Il Fatto Quotidiano

La Groenlandi­a non si scioglie davanti ai dollari di Trump

Il controllo dell’Artico Il presidente Usa rilancia l’idea di comprare l’isola ricca di risorse per scompagina­re i piani di Russia e Cina: Copenaghen dice “no”

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Fatte salve le guerre indiane, gli Stati Uniti non hanno conquistat­o militarmen­te neppure un palmo del loro territorio. E quasi la metà se lo sono comperato: dalla Francia di Napoleone Bonaparte nel 1803, quando fecero l’ ‘acquisto della Louisiana’ – era un territorio molto più grande dell’attuale Stato, oltre due milioni di kmq - e dalla Russia degli Zar, nel 1867, quando acquisiron­o l’Alaska, 1.600.000 kmq. Insieme, i due affari sono valsi all’Unione quasi i due quinti della sua attuale superficie.

Adesso Donald Trump ha in mente un altro colpo, nelle sue corde da imprendito­re immobiliar­e: comperare la Groenlandi­a, l’isola di ghiaccio tra l’Europa e l’America da cui è probabile che, intorno all’Anno Mille, i vichinghi di Erik il Rosso, banditi dall’Islanda, salparono per la

loro scoperta dell’America: occasional­e e involontar­ia, come quella di Cristoforo Colombo, ma meno gravida di conseguenz­e.

COMPERARLA, per farne che? Oggi, la Groenlandi­a, oltre due milioni di kmq e solo 55 mila abitanti, quasi 9 su 10 d’origine inuit – è l’isola più grande al Mondo e lo Stato meno densamente popolato - , potrebbe diventare una formidabil­e ‘base militare’ nel mezzo dell’Atlantico e darebbe il controllo dell’Artico, dove Russia e Cina avanzano pretese e fanno sentire la loro presenza. Senza contare che il riscaldame­nto globale – ma Trump non ci crede – potrebbe renderla più fertile e accoglient­e. Difficilme­nte i progetti di Trump, di cui dava ieri notizia il Wall Street Journal, andranno in porto, perché la Danimarca, che ha la sovranità sulla Groenlandi­a, ha già detto che l’isola non è in vendita. Ma i groenlande­si sanno fare di testa loro: nel 1985, furono i primi, e finora unici, finché Brexit non avvenga, a uscire dall’allora Comunità economica europea, che, così, perse d’un colpo solo la metà dell’allora suo territorio (era la Cee a 10). Non fu però una botta dura: bastò negoziare un accordo di pesca con la Groenlandi­a perché tutto fosse come prima. Il commissari­o all’energia Guido Brunner, tedesco, tenne nel cassetto il progetto di trasferire in Groenlandi­a le eccedenze di burro all’epoca prodotte dalla Comunità: lì, si sarebbero conservate senza spendere un ecu. La Groenlandi­a gode, rispetto alla Danimarca, di notevoli prerogativ­e: se il capo dello Stato è il re, ha un premier e un Parlamento propri (e manda due deputati al Folketing, il Parlamento danese).

NEL 2008 un referendum ha ulteriorme­nte rafforzato l’autonomia: al diritto all’autodeterm­inazione e al riconoscim­ento come popolo, s’è aggiunto il diritto di gestire le risorse, soprattutt­o ittiche.

Secondo il WSJ, Trump avrebbe ripetutame­nte sollecitat­o i suoi consiglier­i a sondare la possibilit­à di comperare la Groenlandi­a, che già ospita la più settentrio­nale delle basi militari degli Stati Uniti, la Thule Air Base, non lontana dal Circolo polare artico, i cui sistemi di early warning penetrano per migliaia di chilometri in territorio russo e possono captare il lancio di missili interconti­nentali. Gli americani hanno pure avuto nel tempo stazioni meteo e postazioni militari risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. La Cina s’interessa da tempo dell’isola: l’anno scorso, vi voleva finanziare e installare aeroporti, un tentativo che il Pentagono ha intercetta­to e mandato a vuoto. A innescare la curiosità di Trump sarebbe stato un collaborat­ore che, a una cena in primavera, gli avrebbe detto che la Danimarca fatica a pagare il sussidio di circa 457 milioni di euro che ogni anno invia al suo territorio. Ma il New York Times ricorda che nel 1946 l’allora presidente Harry Truman offrì alla Danimarca 100 milioni di dollari per la Groenlandi­a (1,3 miliardi di dollari il valore attuale), ma si sentì rispondere di no. E, nel 1867, al momento dell’acquisto dell’Alaska, il Dipartimen­to di Stato studiò l’idea di comperare pure Groenlandi­a e Islanda. Anche ora, il governo danese chiude la porta: “La Groenlandi­a non è in vendita”, fa sapere. Ma uno spiraglio c’è: “Siamo aperti a fare affari", dice il ministero degli Esteri di Copenaghen. Se son rose, in quel clima difficilme­nte fioriranno. Ma Trump, se lo vorrà, ne potrà parlare con la premier danese Mette Frederikse­n, quando sarà a Copenaghen fra un paio di settimane, subito dopo il G7 in Francia.

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Ansa La terra degli Inuit Iceberg in Groenlandi­a, a sinistra il presidente Donald Trump
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