L’arte dei like e della ceretta piace a tutti
Il filosofo spiega il successo delle opere “senza spine”
Lalevigatezza è il segno distintivo del nostro tempo. È ciò che accomuna le sculture di Jeff Koons, l’iPhone e la depilazione brasiliana. Perché oggi troviamo bello ciò che è levigato? Al di là dell’effetto estetico, esso rispecchia un imperativo sociale, incarna cioè l’attuale società della positività. La levigatezza non ferisce, e
neppure offre alcuna resistenza. Chiede solo un like.
L’oggetto ( G eg enstand ) levigato elimina la propria oppositività ( Gegen). Rimuove cosí ogni negatività. Anche lo Smartphone segue l’estetica della levigatezza. Lo Smartphone LG G Flex è addirittura ricoperto da una pellicola autorigeneran teche fa scomparire velocemente ogni graffiatura, dunque ogni traccia di lesione, rendendolo invulnerabile. La sua pelle sintetica lo mantiene sempre levigato. È flessibile e pieghevole, essendo leggermente curvato verso l’interno.
MODE Dall’iPhone alla depilazione brasiliana alle opere di Jeff Koons: oggi tutto deve essere levigato per adattarsi all’osservatore e strappargli un “like” senza turbare la sua sensibilità. E senza chiedergli di pensare
La levigatezza è il segno distintivo del nostro tempo. È ciò che accomuna le sculture di Jeff Koons, l’iPhone e la depilazione brasiliana. Perché oggi troviamo bello ciò che è levigato? Al di là dell’effetto estetico, esso rispecchia un generale imperativo sociale, incarna cioè l’attuale società della positività. La levigatezza non ferisce, e neppure offre alcuna resistenza. Chiede solo un like. L’oggetto ( Gegenstand) levigato elimina la propria oppositività ( Gegen). Rimuove cosí ogni negatività.
Anche lo Smartphone segue l’estetica della levigatezza. Lo Smartphone LG G Flex è addirittura ricoperto da una pellicola autorigenerante che fa scomparire molto velocemente ogni graffiatura, dunque ogni traccia di lesione, rendendolo per cosí dire invulnerabile. La sua pelle sintetica lo mantiene sempre levigato. Inoltre è flessibile e pieghevole, essendo leggermente curvato verso l’interno. In tal modo si adatta perfettamente al volto e alla postura. Questa adattabilità e questa assenza di resistenza sono tratti costitutivi dell’estetica della levigatezza.
La levigatezza non si limita all’ aspetto esteriore dell’apparato digitale. Anche la comunicazione che avviene attraverso l’ apparato digitale risulta levigata, infatti vengono scambiati soprattutto messaggi compiacenti, positivi. Sh ar ing e li ke rappresentano un mezzo comunicativo levigato. Le negatività sono eliminate poiché rappresentano un ostacolo alla velocità di comunicazione.
Jeff Koons, probabilmente l’artista attuale di maggior successo, è un maestro di superfici levigate. È vero che anche Andy Wharol fu un seguace di superfici belle e levigate, ma la sua arte è ancora segnata dalla negatività della morte e del disastro. Le sue superfici non sono completamente levigate. La serie Death and Disa
ster, per esempio, è ancora animata da negatività. Invece in Jeff Koons non c’è alcun disastro, alcuna lesione, o fenditure e strappi, e nemmeno cuciture. Tutto fluisce in transizioni morbide e levigate; tutto risulta arrotondato, liscio, levigato. L’arte di Jeff Koons riguarda superfici levigate e l’immediata impressione che esse provocano. Non c’è nulla di quanto offre che vada interpretato, decifrato o pensato: è un’arte del like.
Jeff Koons dice che l’osservatore delle sue opere dovrebbe soltanto esclamare un semplice “wow”. È chiaro che al cospetto della sua arte non è necessario alcun giudizio, né interpretazione o ermeneutica, riflessione o pensiero. Essa resta coscientemente infantile, banale, impassibilmente rilassata, disarmante e alleggerente, poiché è svuotata di qualsiasi profondità, di qualsiasi abissalità e malinconia. Di conseguenza il suo motto è: “abbracciare l’osservatore”. Niente deve scuoterlo, ferirlo o spaventarlo. Secondo Jeff Koons, l’arte non è altro che “bellezza”, “gioia” e “comunicazione”. Di fronte alle sue sculture levigate sorge un “impulso aptico” di tastarle, e perfino il desiderio di succhiarle.
