Il Fatto Quotidiano

L’infinita Via Crucis dei supermerca­ti: scioperi e licenziati

La protesta Oggi e a Pasquetta sciopero dei sindacati in cinque Regioni. I grandi centri fanno utili ma continuano a tagliare

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Pasqua e Pasquetta con le serrande abbassate in 5 Regioni d’Italia. I sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil hanno proclamato per oggi e domani un’astensione dal lavoro in Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e Sicilia dove, con diverse modalità, scioperera­nno i lavoratori del commercio ( come i negozi d’abbigliame­nto), dei centri commercial­i e dei supermerca­ti. Ma i sindacati hanno già proclamato altri due giorni di proteste per il 25 aprile e per il primo maggio. “La festa non si vende”, “Vi romperemo le uova nel paniere”, sono alcuni degli slogan che campeggian­o nei volantini preparati. Alla base delle proteste c’è“il no alla liberalizz­azione selvaggia delle aperture” previste dal decreto Salva Italia del 2011. L’obiettivo, non raggiunto, del governo Monti era il rilancio di consumi e occupazion­e, puntando sulla massima disponibil­ità, senza limitazion­i di orario e di giorni. “Aperture indiscrimi­nate che però – spiega la Filcams Cgil – non hanno né aumentato i consumi né l’occupazion­e. Le ore di lavoro sono state spalmate sui 7 giorni, i contratti sono peggiorati, il precariato è rimasto tale e gli stati di crisi non si sono risolti”. Proteste che cercano anche di allontanar­e lo spauracchi­o della chiusura domenicale e nelle festività di negozi e centri commercial­i che, comunque, resta lontano. La proposta di legge a cui ha lavorato la maggioranz­a gialloverd­e e che doveva essere approvata “entro il 2018”, si è praticamen­te arenata: non entrerà nel vivo prima della prossima estate con un possibile varo, se si deciderà di accelerare, solo subito dopo.

NEL FRATTEMPO la Grande distribuzi­one (Gdo) continua ad essere un Giano bifronte, dimostrand­o tutti i limiti di un modello che non riesce a coniugare profitto e diritti dei lavoratori: da un lato ci sono gli utili registrati da quasi tutti i maggiori operatori, dall’altro c’è un mercato saturo che ha perso la propria scommessa sugli ipermercat­i. Come emerge dall’ultima indagine di Mediobanca, infatti, nel 2017, il fatturato dei maggiori operatori (che rappresent­ano il 97% del mercato alimentare nazionale) ha toccato quota 83 miliardi (+4,4% annuo) e gli utili hanno superato il miliardo di euro, miglior dato dal 2014. Ma non è tutto oro quel che luccica: i margini operativi del settore sono ai minimi storici e la redditivit­à del capitale investito è scesa. Mentre Esselunga detiene il primato quanto a utili netti cumulati nel periodo 2013-2017 con 1.245 milioni di euro, Conad raggiunge 872 milioni, l’italianiss­ima Eurospin 817 milioni, Selex 618 milioni e Lidl con 398 milioni. Profondo rosso invece per le francesi Carrefour con meno 663 milioni e Auchan con meno 874 milioni.

Insomma, mentre i discount godono di ottima salute, in questa crisi a rimetterci sono le grandi catene. E a dimostrarl­o ci sono le tante procedure di licenziame­nto collettivo aperte da diverse aziende che fanno parte della Gdo.

I dipendenti di Sma Simply, catena di supermerca­ti di proprietà della francese Auchan, presente in Italia con 260 negozi e 1.260 punti vendita affiliati, temono la vendita del gruppo e hanno aderito allo sciopero proclamato dai sindacati. Da mesi si rincorrono voci di presunte e misteriose trattative con altri gruppi, Gross e Conad, per la cessione di parti o della totalità della rete vendita, “senza che la proprietà abbia mai ufficialme­nte smentito o confermato”, facendo vivere nell’incertezza i circa 8.700 lavoratori del gruppo. Ieri hanno incrociato le braccia per l’intera giornata i lavoratori del Veneto, della provincia di Roma, di Perugia e Piacenza.

Tira una brutta aria anche per il marchio famoso per gli iper aperti 24 ore 7 giorni su 7. La francese Carrefour, che in Italia ha circa 20mila dipendenti, a febbraio ha annunciato altri

590 esuberi. Si tratta della quarta procedura di licenziame­nto collettivo dal 2017 a oggi. Con fatturati e vendite in calo, questo annuncio dimostra come il modello H24 non funzioni anche se il gruppo non l’ha mai ammesso. Eppure è la crisi economica ad aver minato gli ipermercat­i dalla spesa grossa, con carrelli zeppi solo nel week end. Modelli che, secondo i dati elaborati da Nielsen, nel 2018 hanno perso il 3,4% di ricavi rispetto al 2017, mentre il totale delle superfici di vendita guadagnava, nel complesso, lo 0,3%, con i discount in continua crescita (+ 4,4%). Una formula che stanno così rivedendo un po’

Il fallimento Il modello “Big” non funziona più: ormai nessuno riempie il carrello solo nel week end

tutti: Auchan, le Coop e, appunto, Carrefour che stanno abbandonan­do le grandi superfici per tornare ai più piccoli supermerca­ti nel centro delle città. Il piano di investimen­ti di Carrefour prevede, infatti, entro il 2022, l’apertura di 300 nuovi negozi, di cui 100 a insegna Market e 200 a insegna Express, attraverso acquisizio­ni di piccole catene locali.

Venerdì scorso è stato, invece, il giorno dello sciopero dei 4.200 dipendenti dei 48 punti vendita del gruppo del C ash& Carry Metro Italia. In questi anni – spiegano i sindacati – Metro ha progressiv­amente disinvesti­to sui propri dipendenti, aumentando invece i lavoratori in appalto a cui non riconosce gli stessi diritti e lo stesso salario e nei mesi scorsi sono stati annunciati improvvisa­mente licenziame­nti nei punti vendita di Mantova e Pordenone, che sono stati chiusi senza preavviso e quelli di Bari, Catania, Mestre e Verona che sempre senza preavviso sono stati ridimensio­nati. Eppure Metro è un’azienda in utile: lo scorso anno ha incassato 1,74 miliardi di euro, in aumento dell’1,4% rspetto all’anno precedente.

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LaPresse Proteste Una manifestaz­ione contro l’apertura domenicale di negozi e centri commercial­i
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