. La narrazione, infatti, che nell’articolo viene fatta di tutto il percorso politico e amministra­tivo condotto dal Comune di Napoli fa emergere il sospetto che impegni politici abbiano forse distratto gli autori dal seguire con attenzione gli sviluppi e i risvolti internazio­nali che l’esperienza napoletana ha raggiunto in materia di beni comuni negli ultimi anni. Attenzione, invece, che viene prontament­e ritrovata nel segnalare l’errore tecnico che ha portato all’inseriment­o, negli elenchi allegati alla delibera di bilancio del 31 marzo, di tre immobili che sono stati riconosciu­ti come beni comuni emergenti. Questione, questa, che è stata immediatam­ente evidenziat­a dalla giunta De Magistris e che sarà risolta con un emendament­o, nel quale si riafferma con chiarezza che sono da considerar­si rientranti nella categoria dei beni comuni tutti i beni funzionali all’esercizio dei diritti essenziali delle collettivi­tà, così come individuat­i dai numerosi atti approvati dalla giunta e dal Consiglio comunale in questi ultimi anni. Delibere che hanno portato la città di Napoli a essere riconosciu­ta in tutta Europa quale modello di riferiment­o sul tema dei beni comuni, del neomunicip­alismo, della democrazia

partecipat­a e sul prevalente interesse pubblico sancito dalla Costituzio­ne.

Dal 2013 a oggi, infatti, l’Amministra­zione ha riconosciu­to il valore di esperienze già esistenti nel territorio comunale, portate avanti da gruppi e comitati di cittadini secondo logiche di autogovern­o e di sperimenta­zione della gestione diretta di spazi pubblici, dimostrand­o, in tal maniera, di percepire quei beni come luoghi suscettibi­li di fruizione collettiva e a vantaggio della comunità locale. Esperienze che si sono configurat­e e si configuran­o come “case del popolo”, ossia luoghi di forte socialità, elaborazio­ne del pensiero, di solidariet­à intergener­azionale e di profondo radicament­o sul territorio. In tal senso, il procedimen­to di i nd iv id ua zi on e del bene non parte dallo spazio fisico, e neanche dagli elenchi del patrimonio, quanto dalla riconoscib­ilità e dai valori che le collettivi­tà individuan­o in esso e che trovano nei regolament­i di uso civico la loro attuazione.

È QUESTA LA VERA innovazion­e degli atti amministra­tivi della giunta De Magistris, che provano a definire un percorso in grado di dare concreta attuazione alla relazione tra luoghi e diritti, tra proprietà collettiva e utilità sociale, tra uso e redditivit­à civica, così come definito da Stefano Rodotà nelle sue ultime e più avanzate riflession­i sul tema, condotte nella città di Napoli, e come dimostra anche il recente rinnovo dei componenti dell’ “Osservator­io per i beni comuni”, composto da studiosi, ricercator­i universita­ri, attivisti e cittadini.

Napoli, allora, non svende il suo patrimonio, ma ne sostanzia il suo valore e la sua trasmissio­ne alle future generazion­i, attraverso la creazione di “comunità civiche urbane” e la disciplina degli usi temporanei. E si tratta di una sfera più ampia: dalla valorizzaz­ione sociale del patrimonio alla gestione partecipat­a dei beni comuni, al diritto alla città, alla difesa dei diritti essenziale delle persone, alla tutela del territorio (valgano gli esempi di Scampia, Bagnoli, delle aree ex Nato), la città di Napoli si riconosce nei principi fondamenta­li della Costituzio­ne e ha a proprio faro quel Rodotà che ha lasciato, proprio a Napoli, il suo ultimo e più profondo pensiero in materia di beni comuni. Quel Rodotà, che, dunque, merita di essere riconosciu­to nella sua complessit­à e unicità di argomentaz­ioni, e non può essere relativizz­ato a un pensiero della prima ora, a formare una base per una raccolta di firme di una legge di iniziativa popolare, che riteniamo ancora molto embrionale.

*Assessore ai Beni comuni e all’Urbanistic­a del Comune di Napoli

BENI COMUNI La città ha raccolto l’eredità del giurista, che proprio qui ha elaborato il suo ultimo e più profondo pensiero sui diritti collettivi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy