Lega Calcio, il presidente Miccichè si è dimesso
Serie A All’origine, l’irregolare elezione per acclamazione (su cui indaga la Figc) ma la vera faida è sempre sui diritti tv
La Serie A è di nuovo senza presidente. Probabilmente non avrebbe mai dovuto averlo, perché la ragione per cui ieri Gaetano Miccichè si è dimesso dalla Lega Calcio sta proprio nella irregolarità della sua elezione. Sarebbe meglio dire acclamazione: a marzo 2018 il voto segreto si trasformò in palese, sotto la responsabilità dell’allora commissario Giovanni Malagò. Una forzatura, forse un illecito, come raccontato l’11 ottobre scorso da Paolo Ziliani sul Fatto: in seguito la Figc ha aperto un’inchiesta. Un terremoto con un anno e mezzo di ritardo dimostra che gli equilibri del calcio si sono rotti. Per i soliti motivi: i tanti nemici di Malagò e i diritti tv del pallone. Così Miccichè, il presidente-banchiere della Serie A, si è dimesso: “Le indiscrezioni relative alla chiusura dell’istruttoria sulla mia nomina avvenuta venti mesi fa mi impongono questa decisione”.
I FATTIsono noti da tempo, tutti sapevano come fu eletto: lo statuto fu modificato per aggirare il suo conflitto d’interessi (è pure n.1 di Banca Imi e consigliere di Rcs); le squadre dichiararono a voce il voto, così da non aprire le schede, ancora sigillate in sede. Allora nessuno si oppose. Adesso qualcuno (in particolare il presidente del Genoa Preziosi) ha deciso di rispolverare quella brutta storia. È venuto fuori il verbale dell’assemblea, le pressioni di Andrea Agnelli della Juve e di Baldissoni della Roma, il silenzio di chi avrebbe dovuto vigilare. Abbastanza per aprire un’indagine e far saltare il presidente.
Per Miccichè le dimissioni sono forse il modo per anticipare eventuali provvedimenti della giustizia: la relazione del procuratore Pecoraro evidenzierebbe un problema di ineleggibilità, visto che lo statuto modificato al momento del voto non era stato ratificato dalla Figc.
SE L’INDAGINE fosse andata avanti sarebbe stato delegittimato; avrebbero potuto esserci conseguenze imbarazzanti anche per il suo amico Malagò, commissario di quell’assemblea, il vero obiettivo dell’attacco. Così invece, essendo venuta meno la carica, l’indagine potrebbe fermarsi, ma c’è anche chi spera di riuscire a coinvolgere il n.1 del Coni (che comunque non può essere perseguito dalla giustizia federale). Di sicuro ci vorranno nuove elezioni: trovare un altro presidente non sarà semplice, l’ultima volta la Lega impiegò mesi; il rischio di commissariamento dalla Figc di Gravina è altissimo. Il tutto mentre si gioca l’unica partita che sta a cuore ai padroni della Serie A: i diritti tv per il 2021-2024. In ballo c’è l’offerta di MediaPro per il famoso canale della Lega, che toglierebbe il business a Sky. Non a caso al momento dell’addio Miccichè (in passato pro pay-tv) non ha risparmiato una frecciata agli spagnoli, ricordando la loro inaffidabilità. Ora la battaglia si ripropone. Lunedì è in calendario l’assemblea decisiva, ma Miccichè non ci sarà (e senza un presidente è improbabile che possa essere presa una decisione). A guidare la Lega resta l’amministratore delegato De Siervo, sostenitore del canale. La faida è appena cominciata.