De Gregorio-Andrini, causa chiusa con un dialogo
Il caso nato da articoli di dieci anni fa
Il Fatto ha pubblicato il 7 febbraio scorso un’intervista a Concita De Gregorio nella quale l’ex direttore de L’Unità dal 2008 al 2011 raccontava la sua situazione: “Ogni centesimo che ho guadagnato mi è stato sequestrato per pagare le cause civili dell’Unità al posto di un editore che nel tempo si è fatto nebbia (…) Quando la Nie, il mio editore, chiude con un concordato preventivo, tramite il quale cede la testata alla cordata guidata dall’imprendi tore Pessina (e partecipata anche dal Pd, tramite la Eyu, ndr) dismette la responsabilità civile per le cause di diffamazione. In quanto direttore, e in base alla legge sulla stampa del 1948, rispondo in solido per tutte le cause civili. Pago io, quindi, al posto dell’editore”. Di fronte a questo scenario speravamo che qualcuno si facesse avanti per aiutare una collega che, attenzione, non sta pagando per articoli firmati da lei ma per errori dei suoi colleghi. La legge infatti prevede la responsabilità in solido del direttore al quale si imputa il cosiddetto omesso controllo, impossibile da esercitare di fatto sulle decine di articoli in ogni edizione. L’editore Renato Soru, che chiese a Concita De Gregorio di lasciare un giornale e uno stipendio più grandi nel 2008 (era a Repubblica) per l’avventura (meglio dire sventura) dell’Unità ora ha ben altro a cui pensare. Il Pd, riferimento politico degli editori e lettori de L’Unità, si è girato dall'altra parte. Il Fatto ha pensato di non lasciare sola una collega colpevole solo di avere cercato di informare il pubblico – con gli errori che ogni giorno tutti commettiamo – soprattutto in una fase calda come quella della sua direzione. Abbiamo scoperto
che uno dei risarcimenti più importanti riguardava un articolo pubblicato nel 2009 che si occupava di Stefano Andrini, allora nominato dalla Giunta Alemanno al vertice di una municipalizzata e 20 anni prima, militante di estrema destra, coinvolto all’età di 18 anni in una rissa. Nell’articolo c’era un errore. Come al solito a essere condannata a pagare è stata la direttrice. Flavia Perina, ex parlamentare di An e Fli, e giornalista, conosceva le due parti della causa, ha organizzato un incontro. Davanti all’avvocato Antonio Buonfiglio, Concita De Gregorio e Stefano Andrini si sono chiariti. Per ritirare la sua pretesa e quindi rinunciare al risarcimento che gli era stato riconosciuto dai giudici Andrini ha chiesto la pubblicazione del resoconto dell'incontro. Il Fattoritiene che questo sia un modo civile di chiudere la controversia auspicabile anche in altri casi e ha deciso di pubblicarlo.
“Per anni calunniato sui giornali: mi hanno definito – nell’ordine – come un neofascista, un ultras della Lazio, un picchiatore di comunisti, addirittura condannato per tentato omicidio. Credetemi: non ci ho perso il sonno né la reputazione, figuriamoci. Purtroppo invece, il ‘licenziamento politico’ e una ‘inaccettabile macchina del fango’ l’ho subita”.
COMINCIA COSÌ lo strano incontro tra Stefano Andrini – ex ad di Ama Servizi, uno dei manager in quota An ai tempi della giunta Gianni Alemanno – e Concita De Gregorio, in qualità di ex direttrice de L’Unità controparte del quarantenne romano in uno dei numerosi processi per diffamazione da lui intentati e vinti. “Pensate: mai nessuno dei giornalisti in questione che mi abbia chiesto: ma è vero?”.
L’incontro èsui generis ma qui non c’entra la ricomposizione del romanzo nazionale tra un ex extraparlamentare di destra, oggi sindacalista dell’Ugl, e la giornalista impegnata col cuore a sinistra: qui si parla del fatto che De Gregorio è chiamata a rispondere personalmente e direttamente della richiesta di danni per cause civili di cui dovrebbe farsi carico l’Editore, e che invece ricadono sulle sue spalle.
