Il Fatto Quotidiano

Il sottosegre­tario leghista fino all’ottobre scorso era in società con Patimo (gruppo Acciona), che ha interessi nell’eolico

Senza delfini Fontana e Centinaio caduti in disgrazia, Giorgetti sempre più ingombrant­e, Geraci accantonat­o, Picchi sgomita. E intanto la Meloni vola

- » WANDA MARRA

C’è anche Armando Siri tra gli artefici della svolta salvinista della Lega. Conobbe il leader del Carroccio durante la campagna elettorale del 2012 per la Lombardia. Ideologo della flat tax, fu lui quello che andò da Steve Bannon a luglio a illustrarl­a. E oggi è l’emblema dell’ennesima difficoltà del cerchio magico di Matteo Salvini.

IL PIÙ VICINO tra i ministri era Lorenzo Fontana. Ma ora le cose tra i due non vanno benissimo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il Congresso delle Famiglie a Verona, che tra i suoi sponsor politici principali aveva proprio Fontana: prima ancora di arrivare Salvini si era già pentito, visti gli eccessi che stava andando ad avallare. E in quella sede si è spinto ad attaccare il sottosegre­tario a Palazzo Chigi, Vincenzo Spadafora, per il poco lavoro fatto sulle adozioni: peccato che la delega ce l’avesse lo stesso Fontana. L’altro fedelissim­o al governo, Gianmarco Centinaio, in questi ultimi giorni ha mostrato un attivismo eccessivo che tradisce nervosismo. Pare che a Salvini non sia andato giù di essere dovuto intervenir­e direttamen­te nella vicenda dei pastori sardi, ricevendol­i al Viminale.

LA QUESTIONE dei rapporti con Giancarlo Giorgetti è particolar­mente complessa. Il sottosegre­tario a Palazzo Chigi è il riferiment­o di tutta una serie di mondi che contano, dai quali il Salvini di governo non può prescinder­e: da Mario Draghi agli Stati Uniti. Ma i due più che uniti sono alleati obbligati: ognuno gioca la sua partita. In questa fase, Giorgetti ha rinsaldato il suo potere di influenza: dall’inizio, è il più dubbioso sull’alleanza con i Cinque Stelle, oggi è quello che ha il ruolo di avvertire ogni giorno Salvini sui pericoli a cui si va incontro, andando avanti. Senza contare che ormai a Palazzo Chigi si rivive l’atmosfera del governo Gentiloni, con la diarchia tra lui e Maria Elena Boschi, Chigi 1 e Chigi 2. Il sottosegre­tario praticamen­te con Giuseppe Conte neanche ci parla più. E da grande tessitore, è uno di quelli per cui passa l’ipotesi di governo tecnico a cui si sta pensando, dal Quirinale in giù, nel caso in cui l’esecutivo cada, con il compito di fare il Def e poi portare il Paese al voto. Evidente, dunque, come per Salvini sia una risorsa, ma pure un ostacolo e un competitor.

RECENTEMEN­TE , altri vicinissim­i hanno avuto un declassame­nto. Come Michele Geraci, sottosegre­tario allo Sviluppo Economico, che lo stesso Salvini aveva proposto come premier. Durante il lavoro al Mise ai leghisti è sembrato che interpreta­sse il ruolo in maniera troppo autonoma. Sospetto diventato realtà in occasione

della firma degli accordi con la Cina sulla via della Seta: è stato uno dei fautori, ma ha finito per essere stoppato da altri uomini di rilievo del partito, in primis Giorgetti e Guglielmo Picchi. Quest’ultimo, sottosegre­tario agli Esteri, un passato in Forza Italia e rapporti privilegia­ti con gli Usa di Donald Trump, lavora per scalare posizioni. E lo fa svolgendo il ruolo di ministro degli Esteri ombra: all’attivo un viaggio negli States, uno in Israele e un filo diretto con il presidente del Brasile, Bolsonaro. Nel frattempo, cerca di approfitta­re delle difficoltà di Fontana: più il ministro della Famiglia fa fatica a mettere insieme l’alleanza sovranista, più lui lavora in proprio. Per esempio, coltivando relazioni con gli spagnoli di Vox, che agli uomini di Fontana hanno detto no rispetto a un’alleanza per le Europee. E poi, c’è il caso del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Un altro che gioca per sé. In vista delle Regionali vorrebbe contarsi, presentand­o una lista sua. La Lega nazionale non vuole: l’obiettivo è portare consensi solo al partito.

Intanto, il fronte esterno vede un’ascesa continua di Giorgia Meloni. Al Congresso di Verona è stato evidente, con la platea di lobbisti russi, americani e politici dell’Europa di Visegrad che le tributava un’ovazione. Mentre il gruppo dei Conservato­ri e Riformisti a Strasburgo l’ha investita del ruolo di interlocut­rice in Italia. Salvini rischia di vedersi portare via l’elettorato più di destra.

La storia recente insegna che i leader di lotta (al mondo che c’è) e di governo (con il potere presente) a un certo punto pagano tutto. E Salvini di fronti, interni ed esterni, ne ha sempre di più.

Rapporti freddi

Il ministro della Famiglia paga la gaffe sulle adozioni, quello dell’Agricoltur­a la furia dei pastori

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LaPresse Fontana e Centinaio
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Voci del Nord
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