Salvini colleziona impresentabili: anche a Pasquetta sta con l’indagato
La mancata querela all’ex segretario per i 49 milioni, le spese pazze, il caso eolico: quante grane in casa padana
■ Non bastando Siri, Arata, Rixi, Garavaglia, Centinaio, Bossi & C., il vicepremier difende il primo cittadino imputato per una gara truccata da 100mila euro e l’uso privato dell’auto blu
Non c’è solo Armando Siri, il sottosegretario indagato a Roma per corruzione. Anche altri leghisti sono alle prese con qualche grana giudiziaria. A dare non pochi pensieri al Carroccio è la caccia della Procura di Genova ai 49 milioni scomparsi. I pm liguri hanno raggiunto un accordo con il Carroccio per la rateizzazione: ogni bimestre saranno prelevati 100 mila euro. Fanno 600 mila euro l’anno per 76 anni.
Dorme sonni tranquilli Umberto Bossi toccato dalle due inchieste – una genovese e l’altra milanese – nate dai rimborsi elettorali. Nell’inchiesta genovese è stato condannato anche in appello (un anno e dieci mesi), ma le accuse sono destinate alla prescrizione. A Milano – dove si procedeva per appropriazione indebita, che grazie a una riforma è oggi perseguibile su iniziativa di parte – la Lega ha presentato querela solo per i capi di imputazione che riguardavano Francesco Belsito. Salvi quindi Renzo e Umberto Bossi.
Genova a caccia dei 49 milioni di euro
Ma c’è anche un’inchiesta – ancora a carico di ignoti – che potrebbe avere scadenze molto più ravvicinate. I pm Paola Calleri e Francesco Pinto stanno seguendo tra Bolzano e il Lussemburgo una pista che potrebbe portare a ricostruire come i 49 milioni siano spariti nel nulla. Ammesso che, come invece sostiene il Carroccio, il tesoro non sia stato speso davvero per la vita del partito.
Mister Flat tax e l’inchiesta romana
A Roma due inchieste potrebbero preoccupare i leghisti. Una riguarda il sottosegretario Armando Siri: è accusato di corruzione perché avrebbe messo a disposizione dell’im pre ndi to re Paolo Arata la propria funzione di sottosegretario e senatore. Come? Tentando di promuovere provvedimenti regolamentari o legislativi che favorissero gli interessi economici dell’imprenditore. In cambio – secondo le accuse dei pm Paolo Ielo e Mario Palazzi – avrebbe ricevuto la promessa e/o dazione di 30 mila euro.
Del denaro parla Arata intercettato. L’i mp r en d it or e genovese, anche lui indagato per corruzione a Roma, ha guai anche in Sicilia: a Palermo è indagato per trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa ed è ritenuto dai magistrati vicino a Vito Nicastri, il “re” dell’eolico, a sua volta, sempre secondo i pm palermitani, legato al boss Matteo Messina Denaro.
Il finanziamento illecito di Centemero
A Roma guai anche per Giulio Centemero: il tesoriere del partito è indagato per finanziamento illecito in concorso con l’imprenditore romano Luca Parnasi. Nel mirino dei pm ci sono 250 mila euro versati nel 2015 da una società riconducibile al costruttore alla onlus “Più Voci”, di cui è presidente Centemero. La Procura di Roma sospetta che le donazioni all’associazione possano essere un modo per aggirare le norme sul finanziamento alla politica. Centemero si è sempre detto estraneo ai fatti. Parnasi, interrogato il 28 giugno 2018, al pm Paolo Ielo che chiede: “Era un modo per far affluire i soldi direttamente alla Lega?” risponde: “Il mio fu un modo per fidelizzare un gruppo di persone che comunque sia mi avrebbero forse potuto creare delle opportunità imprendito rial i”. Il pm insiste: “Un modo per far arrivare i soldi alla Lega?”. L’imprenditore prima risponde: “Probabilmente sì”. Poi quando Ielo ripropone la domanda: “Era un modo per far arrivare i soldi alla Lega attraverso questa fondazione?”, dice: “Non posso dirle con certezza questo”.
Il “fratello” Rixi, ora viceministro
A Genova c’è il processo nei confronti del vice-ministro genovese Edoardo Rixi che per Salvini, parole sue, è “un fratello”. Rixi è imputato di peculato e falso ideologico. I vari filoni dell’inchiesta hanno toccato oltre metà dei consiglieri liguri tra il 2010 e il 2015. La richiesta di rinvio a giudizio per Rixi parlava di rimborsi per 108.237 euro. Di questi 19.855 sono riferibili direttamente a Rixi. Il grosso riguarda spese sostenute da un collega di partito e rimborsi indistinti del gruppo Lega.
Ecco il punto: Rixi era il capogruppo. Quindi, secondo i pm, a lui spettava la vigilanza. L’accusa ha prodotto centinaia di scontrini, come quelli per spese in rifugi di montagna sulle Dolomiti nei giorni di Ferragosto. “Sono viaggi di nostri collaboratori. Erano andati per studiare lo statuto speciale del Friuli”, è stata la difesa. Ma ci sono anche acquisti in negozi di cioccolata e di fiori. I leghisti hanno rimborsato alla Regione 80 mila euro, ma questo non cancellerebbe il reato se fosse stato commesso. Salvini è intervenuto duramente a difesa di Rixi: “Se qualcuno nella Lega sbaglia, sono il primo a prenderlo a calci nel culo, ma Rixi è un fratello e lo difenderò fino all’ultimo da quella schifezza che è la magistratura it al ia na ”, disse il segretario leghista nel 2016. I pm hanno chiesto per il vice-ministro una condanna a 3 anni e 4 mesi. Non c’è però ancora una sentenza di primo grado. Imputato anche il senatore Francesco Bruzzone. Ma sul processo pesa un’incognita: l’emendamento alla legge Anti- corruzione che su iniziativa leghista ha modificato l’articolo 316ter, forse salvando Rixi e Bruzzone (oltre a tanti altri consiglieri regionali).
Le spese pazze in Regione Piemonte
Nel luglio scorso è arrivata la condanna in appello per 23 imputati dell’inchiesta della Procura di Torino.
Tra questi anche i parlamentari leghisti Paolo Tiramani e Riccardo Molinari (capogruppo del Carroccio alla Camera), quest’ultimo condannato a 11 mesi. L’inchiesta riguarda le modalità con cui gli allora consiglieri regionali – secondo i pm – avrebbero ottenuto rimborsi per spese spacciate come attività politiche.
Il processo riguardava la legislatura 2010-2014 (centrodestra), un’altra inchiesta è in corso sulla legislatura precedente ( centrosinistra). A Molinari si contestano spese per 1.158 euro. L’onorevole alessandrino si è sempre dichiarato innocente: “In primo grado ero stato assolto. Attendo la Cassazione, sono fiducioso che la mia estraneità ai fatti sia dimostrata”.
Il processo sui soldi Per il Senatur, condannato anche in appello, si va verso la prescrizione
Il nuovo tesoriere
Si indaga sul presunto finanziamento illecito del costruttore Parnasi alla onlus Più Voci