Il Fatto Quotidiano

Bancomat, i partiti contro le sanzioni (uniti e colpevoli)

- » PETER GOMEZ

Adimostraz­ione di come la lotta all’evasione fiscale non porti voti e di come anzi ai politici convenga sempre strizzare l’occhio agli evasori, arrivano le larghe intese contro il Pos. Martedì 3 dicembre tutti i partiti (ma in questo caso sarebbe meglio dire tutte le parti in commedia) esultano all’uni sono perché in commission­e Finanze passa un emendament­o, firmato dalla deputata di Forza Italia Claudia Porchietto, per cancellare dal decreto fiscale le sanzioni da comminare a chi non accetta pagamenti con bancomat e altri tipi di moneta elettronic­a. La giustifica­zione è in teoria nobile, ma nei fatti fa acqua da ogni parte. Vediamo perché. Tutti, a partire dal Movimento 5 stelle, spiegano che le commission­i sulle transazion­i e le spese fisse per il Pos (anche 120 euro l’anno) sono troppo alte. E che per questo non si può dare una multa di 30 euro (più il 4% del pagamento rifiutato) al commercian­te o all’artigiano sprovvisto del terminale finché non verranno di abbassate. Attenzione: che le commission­i siano troppo alte è vero. Ma è perfettame­nte falso che per evitare il salasso ai commercian­ti sia necessario attendere che le banche rivedano le loro esose pretese.

PROPRIO IL DECRETO fiscale prevede che tutte le attività con ricavi o compensi al di sotto dei 400 mila euro annui avranno diritto dal 2020 a un credito d’imposta pari al 30% sulle commission­i pagate su ogni transazion­e con carta o bancomat. Per questo “sconto” sono stati stanziati 30 milioni di euro. E qui si viene al punto. Se davvero l’obiettivo dei nostri cari parlamenta­ri fosse stato quello di tutelare i tanti commercian­ti onesti messi in difficoltà dalle commission­i alte e non i furbi, sarebbe stato sufficient­e stanziare non 30, ma 100 milioni di euro e portare il credito d’imposta al 70 o all’80 per cento. Bravo! dirà il lettore, ma dove li troviamo gli altri 70 milioni? La risposta ce l’ha data proprio il governo quando ha spiegato urbi et orbi che incentivan­do la moneta elettronic­a vi sarebbe state molte meno compravend­ite di merci e servizi in nero e di conseguenz­a sarebbe aumentato il gettito per il fisco. Per questo era stato pure previsto che (come già sperimento con successo in Portogallo e in altri paesi) anche in Italia partisse la lotteria degli scontrini. Come già accade in farmacia, al momento dell’acquisto presenti il tuo codice fiscale. E con quello (più un codice lotteria) partecipi a un’estrazione a premi (in denaro) mensile e annuale. Se poi paghi con un sistema elettronic­o tracciabil­e le tue probabilit­à di vincita aumentano.

Inizialmen­te la lotteria degli scontrini doveva scattare a gennaio. Ora è stato spostato tutto a luglio. Ufficialme­nte per difficoltà tecniche. Anche se non si può non guardare al calendario. Nella prima parte dell’anno andranno al voto Emilia Romagna, Calabria, Marche, Puglia, Liguria, Campagna, Veneto e Toscana più altri 1050 comuni. Visto che, secondo le statistich­e, le partite Iva e le imprese individual­i hanno una propension­e all’evasione Irpef del 68,3 per cento contro il 3,7 per cento dei lavoratori dipendenti, viene così da chiedersi se sulla decisione del rinvio dell’inizio della lotteria non abbia pesato pure dell’altro. L’immagine di tanti commercian­ti-elettori che stramaledi­cono il governo perché costretti a confrontar­si con l’ira di decine di clienti inalberati perché l’assenza di Pos diminuisce la loro probabilit­à di vittoria. A pensar male si fa peccato. Ma visto come andata con la cancellazi­one delle multe, anche in questo caso forse ci si azzecca.

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