“La casta si sconfigge pensando solo ai pazienti”
Dietro un romanzo d’amore, un j’accuse contro le logiche che regolano le carriere accademiche
Alle
spalle oltre 7 mila interventi chirurgici in 40 anni di carriera, tra cui l’asportazione record di un tumore da 13 chili effettuata pochi anni fa. Nel curriculum più di 200 pubblicazioni a carattere scientifico. Eppure Valeria Tonini è ancora una semplice ricercatrice. Una come tanti dentro il reparto di Chirurgia d’urgenza del Policlinico Sant’Ors ola di Bologna. Nessun incarico direttivo o di prestigio. Il perché l’ha spiegato nel suo primo libro, edito da Pendragon, L’iPhone di Amélie: un romanzo, che però in realtà è anche un duro atto d’accusa contro le logiche che regolano le carriere accademiche italiane.
Un’opera di pura fantasia? Assolutamente no, in quel sistema io ci vivo da quarant’anni, la casta universitaria esiste e la mia è una critica dall’interno. La vita nei policlinici universitari in Italia è molto complicata. Sono riuscita a sopravvivere ai cambi di direzione, senza mai stare sotto il cappello di nessuna lobby o corrente ma in questo paese fai carriera solo così, se ti appoggi a un gruppo di potere. Io invece penso solo a operare. Il romanzo è ambientato a Parigi, male mie critiche sono ovviamente dirette all’Università italiana. Qualche giorno fasi è dimessa la presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini (Pd), indagata in un’inchiesta su alcuni concorsi per assunzioni, che sarebbero stati pilotati all’ospedale del capoluogo umbro. Gli atti della guardia di finanza restituiscono retroscena di un sistema che avrebbe permeato tutto il mondo della sanità regionale: lo stesso scenario de “L’iPhone di Amélie”? Non ho seguito molto ma certamente il sistema premia le conoscenze personali, è un problema nazionale. Per entrare all’Università o per i passaggi di carriera vengono valutate il numero delle pubblicazioni e le citazioni dei propri lavori. A chi è destinato ad entrare all’Università, chi fa parte della lobby, viene messo il nome in tutti i lavori che escono da un istituto così si risolve subito il problema. Carta straccia che non leggerà nessuno. Sicuramente Einstein oggi non avrebbe l’idoneità perché privo di un numero sufficiente di pubblicazioni. In chirurgia un professore associato ordinario può insegnare, e avviene, ai giovani futuri medici senza aver mai operato un giorno della sua vita ma solo sulla base del numero delle pubblicazioni.
Quanto conta essere donna in una gara già penalizzata in partenza? Nella mia vita ho fatto quello che volevo, ma ho dovuto sempre combattere. E combattere è faticoso. Non ero della casta, ero donna e volevo fare di più del concesso. Alla fine credo che il sistema ostacolandomi ci abbia rimesso, avrei potuto fare molto di più di quello che ho fatto. Ancora oggi per molte donne la chirurgia è un sogno irraggiungibile, pochissime quelle che la praticano lasciando i ruoli di prestigio ai maschi. Obbligo tassativo di dedicarsi a una chirurgia meno prestigiosa, come quella ambulatoriale o delle ernie. Fortunatamente in questo campo quello che si sa fare è sotto gli occhi di tutti ed è difficile occultarlo, 7mila interventi parlano da soli.
Dallo scorso febbraio ogni presentazione fa il pienone, sono in tanti ad aver vissuto sulla propria pelle il potere della casta? Quello che descrivo nel romanzo è un sistema universitario feudale, nelle mani delle reti di potere, dei loro affiliati e dei loro gregari. Un sistema che molti conoscono bene, tanti hanno cercato di combatterlo e ne sono stati vittime.
Chi ha vinto lei o la casta? Ho vinto io, ma la casta è ancora là.
La chirurga con 7 mila interventi in 40 anni di carriera: “Penalizzata perché donna”