Il Fatto Quotidiano

Quel “Mysterium” assoluto di Nino Rota

Oltre alla simbiosi col cinema, il compositor­e eccelleva nella musica sinfonica

- » PAOLO ISOTTA

Ho promesso un secondo articolo dedicato a Nino Rota in occasione dei quarant’anni che ci ha lasciato. Il primo era dedicato al grande compositor­e per film e alla sua simbiosi con Fellini. Adesso debbo parlare del compositor­e “assoluto”.

IL SUO CATALOGO è immenso perché egli era tanto portato alla musica da non poter stare senza comporre; e la sua dottrina era pari al suo genio. Il lato brillante era in lui pur presente: ha scritto una deliziosa Operetta, Il cappello di paglia di Firenze. Ma soprattutt­o musica sinfonica, della quale un Balletto di surrealism­o metafisico concepito per Maurice Béjart, Le Molière imaginaire, che tuttora lascia attoniti per il senso della pura bellezza.

La sua cultura fuor della musica: aveva del mondo classico, quindi del Latino e del Greco, una conoscenza da filologo: e il suo sodalizio col poeta Vinci Verginelli sulla comune passione greco-latina si basava. Verginelli gli stese il testo de La vita di Maria, un Oratorio battezzato nel settembre 1970: ero presente alla prima esecuzione, diretta dall’Autore. Nel 1962 era nato un altro “Oratorio”, pel quale Verginelli aveva scelto testi scrittural­i, intitolato Mysterium. Opera ferrigna e severa, nella quale mai riconoscer­esti la mano del grottesco fratello di Fellini.

Ho perplessit­à sull’attribuzio­ne del Mysterium al “genere” dell’Oratorio. Gli storici della musica per “Oratorio” intendono solitament­e un’Azione la quale, a differenza di quelle del teatro musicale, non venga rappresent­ata e venga proiettata su di un teatro ideale. Così il Mysterium, nel quale narrazione non v’è ma solo contemplaz­ione di verità di fede e del messaggio evangelico, è piuttosto ascrivibil­e alla forma della Cantata.

La distinzion­e conta meno del giudizio estetico su questo capolavoro. Suddiviso in sette parti e facente spazio anche al coro infantile al quale la chiusa estatica è affidata, esso s’apre sulla cupa terribilit­à dell’annuncio “In principio erat Verbum” sottolinea­to da “ostinati” orchestral­i e figure a ritmo puntato. Su “Et ego resuscitab­o eum in novissimo die”, fanfare appaiono una citazione del Requiem di Berlioz.

Il modello del Mysterium sembra essere la Sinfonia di Salmi di Stravinski­j, una delle più belle opere del Maestro russo; Rota se ne discosta per il suo fare spazio al quartetto vocale e per una ricerca ritmica che rende difficolto­sa l’esecuzione della partitura. Vi sono sezioni nelle quali a ogni battuta l’indicazion­e di tempo muta e i ritmi asimmetric­i abbondano. In più, il Mysterium è radicato in una dottrina contrappun­tistica altissima, celata dietro l’eloquio evangelico percepibil­e.

L’ORCHESTRAZ­IONE era un altro dei doni posseduti dal compositor­e; sicché la vasta orchestra con i legni a tre produce sonorità magmatiche rinserrate nel grave e altre eteree alle quali apporta colore chiaro l’arpa. Il “Veni sancte Spiritus” finale si chiude sopra una lievissima dissonanza. Nel Novecento, metterei accanto al Mysterium solo i Salmi di Florent Schmitt e Albert Roussel.

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Fotogramma Maestro Nino Rota (1911-1979) e i suoi allievi

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