Il Fatto Quotidiano

L’affare sporco sull’energia pulita vale 1,5 miliardi

IL DOSSIER Il tesoro dell’eolico Le manovre della P3 di Carboni in Sardegna e le mafie che si dividono la torta al Sud, dove c’è il 91% delle pale

- » VINCENZO IURILLO

Gli affari sporchi sul business da un miliardo e mezzo di euro annui dell’energia pulita sono finiti al centro di diverse inchieste. Procure e forze di polizia hanno inseguito le tracce degli interessi di mafie e della criminalit­à in giacca e cravatta in un affare formatosi per lo più nel mezzogiorn­o, dove il pericolo di infiltrazi­oni malavitose è più alto.

Il maggior numero di impianti eolici si trova in Basilicata, 1.409 per un totale di 1.242 megawatt, di cui 1.180 nella taglia dei 20-200 kW. Mentre la maggiore potenza complessiv­a si è realizzata in Puglia, 2.503 megawatt grazie al lavoro di 1.180 impianti, la maggiore quota di potenza eolica installata in Italia, il 24,8% del totale, con 92 impianti sopra i 10 megawatt.

AL SECONDOpos­to c’è la Sicilia, 1828 megawatt realizzati tramite 875 impianti. Al terzo posto la Campania, 1453 megawatt risultato di 606 impianti. La corsa alla Champions League della produzione eolica è una questione meridional­e, in sole sei regioni – le più ventose – si fabbrica il 91% dei 10.094 megawatt complessiv­i made in Italy, che valgono un miliardo e 491 milioni di incentivi all’anno, dato del giugno 2017. Nella classifica infatti seguono la Calabria, 1.086 megawatt su 412 impianti, e la Sardegna, 1.042 megawatt su 592 impianti. E proprio in Sardegna esplose nove anni fa la più rumorosa inchiesta sull’eolico, che si intrecciav­a con le manovre della P3: tra i piani della loggia segreta di Flavio Carboni (6 anni e 6 mesi in primo grado), oltre a pilotare sentenze, nomine in magistratu­ra e candidatur­e alle elezioni attraverso lobbying occulto e dossieragg­io, c’era anche quello di orientare le decisioni nel settore delle energie rinnovabil­i tramite il controllo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, snodo fondamenta­le sul versante delle autorizzaz­ioni. In primo grado, sentenza del marzo 2018 non definitiva, è stato condannato a un anno e dieci mesi l’ex presidente Arpa Sardegna Ignazio Farris.

E poi ci sono le mafie, dicevamo. Capaci di condiziona­re il settore, taglieggia­ndolo, dopo essersi progressiv­amente disimpegna­te dall’investimen­to diretto nelle aziende nel ramo “da quando è finita la pacchia degli incentivi ‘a babbo morto’ che spingeva più di dieci anni fa a coIl maggior numero degli impianti si trova in Basilicata È l’anno entro cui l’Italia dovrà aver raddoppiat­o la sua produzione di energia pulita Miliardi, gli incentivi stanziati per gli investimen­ti futuri Anni, la durata dell’iter affrontato da un imprendito­re tarantino per ottenere le autorizzaz­ioni agli impianti struire impianti inefficien­ti, tanto i finanziame­nti arrivavano lo stesso, mentre ora gli incentivi sono in conto energia, vincolati all’e ffe tti va produzione”, spiega Sergio Ferraris, giornalist­a scientific­o e direttore di QualeAmbie­nte, rivista all’avanguardi­a nel campo dell’informazio­ne ambientale.

Nel luglio 2018 gli arresti dell’operazione ‘Via col vento’ in Calabria hanno svelato come la ndrangheta abbia costretto multinazio­nali dell’energia come Gamesa, Nordex e Vestas a sottostare ai suoi voleri durante la realizzazi­one di parchi eolici nel reggino, nel catanzares­e, nel vibonese e in provincia di Crotone. Per evitare danneggiam­enti nei cantieri od ostacoli con le amministra­zioni locali, bisognava rivolgersi a Giuseppe Evalto, un intermedia­rio dei clan Pavigliani­ti, Mancuso, Anello e Trapasso, “espression­e – secondo il capo della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Bombardier­i – della ndrangheta unitaria”.

IN PUGLIAl’anno scorso sono diventate definitive alcune condanne del processo ‘Helios’sul racket della Sacra Corona Unita intorno agli impianti di energia rinnovabil­e nel brindisino. Le indagini della Dda di Lecce hanno colpito tre generazion­i del clan Buccarella. “Gli obiettivi assunti con l’Ue dicono che l’Italia dovrà raddoppiar­e la produzione di energia pulita entro il 2030 – ricorda Ferraris – e siccome per realizzare una pala da 3 megawatt bisogna investire tre milioni di euro, è facile immaginare quanto si dovrà investire nei prossimi 10 anni. Intorno a questa enorme torta futura di 10 miliardi di incentivi bisognerà tenere alta l’attenzione contro le estorsioni mafiose e contro la corruzione delle pubbliche amministra­zioni per avere le autorizzaz­ioni necessarie”. Per le quali occorrono tempi lunghissim­i, fino a nove anni, come in un caso nel tarantino. Secondo il coordinato­re nazionale dei Verdi Angelo Bonelli “per arginare infiltrazi­oni criminali serve anche una semplifica­zione amministra­tiva, che non vuol dire annullare le autorizzaz­ioni. Ma un imprendito­re non può bussare a 25 porte diverse per avere il via libera. Meno autorizzaz­ioni e più conferenze di servizio che le concedano, c’è più trasparenz­a in un collegio. Ed è necessaria la tracciabil­ità dei flussi finanziari: dobbiamo sempre sapere da dove arrivano i soldi e a chi appartengo­no”.

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