Facciamo un passo indietro. L’Unitànon c’è più, la catena proprietaria si è sfaldata, il Pd ha finora respinto ogni tentativo di chiamata in co-responsabilità sulle pendenze della testata. Quindi nel gorgo delle innumerevoli azioni giudiziarie è rimasta solo lei, Concita, con costi altissimi: da più di otto anni beni e redditi pignorati, una valanga di procedimenti a cui far fronte.
Tra questi il caso che riguarda Andrini e una serie di articoli che lui e il Tribunale di Roma hanno ritenuto diffamatori. Di qui la richiesta di risarcimento che il giudice ha quantificato in 37 mila euro. Andrini e la giornalista decidono di parlarsi.
L’incontro finirà con la rinuncia all’azione legale da parte del sindacalista e con qualche momento di umana riflessione dopo il racconto di Andrini sulla malattia e la morte del suo bambino per un tumore raro. Ci sarà anche una donazione comune a un ente per la ricerca sul cancro.
“MI AVETE DEFINITO in tutti i modi, senza fare verifiche; ma la peggiore è condannato per tentato omicidio – ricorda Andrini – e non lo avete scritto solo voi. Pure per questo il mio nome era spesso citato nei pezzi su Mafia Capitale, ‘facevo scena’: anche se Panzironi, io, lo avevo addirittura denunciato per mobbing e da tutte le intercettazioni emerge che col suo giro non avevo nulla a che fare. Anzi avevo un pessimo rapporto, forse ero anche l’unica voce critica”.
La storia vera, racconta l’ex ad di Ama servizi, è che nel pestaggio che gli è costato l’unica condanna, negli anni 80 all'età di 18 anni, ebbe solo il ruolo di spettatore, insieme a suo fratello gemello Germano, “il vero skinhead tra i due”, ricorda. Accadde davanti al cinema Capranica, dopo uno scambio di insulti tra due gruppi di avversari politici che si erano incrociati per caso. “C’eravamo tutti e due, ma non fummo noi a causare le lesioni. Infatti l’unica accusa che mi è rimasta appiccicata addosso nel processo è il concorso morale in lesioni. Mi hanno condannato per quello, concorso morale, un unico episodio in molti anni di attivismo politico. E comunque già molti anni fa ho avuto la piena riabilitazione”.
Concita De Gregorio ascolta con attenzione. Ai tempi non viveva nemmeno a Roma, e di quella vicenda non rimbalzata alle cronache nazionali non ha alcuna memoria diretta. “Un direttore ha per legge la responsabilità di tutto ciò che si scrive sul suo giornale ma non può materialmente verificare tutto, e per gli articoli di cronaca solitamente delega. L’articolo in questione riprende un lancio d’agenzia Ansa. Un redattore lo integrò con alcune dichiarazioni politiche di giornata. Firmò con uno pseudonimo. Effettivamente, in seguito all’analisi delle carte, ho appreso che quel lancio di agenzia non rispettava il contenuto della sentenza ed era pertanto inesatto. Se accadesse oggi, e avessi la medesima carica in un quotidiano, pubblicherei sicuramente la rettifica”. “Be’, lei almeno qui a un tavolo con me si è seduta – risponde Andrini –. È un atto che apprezzo e per questo sono pronto a chiudere qui i conti. Perché l’onore, dalle mie parti, lo si concede anche ai vinti”.
LE RAGIONI DELL’EX AD DI AMA
“Per anni calunniato sui giornali e mai nessuno dei cronisti in questione che mi abbia chiesto: ma è vero?”
“PAGO IO AL POSTO DELL’EDITORE”
Da ex responsabile è chiamata a rispondere personalmente della richiesta di danni per procedimenti civili
Lei almeno qui a un tavolo con me si è seduta È un atto che apprezzo e per questo sono pronto a chiudere qui i conti STEFANO ANDRINI