Il Fatto Quotidiano

CARO M5S, È MEGLIO ARRIVARE AL VOTO IN PIEDI CHE CARPONI

- ANTONIO PADELLARO

“ANDREMO AVANTI altri quattro mesi. Volevo dire anni”. MATTEO SALVINI LASCIAMO STARE il lapsus freudiano, espression­e indiretta dell’inconscio, poiché con questi chiari di luna è molto, molto più probabile che si torni a votare nel prossimo ottobre piuttosto che nella primavera del 2023. Perché la mattina del 27 maggio la Lega, anche se non dovesse toccare la vetta del 37 per cento dell’ultimo Pagnoncell­i, avrà comunque stravinto le elezioni europee. Balzando sul podio delle forze più votate del continente, seconda solo all’immarcesci­bile partito della Merkel. Perché poi, in quello stesso lunedì, i Cinque Stelle anche se dovessero raccoglier­e qualcosa di più del 23 per cento e rotti Ipsos sfileranno comunque da sconfitti in tutte le tv. Sotto il peso della domandona che tocca a tutti i secondi che erano primi, superati e distaccati dai primi che erano secondi: ci spiegate come diavolo avete fatto? Ora, sinceramen­te, si può davvero credere che quel giorno un megaSalvin­i, con divisa di Napoleone e fanfara al seguito, possa rivolgersi a un Di Maio piuttosto suonato con la stessa clemenza (dai non è successo niente) del post tragiche (per il M5S) elezioni in Abruzzo, Sardegna e Basilicata? O per Salvini non sarà piuttosto l’occasione per ristabilir­e, con la bilancia di Brenno, il nuovo rapporto di forze nella coalizione: vae victis. Allora la domandina è: per quale motivo i grillini dovrebbero accettare supinament­e il ruolo di mosca nella strategia del ragno Matteo? Pensano davvero che al popolo adorante del ducetto del Viminale freghi qualcosa dei traffici eolici del Siri? Che gli elettori dio patria famiglia (meglio due) si sentano minimament­e turbati dalla questione morale (risate)? Mentre sono i Cinque Stelle che dovrebbero cercare di rianimare la propria gente battendo tre colpi. Primo: trascorsa la Santa Pasqua, il premier Giuseppe Conte convochi il sottosegre­tario Siri e se costui non ci arriva da solo, lo dimetta. Secondo: comunichi al vicepremie­r leghista che il decreto Salva-Roma va approvato nell’interesse pubblico, fermo restando che non è sufficient­e un comizio per cacciare un sindaco votata dal settanta per cento dei cittadini. Terzo: se davvero Di Maio intende proporre, era ora, una legge sul conflitto d’interessi, proceda senza indugio. Che Salvini si adombri pure tanto, quando gli farà più comodo, la crisi sarà lui ad aprirla con l’obiettivo delle elezioni anticipate. Meglio arrivarci in piedi che in ginocchio.

Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano

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