SARDINE IN LOTTA PER NON PERDERE ALTRI DIRITTI
Nella foga di capire chi siano queste benedette sardine che sono risalite dal fondo del mare e che in brevissimo tempo hanno visibilmente cambiato gli equilibri faunistici del nostro scalcagnato Stivale, in molti si sono esercitati in congetture e illazioni varie. L’ipotesi più in auge nel centrodestra per mettere subito le sardine sott’olio e sbarazzarsi del problema è che si tratti di una moltitudine di facciata manovrata da Romano Prodi.
LA DOMANDA sorge spontanea: se la sinistra fosse in grado di mobilitare occultamente decine di migliaia di persone, fino al punto di farle alzare dal divano e portarle in piazza sotto la pioggia, perché poi non sarebbe in grado di farle scendere nel seggio elettorale sotto casa per farsi votare? Archiviata dunque questa supposizione come fantascientifica, nonché strumentale, passiamo al secondo argomento più gettonato tra i sostenitori del Capitano: “L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui si protesta contro l’opposizione”. Effettivamente a sentirla così questa suggestione ha una certa presa, non a caso tra i leghisti ha sostituito il Padre Nostro, ma basta un istante di riflessione senza fare il pesce in barile – tanto per rimanere in tema – per rendersi conto che quella che in termini governativi rappresenta l’opposizione, è invece maggioranza politica e culturale negli usi e costumi degli italiani. Ed è da qui che bisogna partire se si vuol davvero capire cosa spinga così tante persone a sentire il bisogno di manifestarsi. Il sovranismo, semplificato in versione populista, ha fornito alla destra una quantità sufficiente di argomenti per riuscire ad attecchire nell’immaginario e nelle coscienze delle persone, permettendole di ambire a quell’egemonia culturale che ha sempre faticato a raggiungere. Per la preservazione della sovranità nazionale, i maître à penser o éliteche dir si voglia (ebbene sì, incredibile a dirsi, ma esistono anche da quella parte) del sovranismo sono arrivati a mettere in discussione parte di quelle libertà individuali che si davano ormai per assodate e che nessuno credeva di doversi trovare nuovamente a contrattare. È a questo punto che la sardina s’incazza e sceglie di farsi sentire: non “anti” terzo argomento utilizzato dai detrattori a monte che vorrebbe aggiungerle al novero dei fallimenti della sinistra prima antiberlusconiana, poi antisalviniana, ma “per”. Le sardine scendono in piazza per loro stesse, per impedire che la politica compia un movimento regressivo che riporti indietro le lancette della Storia e che cancelli con un colpo di spugna tutte le conquiste fatte negli ultimi decenni. In quest’ottica assume rilievo l’elemento generazionale che, seppur non esclusivo nella composizione anagrafica del movimento, sicuramente ne è lo sprone: a rifiutarsi di rinunciare alla propria libertà di movimento e d’azione, accettando di proteggersi e d’isolarsi dall’esterno, è la generazione venuta su negli anni della globalizzazione e del capitalismo sfrenato, quei trentenni per cui i concetti di popolo e nazione non hanno nessun significato essendo cresciuti nello sbiadimento dei confini, che non hanno nostalgie identitarie in nome delle quali sacrificare il progresso e la contemporaneità.
CHI SONO DAVVERO Non sono marionette né vogliono la rivoluzione Combattono per impedire che la politica compia un movimento regressivo
LE SARDINE non sono affatto utopiste o rivoluzionarie, non chiedono di avere più di quello che già hanno, pretendono solo di mantenere ciò che fino a poco fa sembrava scontato. Del resto si parla di una generazione che, all’ombra di un liberismo compulsivo, si è già vista costretta a barattare i diritti sociali con quelli civili, e che adesso si rifiuta di perdere anche quelli. Più che a-partitiche le sardine sono dunque pre-partitiche, perché il loro obiettivo ha a che fare con qualcosa di molto antecedente alla militanza politica: la sostanza stessa di cui sono fatte le loro esistenze.