Il Caso Rubli, da Savoini a Irina: che cosa ha scoperto la Procura
Tangenti chieste al Metropol
C’è il petrolio e c’è la politica. Ci sono milioni di dollari in ballo, un affare di gasolio e percentuali da triangolare dalla Russia all’Italia sui conti della nuova Lega di Matteo Salvini per finanziare le elezioni europee dello scorso maggio. Eccolo il Russiagate di casa nostra. Il caso che prima era giornalistico ora è un’inchiesta penale che, settimane dopo settimane, si irrobustisce. Sei mesi dopo l’inizio dell’indagine della Procura di Milano, molto è successo e non solo sui tavoli giudiziari. Matteo Salvini, ad esempio. Il leader del Carroccio, pur non indagato, viene travolto. Lo sarà da ministro e vicepremier, lo è ora che ha lasciato le cariche ed è uscito dal governo. È lui il convitato di pietra dell’intera vicenda. A lui si chiede quanto sappia dell’affare. Inutile. Nei primi giorni dello scandalo, il capo del Carroccio nega addirittura di conoscere Gianluca Savoini, suo ex portavoce. Eppure il 17 ottobre 2018, Salvini era a Mosca ospite di un convegno di Confindustria Russia. La data è importante perché il giorno dopo si terrà l’ormai noto incontro all’hotel Metropol di Mosca.
L’avvocato massone e l’ex politico del Pd
Fissiamo i punti fondamentali. Sappiamo che a Milano c’è un’in da gi ne per corruzione internazionale e che ci sono, al momento, tre indagati. Sono Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini e sherpa per gli affari leghisti in terra di Russia; c’è poi Gianluca Meranda, avvocato d’affari un po’ spiantato, ex massone; infine, il toscano Francesco Vannucci da Suvereto, ex politico locale prima in quota Margherita e poi nelle file del Pd. Attorno ruotano altri personaggi che al momento non risultano indagati. Sono Ernesto Ferlenghi e Luca Picasso, rispettivamente presidente e direttore di Confindustria Russia. Poi Claudio D’Amico, ex responsabile delle missioni speciali di Salvini e Irina Aleksandrova, giornalista dell’agenzia di stampa russa Tass. Sono figure importanti. Lo vedremo dopo. Ora questa storia inizia nell’estate del 2018, ma è solo nel febbraio successivo grazie a un articolo dell’Espresso che i cittadini vengono a conoscenza dell’ormai noto incontro all’hotel Metropol di Mosca.
I sei uomini ai tavolini dell’hotel Metropol
L’incontro, come si legge nell’articolo, avviene il 18 ottobre 2018. È mattina e ai tavolini dell’albergo nel centro di Mosca si accomodano sei uomini. Gli italiani sono i nostri indagati, gli altri sono russi. Di due conosciamo l’identità. Sono Ilya Andreevich Yakunin e Andrey Yuryevich Kharchenko. Non sono pubblici ufficiali, sono dei professionisti, che a quel tavolo hanno, secondo la Procura, un ruolo di mediatori. In più hanno rapporti diretti con l’entourage del presidente Vladimir Putin e nello specifico con l’avvocato Vladimir Pligin e con il filosofo di estrema destra Aleksander Dugin. Al centro della discussione c’è un affare di gasolio per 1,5 miliardi di dollari. Chi vende sarà un’azienda di Stato russa (Rosnfet o Gazprom), chi acquista sarebbe la nostra Eni che però fin dall’inizio ha sempre smentito il suo coinvolgimento, costituendosi come parte offesa nel fascicolo. Eni non è indagata, ma nei suoi uffici la
Guardia di finanza ha acquisito decine di documenti. In quell’articolo si parla di una fetta dell’affare che dovrà finire alla Lega. La cifra si aggira attorno ai 3 milioni di dollari. La notizia, però, viene ripresa poco dai media nazionali. Non dalla Procura. La discovery avverrà nel luglio scorso quando il sito americano Buz
zfeedrende pubblico un audio.
Non si sapeva, ma qualcuno a quel tavolo ha registrato tutto. L’audio fa il giro del mondo. Parlano i russi, ma parlano soprattutto Savoini e Meranda, non Vannucci che non sa l’inglese e viene soprannominato “il nonno”. La cifra che doveva finire alla Lega viene quantificata in 65 milioni di dollari, il 4% dell’affare. Nell’audio non emergono i nomi. Si sa solo quello di Savoini, citato nell’articolo dell’Espresso. Il giorno dopo, l’agenzia Agi dà la notizia che a Milano è aperta un’indagine per corruzione internazionale.