Alla sua arte manca la negatività che imporrebbe una distanza. Solo la positività del levigato suscita l’impulso aptico, invita l’osservatore all’assenza di distanza, al touch. Un giudizio estetico presuppone invece una distanza contemplativa. L’arte della levigatezza la abolisce. La levigatezza procura soltanto una sensazione piacevole non collegata ad alcun senso, ad alcuna profondità, e si esaurisce nel “wow”. Le sculture di Jeff Koons sono per cosí dire levigatezze specchianti, di modo che l’osservatore vi si possa rispecchiare. In occasione di una sua mostra alla Fondazione Beyeler, l’artista osserva, a proposito del suo Balloon Dog: il Balloon Dog è certo un oggetto meraviglioso. Vuole rafforzare nell’osservatore il senso della sua esistenza. Lavoro spesso con un materiale riflettente, rispecchiante, perché rafforza automaticamente nello spettatore la propria sicurezza di sé. In uno spazio buio questo naturalmente non succede. Ma quando si sta direttamente di fronte all’oggetto ci si rispecchia e ci si sente sicuri di se stessi.
Il Balloon Dog non è un cavallo di Troia: non nasconde nulla. Nessuna interiorità si nasconderebbe dietro la sua superficie levigata. Come per lo Smartphone, di fronte alla lucentezza delle sculture levigate non s’incontra l’altro ma solo se stessi. L’insegna della sua arte dice: “Il punto è sempre lo stesso: aver fiducia in te stesso e nella tua storia. Ed è questo che voglio comunicare anche a chi guarda le mie opere: deve avvertire la propria gioia di vivere”. L’arte inaugura uno spazio d’eco in cui mi rendo sicuro di me stesso e della mia esistenza. Cosí viene completamente eliminata l’alterità o la negatività dell’altro e dell’estraneo. L’arte di Jeff Koons presenta una dimensione soteriologica: promette una redenzione. Il mondo della levigatezza è un mondo gastronomico, un mondo di pura positività in cui non c’è alcun dolore, alcuna lesione, alcuna colpa. La scultura Balloon Venus, nella posizione del parto, è la Maria di Jeff Koons. Ma lei non partorisce alcun redentore, alcun homo doloris cosparso di ferite e con la corona di spine, bensí uno champagne, una bottiglia di Dom Pérignon Rosé Vintage 2003 collocata nel suo ventre. Jeff Koons si presenta come un Battista che promette una redenzione: non per caso la serie di quadri del 1987 s’intitola Baptism. L’arte di Jeff Koons promuove una sacralizzazione della levigatezza. Mette in scena una religione della levigatezza, del banale, una religione del consumo, e per questo ogni negatività deve essere eliminata.
L’opera d’arte provoca un urto, scuote chi la contempla. La levigatezza ha tutt’altra intenzionalità: si adatta all’osservatore, gli strappa un like. Vuole soltanto piacere, non scuotere.
Oggi il bello stesso diventa levigato nel momento in cui viene privato di ogni forma di scuotimento e ferimento. Il bello si estenua nel mi-piace. L’estetizzazione si mostra nel modo dell’anestetizzazione, la quale seda la percezione. Cosí anche il “wow” di Jeff Koons è una reazione anestetica, diametralmente opposta a ogni esperienza negativa di urto e scuotimento. L’esperienza del bello è oggi impossibile. Quando si fa largo il mi-piace, il like, viene meno l’esperienza, la quale risulta impossibile senza negatività.
La levigata comunicazione visuale si compie come un contagio, senza alcuna distanza estetica. La completa visibilità dell’oggetto annienta anche lo sguardo.
Solo il ritmico alternarsi di presenza e assenza, di velamento e svelamento, tiene desto lo sguardo. Anche l’erotismo è debitore della “messinscena di un’apparizione sparizione”, della “linea di galleggiamento dell’immaginario”. La costante presenza del visibile, di natura pornografica, annienta l’immaginario, e paradossalmente non offre niente che si possa vedere. Die Erretung des Schönen ©2015 by S.Fisher Verlag, Frankfurt am Main ©2019 nottetempo srl Per gentile concessione di Berla & Griffini Rights Agency Traduzione di Vittorio Tamaro