LA ODIATE? UNA “GRANDE CECITÀ” VI HA GIÀ COLPITI
Se Libero, e il suo direttore Vittorio Feltri, avessero letto La grande cecità di Amitav Ghosh non avrebbero definito Greta “una r om pi ba ll e”.
O forse lo avrebbero fatto lo stesso per il gusto di provocare (e non ha senso invocare una censura) ma si perderebbero il cuore del problema. Lo scrittore indiano, che ha scritto il suo saggio nel 2016, interpella proprio gli scrittori, l’arte e i giornalisti. Tutti loro, tutti noi, verranno un giorno “ricordati non per la loro audacia, non per la loro difesa a spada tratta delle libertà, bensì per la loro convivenza con la Grande Cecità”.
Siamo tutti abbastanza “inconsapevoli della crisi imminente” e infatti non ne scriviamo o, almeno, non abbastanza. Oppure, come Libe ro, per deridere la ragazzina con le treccine che sta svegliando una generazione. Certo, ci sono gli esaltati di Greta, quelli che hanno inquinato il pianeta e ora fanno i selfie con lei. Ma fa parte del gioco ipocrita del potere.
Quello che vale la pena osservare è come ci siano così poche “i n te l li g e nz e le tte rar ie” con sap evo li della “voce della terra” e della sua atmosfera.
Le ragioni? Sicuramente l’eccessiva centralità della “morale individuale” che domina la letteratura e anche la politica per cui l’individuo è l’agente risolutore della narrazione e l’azione collettiva scivola sullo sfondo. “Cosa fai tu per salvare il pianeta” chiedono i giornalisti ai ragazzi in piazza. E quelli rispondono “noi”: e i due discorsi non coincidono. C’è il terrore per la crisi evidente dello “Stato-nazione” come strumento per affrontare l’emergenza globale e la goffa propaganda dei “sovranisti all’a m at r iciana” lo dimostra. E c’è la voglia di non essere svegliati dal proprio torpore, dalle proprie comodità, d al l ’ illusione che l’i nt eresse individuale corrisponda necessariamente al benessere collettivo. Fermare il riscaldamento globale significa rimettere tutto in gioco. Gli adulti non ne hanno voglia. I ragazzi, forse, ancora sì.