L’inchiesta: sequestri e interrogatori alla Gdf
Il Russiagate inizia a prendere corpo. Che Savoini è indagato lo si saprà subito. Pochi giorni dopo, ecco Meranda e Vannucci ammettere di essere stati presenti al Metropol. Finiranno indagati e perquisiti. I tre, interrogati, si avvalgono della facoltà di non rispondere. La Procura ottiene il sequestro dei cellulari. Su questo la difesa di Savoini farà ricorso al Tribunale del Riesame, che però confermerà la bontà dell ’ azione della Procura e l’autenticità dell’audio la cui provenienza è nota ma segreta. Tradotto: sappiamo chi ha registrato quell’audio e ipotizziamo con buona probabilità che l’autore sia uno dei tre italiani del Metropol. Le motivazioni sono esplosive. Nel frattempo le parole dell’audio chiariscono i contorni dell’affa re. L’incipit politico è quello di Savoini: “Il prossimo maggio ci saranno le elezioni europee. Vogliamo davvero decidere per il nostro futu
Legale ex massone Gianluca Meranda, avvocato d’affari un po’ spiantato di origini calabresi
Il “nonno” ex politico Francesco Vannucci, toscano, già nella Margherita e poi passato nelle file Pd
ro. Salvini è il primo uomo che vuole cambiare tutta l’Europa”. Ed ecco Meranda spiegare l’affare: “L’idea come concepita dai nostri (…) politici è che con uno sconto del 4 per cento possono sostenere una campagna (…). Direi che hanno fatto i loro piani con un 4 per cento netto, quindi se ora dici che lo sconto è del 10 per cento, direi che il 6 per cento è vostro. Ok?”. In sostanza i p o
litical guys della Lega non vogliono oltre il 4%, il resto del “discount” resta ai russi ed è su questa parte che s’i nnesta l’accusa di corruzione internazionale. A far da mediatore ci potrebbe essere una banca, una londinese o austriaca, si cita anche Banca Intesa Russia nel cui
bo ar d siede l’avvocato Andrea Mascetti ( non indagato) tra i più influenti consiglieri di Matteo Salvini. Tutto questo viene appuntato da Meranda in un pizzino la cui fotografia sarà ritrovata nel cellulare e in alcune chat. Si scoprirà più avanti che Meranda era solito registrare le sue telefonate con una app- spia. Al momento sono 20 quelle al vaglio della Procura.
L’ audio, il“pizzi no” e l’accordo illecito
L’esistenza del pizzino è la prima grande novità dopo la notizia degli indagati. A stretto giro arriveranno le motivazioni del Riesame. Per dimostrare “la natura illecita dell’accordo” si sottolinea il passaggio in cui Meranda dice: “Credo che loro abbiano interesse a fare il colpo grosso!”. E che, secondo i giudici, gli accordi siano illeciti lo dimostrano anche i passaggi in cui i tre spiegano che non bisogna “destare sospetti sull’i l l e c ito ritorno del denaro”. In questo caso parla lo stesso Savoini: “Noi avremo i telescopi addosso”. Il timore nasce dal denaro “scontato” che dovrà finire alla Lega. Dice Meranda: “Sarà Francesco ( Vannucci, ndr) a vedere come organizzare il ritorno”. Savoini: “Io mi fido dell’abilità di tutti noi, ciascuno per il suo campo (…). Noi abbiamo creato questo triumvirato e deve funzionare così (…). La cosa è proprio il compartimento stagno”. L’affare è ben avviato. A febbraio 2019 è Savoini a cercare contatti con Gazprom a cui propone un pia
no simile a quello raccontato al Metropol. Meranda consiglia di mandare una lettera di referenza che Eni e in particolare Eni trading and shipping ha inviato alla banca d’affari londinese Euro- Ib per la quale Meranda ha fatto il consulente. Sia la banca sia la società di Eni ( non coinvolte penalmente) sono a Londra e per questo la Procura ha inviato una rogatoria internazionale nel Regno Unito. Che l’accordo del Metropol sia bene avviato lo si ricava da una frase di Savoini: “La sensazione è buona”. Tanto più che c’è un “ritorno” anche per i russi e questa, dice Savoini, “è una g a ra n z i a ”. E Salvini? Sape
va? Di certo il 17 ottobre era a Mosca, prima al convegno di Confindustria e poi nello studio di Pligin a incontrare in modo riservato il vicepremier russo con delega all’Energia Dimitry Kozak, in serata a mangiare all’ 85° piano del grattacielo Eye con Ferlenghi, Picasso, D’A m ico, Savoini e la giornalista Irina Aleksandrova che è stata sentita dai pm. Lei è una testimone chiave perché il giorno prima del Metropol ha seguito Matteo Salvini in tutte e tre i suoi spostamenti, facendo da interprete con Kozak e cenando con lui. Il resto della storia è ancora tutto da scrivere.
N.1 degli industriali Ernesto Ferlenghi, presidente di Confindustria Russia e dirigente dell’Eni
Vicepremier russo
Dmitry Kozak ha visto Salvini il 17 ottobre nell’ufficio di un legale vicino a Putin