IL PD CONQUISTA L’IPERURANIO CON UNA TESSERA
Recuperare iscritti, un’immagine photoshoppata della Terra vista dall’orbita
Sono anni che cerchiamo di aiutare il Pd gratuitamente con consigli e critiche. Domenica abbiamo capito che è una missione disperata. La nuova tessera del Pd, lanciata al suono di fanfare per recuperare i 500mila iscritti persi dal 2009 (erano 800mila), ritrae un’immagine photoshoppata della Terra ripresa dall’orbita. Un raggio di sole lambisce l’atmosfera annunciando un’alba cosmica. Lo slogan bianco in campo blu- spazio siderale recita: “Oggi per un domani”. Chissà quanti esperti di comunicazione ci hanno lavorato. Il logo “PD 2020” si staglia in alto a sinistra nello spazio profondo, ricordando la sigla di S ta r Wars e la grafica primitiva di Ai confini della realtà: il Pd ha vinto le forze del male e ha finalmente colonizzato l’iperuranio.
Forse la soggettiva dalla luna è una risposta implicita a chi accusa i suoi dirigenti di essere lontani dalla gente e dalle sofferenze dell’umanità. Devono essersi chiesti cosa ha successo sui social se si escludono Salvini e Chiara Ferragni: Greta Thunberg, i tweet dallo spazio di Parmisano, Nespoli e AstroSamantha ( che già Renzi tampinò con un collegamento Palazzo Chigi-Stazione orbitante Iss e un invito poi declinato alla Leopolda).
Le tessere del Pci e della Fgci dal 1945 al 1991, piccoli gioielli di arte grafica, raffiguravano uomini e donne, non in quanto individui ( le “M a rt a ” e le “Francesca” di Renzi), ma come allegorie stilizzate della collettività. La prima tessera del Partito comunista d’Italia, del 1921, riproduceva un lavoratore che spezza le sue catene con un martello. Quella del ’45, due mani che impugnano la falce e il martello e in alto la scritta “Proletari di tutti i Paesi unitevi”. Il retro della tessera della Federazione giovanile comunista del ’52 parlava di “avanguardia” dei giovani e di “miglioramento della società”. L’ultima, nel 45° anniversario della Repubblica, contiene per la prima volta la parola “futuro”: un ragazzino esulta per la strada proiettando sull’asfalto un’ombra arcobaleno. Lo slogan è: “Dalla Resistenza al futuro”.
Ecco, da quel momento la figura consolatoria, assolutoria, pretesa “sfidante” del futuro a scapito del presente trascurato e guardato con supponenza è la più abusata e fraintesa della (diciamo) sinistra post-comunista (e anticomunista). Il sol dell’avvenire sorge su aurore celesti che sarebbero perfetti sfondi dell’iPhone, non sugli esseri umani, invisibili e insignificanti.
Non a caso il futuro è un perfetto marchio renziano. Renzi l’ha infilato dappertutto, era lo slogan di quasi tutte le sue Leopolde. Il problema dei giovani attuali è proprio che la politica ha rubato loro il presente, non il futuro. Costretti a lavori miserrimi, subiscono l’illusione calata dall’alto che lo stiano facendo per il domani, per “crescere” professionalmente, per investire sul futuro, che – lo sappiamo – sarà atroce, se non si metterà mano alla questione delle negate pensioni per lavoretti, mini co.co.co, interinali e altre antiche angherie smaltate di nuovo.
Zingaretti apre all’universale e al globale: “Si apre una nuova stagione, tutta un’altra storia”; poi consegna la tessera alla Lorenzin. Lo zoom indietro da Google Earth non consente di distinguere i continenti, figuriamoci le persone con le loro biografie poco fotogeniche.
Allo stesso equivoco risponde il probabile cambio di nome del Pd: il simbolo è un logo, la politica è marketinge comunicazione. Cambiare nome non è un atto di coraggio, ma la mossa della disperazione. Il Pd si autorottama, si vergogna di sé stesso, cerca di mimetizzarsi rispetto al proprio fallimento. I suoi dirigenti vanno sulla luna, ma non a recuperare il senno. Intanto, in agenda hanno solamente lo Ius soli: una legge per rendere italiano e sperabilmente conquistare i futuri voti di chi ancora non li conosce abbastanza (ah, ecco forse cosa significa “Oggi per un domani”).