L’infinita Via Crucis dei supermercati: scioperi e licenziati
La protesta Oggi e a Pasquetta sciopero dei sindacati in cinque Regioni. I grandi centri fanno utili ma continuano a tagliare
Pasqua e Pasquetta con le serrande abbassate in 5 Regioni d’Italia. I sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil hanno proclamato per oggi e domani un’astensione dal lavoro in Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e Sicilia dove, con diverse modalità, sciopereranno i lavoratori del commercio ( come i negozi d’abbigliamento), dei centri commerciali e dei supermercati. Ma i sindacati hanno già proclamato altri due giorni di proteste per il 25 aprile e per il primo maggio. “La festa non si vende”, “Vi romperemo le uova nel paniere”, sono alcuni degli slogan che campeggiano nei volantini preparati. Alla base delle proteste c’è“il no alla liberalizzazione selvaggia delle aperture” previste dal decreto Salva Italia del 2011. L’obiettivo, non raggiunto, del governo Monti era il rilancio di consumi e occupazione, puntando sulla massima disponibilità, senza limitazioni di orario e di giorni. “Aperture indiscriminate che però – spiega la Filcams Cgil – non hanno né aumentato i consumi né l’occupazione. Le ore di lavoro sono state spalmate sui 7 giorni, i contratti sono peggiorati, il precariato è rimasto tale e gli stati di crisi non si sono risolti”. Proteste che cercano anche di allontanare lo spauracchio della chiusura domenicale e nelle festività di negozi e centri commerciali che, comunque, resta lontano. La proposta di legge a cui ha lavorato la maggioranza gialloverde e che doveva essere approvata “entro il 2018”, si è praticamente arenata: non entrerà nel vivo prima della prossima estate con un possibile varo, se si deciderà di accelerare, solo subito dopo.
NEL FRATTEMPO la Grande distribuzione (Gdo) continua ad essere un Giano bifronte, dimostrando tutti i limiti di un modello che non riesce a coniugare profitto e diritti dei lavoratori: da un lato ci sono gli utili registrati da quasi tutti i maggiori operatori, dall’altro c’è un mercato saturo che ha perso la propria scommessa sugli ipermercati. Come emerge dall’ultima indagine di Mediobanca, infatti, nel 2017, il fatturato dei maggiori operatori (che rappresentano il 97% del mercato alimentare nazionale) ha toccato quota 83 miliardi (+4,4% annuo) e gli utili hanno superato il miliardo di euro, miglior dato dal 2014. Ma non è tutto oro quel che luccica: i margini operativi del settore sono ai minimi storici e la redditività del capitale investito è scesa. Mentre Esselunga detiene il primato quanto a utili netti cumulati nel periodo 2013-2017 con 1.245 milioni di euro, Conad raggiunge 872 milioni, l’italianissima Eurospin 817 milioni, Selex 618 milioni e Lidl con 398 milioni. Profondo rosso invece per le francesi Carrefour con meno 663 milioni e Auchan con meno 874 milioni.
Insomma, mentre i discount godono di ottima salute, in questa crisi a rimetterci sono le grandi catene. E a dimostrarlo ci sono le tante procedure di licenziamento collettivo aperte da diverse aziende che fanno parte della Gdo.
I dipendenti di Sma Simply, catena di supermercati di proprietà della francese Auchan, presente in Italia con 260 negozi e 1.260 punti vendita affiliati, temono la vendita del gruppo e hanno aderito allo sciopero proclamato dai sindacati. Da mesi si rincorrono voci di presunte e misteriose trattative con altri gruppi, Gross e Conad, per la cessione di parti o della totalità della rete vendita, “senza che la proprietà abbia mai ufficialmente smentito o confermato”, facendo vivere nell’incertezza i circa 8.700 lavoratori del gruppo. Ieri hanno incrociato le braccia per l’intera giornata i lavoratori del Veneto, della provincia di Roma, di Perugia e Piacenza.
Tira una brutta aria anche per il marchio famoso per gli iper aperti 24 ore 7 giorni su 7. La francese Carrefour, che in Italia ha circa 20mila dipendenti, a febbraio ha annunciato altri
590 esuberi. Si tratta della quarta procedura di licenziamento collettivo dal 2017 a oggi. Con fatturati e vendite in calo, questo annuncio dimostra come il modello H24 non funzioni anche se il gruppo non l’ha mai ammesso. Eppure è la crisi economica ad aver minato gli ipermercati dalla spesa grossa, con carrelli zeppi solo nel week end. Modelli che, secondo i dati elaborati da Nielsen, nel 2018 hanno perso il 3,4% di ricavi rispetto al 2017, mentre il totale delle superfici di vendita guadagnava, nel complesso, lo 0,3%, con i discount in continua crescita (+ 4,4%). Una formula che stanno così rivedendo un po’
Il fallimento Il modello “Big” non funziona più: ormai nessuno riempie il carrello solo nel week end
tutti: Auchan, le Coop e, appunto, Carrefour che stanno abbandonando le grandi superfici per tornare ai più piccoli supermercati nel centro delle città. Il piano di investimenti di Carrefour prevede, infatti, entro il 2022, l’apertura di 300 nuovi negozi, di cui 100 a insegna Market e 200 a insegna Express, attraverso acquisizioni di piccole catene locali.
Venerdì scorso è stato, invece, il giorno dello sciopero dei 4.200 dipendenti dei 48 punti vendita del gruppo del C ash& Carry Metro Italia. In questi anni – spiegano i sindacati – Metro ha progressivamente disinvestito sui propri dipendenti, aumentando invece i lavoratori in appalto a cui non riconosce gli stessi diritti e lo stesso salario e nei mesi scorsi sono stati annunciati improvvisamente licenziamenti nei punti vendita di Mantova e Pordenone, che sono stati chiusi senza preavviso e quelli di Bari, Catania, Mestre e Verona che sempre senza preavviso sono stati ridimensionati. Eppure Metro è un’azienda in utile: lo scorso anno ha incassato 1,74 miliardi di euro, in aumento dell’1,4% rspetto all’anno precedente.