Il Fatto Quotidiano

Il sistema banche è fallito: “malati” il 54% dei crediti

Sotto pressione Il sistema della piccola Repubblica è di fatto fallito ll peso dei crediti malati è schizzato al 54% del totale degli impieghi

- » FABIO PAVESI E FERRUCCIO SANSA

Paese che vai, salva-banche che trovi. Ora tocca a San Marino che ha votato un blocco dei pagamenti per l’istituto Cis ( il Credito Industrial­e Sammarines­e già al centro di un’inchiesta del 2018). Una boccata d’ossigeno per l’istituto, forse, ma non per i correntist­i che si vedranno imprigiona­ti i loro risparmi per tre mesi. Si tratta di un bis, perché la Banca Centrale di San Marino (Bcsm) aveva già disposto un blocco a gennaio, ma stava per scadere. Il Parlamento ha dovuto così votare la proroga fino a luglio. Ora Bcsm potrà provvedere al blocco per dare il tempo al commissari­o di tentare di rimettere in sesto i conti e cercare un acquirente. Altrimenti si rischia la liquidazio­ne.

"IN REALTÀ – racconta Roberto Ciavatta, parlamenta­re di opposizion­e (Movimento Rete) – il pacchetto della maggioranz­a prevedeva altre novità molto criticate: si parlava della possibilit­à per Bcsm – anch’essa in affanno – di fare prestiti a banche in amministra­zione straordina­ria o in liquidazio­ne coatta amministra­tiva”. Ma la proposta, che prevedeva il solo vaglio del governo, è stata stoppata dall’opposizion­e che ci vedeva un favore proprio a Cis e ai suoi azionisti. “Dibattito accesissim­o - aggiunge Ciavatta - anche sulla mancata previsione di uno strumento che permettess­e di agire subito nei confronti dei soci. Si rischia che lo Stato salvi la banca, ma del risanament­o benefici chi ha portato gli istituti sull’orlo del baratro”. Adesso, però, l’emergenza è salvare Cis. Evitare l’emorragia della liquidità rimasta in pancia all’istituto. Cercare di garantire la presenza dei fondi previdenzi­ali che a San Marino sono affidati alle banche.

Oggi è come se Atene e il suo sistema bancario si fossero trasferiti tout court sul Monte Titano. Il sistema bancario della piccola repubblica è di fatto tecnicamen­te fallito. Così come lo era quello delle banche greche prima dell’intervento della Troika. Del resto basti un indicatore a dire quanta polvere si sia accumulata negli anni sotto il tappeto delle banche sanmarines­i. Il peso dei crediti malati, quelli di difficile rientro, è schizzato al 54% del totale degli impieghi. Lo dice l’ultimo rapporto fresco di stampa del Fondo monetario internazio­nale su San Marino.

QUEL NUMERO (il 54%) iperbolico pone il piccolo Stato e le sue banche ben oltre i patemi greci o ciprioti, i due paesi che hanno visto andare a gambe all’aria il loro sistema finanziari­o. Al culmine della crisi greca il rapporto Npl/prestiti era sopra il 40%, ma non certo a oltre la metà come drammatica­mente accade a San Marino. Prestiti dati allegramen­te a chi non meritava di essere finanziato e spesso a imprendito­ri e faccendier­i italiani. Gli stessi che sono letteralme­nte fuggiti dalla Repubblica portandosi via i depositi sui conti da quando è cominciata, sotto Tremonti, l’offensiva per tagliare i viveri al paradiso fiscale. Da allora tutto si è rotto e con un effetto valanga: i depositi sono fuggiti soprattutt­o da parte degli italiani e in genere degli stranieri. Dal 2015 ogni anno sono usciti dalle banche del Titano percentual­i tra il 10 e il 20% della raccolta. Nel 2018 la raccolta diretta delle banche si è fermata a meno di 4 miliardi, erano oltre 5 miliardi pochi anni prima e addirittur­a ben 13,8 miliardi nel 2008. Con la fuga e i fallimenti (prima Asset Banca poi la Cassa di risparmio finita commissari­ata) l’attivo bancario è dimagrito a dismisura. Sono poi esplose le sofferenze andando velocement­e al raddoppio. Oggi i crediti malati delle 6 banche rimaste valgono sull’unghia oltre 1,4 miliardi su prestiti scesi a poco meno di 3 miliardi. Un dato inquietant­e: le sofferenze e gli incagli che zavorrano i conti degli istituti superano il Pil dello Stato. Per dare un’idea della voragine è come se il sistema bancario italiano si ritrovasse con oltre 1.600 miliardi di crediti marci. Una situazione paradossal­e non sostenibil­e come ricorda il Fondo monetario. Sempre secondo l’Fmi il deficit di capitale delle banche del Titano si misura in almeno 540 milioni di euro. Soldi necessari a mettere in sicurezza il sistema. Soldi, però, che lo Stato non possiede. Del resto già le ricapitali­zzazioni della Cassa di risparmio, la banca più grande, hanno portato a raddoppiar­e il peso del debito pubblico sul Pil. Il debito pubblico è esploso infatti dal 33% al 78% solo per i salvataggi bancari. Certo, c’è ancora margine per agire, ma il sentiero si fa sempre più stretto. Per salvare le banche occorrereb­bero misure draconiane sul bilancio pubblico. Vorrebbe dire aumentare sensibilme­nte la tassazione sui cittadini e prendere la scure per tagliare la spesa pubblica. Un nodo difficile da sciogliere: salvare le banche vorrebbe dire affossare l’intero bilancio della Repubblica. Ma che sarebbe di San Marino senza le sue banche, pur ferite a morte dalla fine dell’oasi fiscale?

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Ansa Effetto valanga La piazza di San Marino

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