Il Fatto Quotidiano

Il Reddito di cittadinan­za ha dimezzato la povertà

Prime stime Il centro studi Inps: più che dimezzata l’indigenza “assoluta”, giù anche la disuguagli­anza. 2,5 milioni di beneficiar­i

- ▶ DI FOGGIA

■L’istituto calcola che l’indigenza assoluta è diminuita del 59-60%. Idem per la disuguagli­anza. In ritardo le politiche attive per il lavoro: l’hanno trovato in 14 mila

Il reddito di cittadinan­za non ha certamente “abolito la povertà”, come aveva promesso di Luigi Di Maio. Sembra però averla ridotta molto, specie quella “assoluta”, con un impatto significat­ivo anche sulla riduzione della disuguagli­anza, stando alle prime stime dell’Inps guidato da Pasquale Tridico, considerat­o il padre della misura. I dati sono stati elaborati dal Centro studi e ricerche e dal Coordiname­nto statistico dell’Istituto. Una sintesi è stata mostrata alla Commission­e europea nell’ambito delle visite del Semestre Ue a Roma il 4 e il 5 novembre scorso.

IL REDDITO di cittadinan­za - partito ad aprile scorso - resta il principale risultato politico dei 5Stelle. Il compito di difenderlo è lasciato al solo Tridico. Il lato Inps è infatti quello che ha funzionato, con 1,06 milioni di nuclei beneficiar­i (considerat­a pure la pensione di cittadinan­za), 2,5 milioni di individui. Le politiche attive che dovevano aiutare i beneficiar­i a trovare lavoro non sono invece ancora partite.

A oggi la misura è un grosso sussidio anti povertà, cioè l’obiettivo con cui era nata.

Da questo punto di vista l’impatto sembra rilevante. E non potrebbe essere altrimenti, viste le cifre impegnate - 4,8 miliardi nel 2019, 7 nel 2020

- e la realtà di una crisi profonda che vede il Pil ancora 5 punti più in basso e 1,8 miliardi di ore lavorate in meno rispetto al 2008; e dove ci sono 5 milioni di “poveri assoluti” e 9,3 milioni di “poveri relativi” (Istat).

Le prime stime Inps mostrano che il Reddito ha più che dimezzato (-60%) la povertà “assoluta”, quella in cui si trovano gli individui privi della possibilit­à di fare consumi essenziali. Con la sua introduzio­ne è diminuito dell’8% anche l’Income gap ratio, che misura quanto è grave lo stato di povertà. L’effetto si nota anche sull’indice “Gini”, che misura la disuguagli­anza, il cui impatto sui redditi lordi è calato dell’1,5%. Un dato rilevante tenuto conto che, secondo i ricercator­i dell’Inps, le politiche sociali italiane e l’Irpef riducono il Gini in tutto del 5%. Se si usa la metodologi­a dell’Ocse, i dati variano poco: rispettiva­mente 1,2% e 5,7%.

Il dossier calcola anche l’incidenza sul “sistema tax/benefit”, il rapporto tra quante imposte personali il contribuen­te paga e i benefici (assegni familiari, bonus, etc.) che riceve. Prima dell’introduzio­ne del Rdc, l’incidenza sul reddito dei più indigenti (il “primo decile più povero”) era vicina allo zero, ora è diventata negativa di quasi il 30%, segno che il trasferime­nto sociale dello Stato prevale sul prelievo. I dati Inps mostrano anche un’ampia corrispond­enza tra poveri, disoccupat­i e beneficiar­i: più è alto il tasso di povertà relativa maggiore è il numero di beneficiar­i ogni 10mila abitanti (ai primi posti ci sono Calabria, Campania e Sicilia, con un tasso di correlazio­ne dell’84%); stesso discorso per il tasso dei senza lavoro (correlazio­ne al 97%).

A gennaio l’Inps pubblicher­à il rapporto completo. I numeri assoluti sono imponenti: a fine dicembre si stima che i nuclei beneficiar­i arriverann­o a 1,213 milioni, vicini agli 1,248 previsti a inizio 2019 dalla relazione tecnica. La contrazion­e è molto forte al Sud e nelle isole (61%); l’importo medio del Reddito mensile è di 520 euro (il massimo percepibil­e è 780 ), quello della pensione di cittadinan­za è di soli 214 euro. La media totale è più alta nel Sud che al Nord, dove pure sono coinvolte 492 mila persone.

SE SULLA POVERTÀ le prime stime dell’Inps forniscono una misura dell’impatto, sul lato lavoro - di competenza di Regioni, Anpal e ministero - è buio pesto. Il dossier elenca i risultati dei controlli automatizz­ati dell’Inps su un campione considerat­o a rischio. Delle 49.204 persone che hanno perso il beneficio, meno di 2 mila sono quelle a cui è stata riscontrat­a la perdita di requisiti (mille), lavoro irregolare (485) o un provvedime­nto giudiziari­o che impone l a s ospensione della misure ( 110). Il grosso è rappresent­ato dai 14.300 che hanno trovato un impiego. Non significa però che sia merito del Reddito. l’Anpal ha spiegato che i beneficiar­i presi in carico dai centri per l’impiego sono 200 mila (su 700 mila potenziali), e di questi 18 mila hanno trovato lavoro. Nessuno sa a cosa sia dovuto: un monitoragg­io nazionale ancora non c’è.

A oggi le stime, se confermate, mostrano l’effetto statistico della misura, per capire come è cambiata la vita delle persone servirà più tempo.

Il lato debole Politiche attive mai decollate

In 14 mila hanno trovato lavoro, ma nessuno sa se sia merito del Rdc

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Economista Pasquale Tridico è il presidente dell’Inps È considerat­o il padre della misura
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