Fognini ha la racchetta magica: adiós Nadal
Il tennista alla prima finale di Masters 1000
SLA BIOGRAFIA DI STANLIO E OLLIO
Sul numero di ieri, per un nostro errore, è stata pubblicata la copertina della prima edizione del volume “Mr. Laurel and Mr. Hardy” pubblicato da Sagoma Editore alla fine del 2017 e non quella dell’ultima edizione, uscita all’inizio di aprile 2019 (che invece riportiamo qui). Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori
paventoso, ma non stupefacente: non del tutto, almeno. Ieri Fabio Fognini ha semplicemente travolto Rafael Nadal e lo ha pure fatto sulla terra battuta: la casa prediletta del maiorchino. Per giunta a Montecarlo, dove Rafa ha vinto undici volte e prima di ieri aveva perso la miseria di 4 partite in 16 anni.
6-4 6-2 per il 32enne tennista ligure, che dal 3-4 ha inanellato un parziale di 8 game a zero dispensando un tennis sontuoso e lunare. Poteva vincere 6-4 6-0, infatti si è trovato 5-0 40-0 e tre match point di fila sul proprio servizio, ma li ha falliti. Un po’perché l’altro non molla mai e non poteva concepire una tale onta aritmetica; e un po’ perché Fognini è fatto così. Un sistematico, nonché oltremodo incazzoso, dissipatore seriale di se stesso. I feticisti del presepino tennistico, quelli per intendersi secondo cui i campioni devono esser tutti santi senza parolacce né peccati, non gli perdonano le continue smadonnate & cazzate. È persino ipotizzabile che, se Fognini non avesse chiuso sul 6-2, avrebbe corso il rischio di farsi rimontare. Tutto vero.
Nell’eterno giochino del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, occorre però sempre tenere a mente come con Fognini non ci siano vie di mezzo: lui, il bicchiere, lo spacca. Sempre. Artista livido da tutto o niente, le mezze misure le lascia ai Seppi. Ieri, soprattutto nel secondo set, ha sciorinato un tennis di bellezza soverchiante e smargiassa. Si è financo permesso a tratti l’ardire osceno di zimbellare, non senza eretica ribalderia, Nadal sul rosso: un po’come aver mandato al tappeto Muhammad Ali fischiettando nel ’65. Talento maleducato e nichilista, per non dire impertinente e indisponente, ma anche questo – s oprattutto questo – è tennis. Delirio e vertigine. Gogna e quasi sempre martirio, ancor più per il tennis italiano maschile, salvo ogni tanto concedere chissà perché l’epifania del miracolo sporadico. Sia dunque lode.
Ieri Fognini ha firmato una delle più grandi imprese nella storia del tennis italiano. Era lecito attendersi una partita aperta, perché Fognini si esalta coi big e perché aveva già battuto Nadal tre volte ( su 14 incontri). Tutte le vittorie erano arrivate nel 2015, due sul rosso (Rio de Janeiro e Barcellona) e poi agli Us Open (recuperando due set). Nadal ne ha stima, ma lo strozzerebbe volentieri: detesta tutti gli imprevedibili umorali, infatti le ha spesso prese pure da quel matto deluxe di Kyrgios.
Fognini è arrivato a Montecarlo dopo un 2019 assai mesto: 4 vittorie e 8 sconfitte. Lunedì, al primo turno, era praticamente fuori con Rublev. Si è salvato, beneficiando poi del ritiro di Simon. Da quel momento ha giocato il suo miglior tennis. Ha martirizzato il diversamente elettrizzante Zverev (3 al mondo), ha rimontato il sommamente moscio Coric (14) e ieri ha camminato sulle nuvole in un parossismo di lungolinea e accelerazioni controvento ( letteralmente, perché il meteo era non poco empio).
È LA SUA prima finale in un Masters 1000 (sin qui “solo” due semi). Con questo risultato è 15 al mondo: il suo best ranking è 13, il migliore dai tempi di Panatta. Se vincesse oggi salirebbe a 12, vicinissimo al declinante Cilic (11) e dunque all’agognata top ten. Sarà però durissima. Fognini troverà il serbo Dusan Lajovic, 29 anni e 42 al mondo prima di questo exploit: uno che forse neanche osava sognarla, la finale a Montecarlo. Venerdì ha battuto l’ottimo Sonego e ieri Medvedev, fresco eversore di Djokovic, che avanti 5-1 è evaporato.
Un tennista italiano non raggiungeva la finale a Montecarlo da 42 anni (Barazzutti, ieri in tribuna). Per Fognini è un’occasione irripetibile. Parte favorito e dipenderà solo da lui, quindi sarà tutto insondabile. I due non si sono mai affrontati. Lajovic è allenato da José Perlas, a lungo con Fognini. Il serbo avrà dunque ottime dritte per sconfiggerlo, anche se Fabio – non di rado – si batte da solo. Oppure vince contro chiunque. Tipo ieri. E quando lo fa è una sublime overdose di arabeschi, ricami e abbacinante follia.
Oggi la sfida con Lajovic
Erano 42 anni che un italiano non si giocava il trofeo su terra monegasca: l’ultimo fu Corrado Barazzutti, ieri in tribuna