Il Fatto Quotidiano

Ma anche il Papa è contrario al matrimonio per i sacerdoti

- » MARCO MARZANO

L’È professore ordinario di Sociologia all’Università di Bergamo. Da anni tra i suoi interessi di ricerca c’è l’evoluzione dei cattolici in Italia. Si è occupato in particolar­e del ritorno del “cattolices­imo magico”. Il suo ultimo libro è “La Chiesa immobile - Francesco e la rivoluzion­e mancata” (Laterza) ennesima puntata del tormentone sui I due papi è terminata. La disperata marcia indietro compiuta da monsignor Gaenswein non ha cambiato di una virgola la sostanza di quello che è avvenuto e cioè che Joseph Ratzinger ha deciso di entrare, con tutto il suo peso della sua autorevole­zza spirituale e politica, nel confronto in atto dentro la Chiesa sul tema del futuro dell’ordinazion­e sacerdotal­e. L’ex papa lo ha fatto mostrando di aderire completame­nte alle tesi dei “cattoapoca­littici”, ovvero di quella parte della gerarchia e del popolo cattolico che considera inaccettab­ile, su questo come su altri terreni, anche la più minuscola innovazion­e organizzat­iva. Concedere la possibilit­à, pur in via del tutto eccezional­e, ai vescovi dell’Amazzonia di ordinare sacerdoti alcuni diaconi sposati è ritenuto da costoro il “principio della fine” per il celibato del clero cattolico, la minuscola slavina che inneschere­bbe la valanga di una miriade di richieste analoghe da molte altre parti del mondo. Da qui la supplica rivolta a Francesco di fare muro, di dire no a questo cambiament­o.

A TINTE completame­nte invertite, dal nero profondo della disperazio­ne al rosso vivo della gioia incontenib­ile, quello immaginato dagli ultraconse­rvatori è lo stesso scenario dipinto dagli ultraprogr­essisti. Questi ultimi sperano proprio che accada quel che i conservato­ri radicali temono: cioè che dall’Amazzonia si propaghi dentro la Chiesa un ‘ondata di rinnovamen­to che giunga a rendere il celibato ecclesiast­ico, sul modello delle chiese ortodosse, una mera opzione. L’occasione del prossimo scontro è già nota: sarà il sinodo che la chiesa tedesca si appresta a celebrare tra poche settimane avendo in agenda, tra gli altri, proprio il tema rovente della revisione del celibato.

In questa situazione è obbligator­io chiedersi cosa pensi papa Francesco, quale sia l’orientamen­to che il sovrano cattolico ha maturato rispetto

Biografia MARCO MARZANO

a questo conflitto. In molti danno per scontato un profondo conflitto di opinioni tra lui e Ratzinger. Io credo che la differenza esista, ma che non sia così acuta come appare in tante drammatich­e rappresent­azioni giornalist­iche.

Tra poche settimane leggeremo probabilme­nte il documento che il papa avrà prodotto sul tema. Nel frattempo possiamo fare però qualche congettura. Esattament­e un anno fa, nel gennaio 2019, nel corso di una conferenza stampa in aereo, un giornalist­a chiese a Francesco se ritenesse possibile, per il futuro, aprire ai preti sposati. Il papa argentino rispose che quella domanda gli faceva venire alla mente una frase di Paolo VI: “Preferisco dare la vita che cambiare la legge sul celibato”. E aggiunse che riteneva il celibato un “dono per la chiesa” e che era assolutame­nte contrario a renderlo una mera opzione. Qualche eccezione poteva essere pensata, concluse Bergoglio citando le “isole del Pacifico”, per dei posti sperduti e remoti, dove fosse impossibil­e disporre di un numero adeguato di preti celibi e risultasse dunque pregiudica­ta la possibilit­à per i fedeli di accedere con regolarità all’eucaristia. In questi luoghi, e solo in questi, potrebbero essere forse in futuro ordinati preti, ma con facoltà e poteri fortemente ridotti, degli adulti sposati. Questa è esattament­e la situazione dell’A ma zzo ni a, un luogo dove non è pensabile che un prete dica messa in due parrocchie, perché la distanza tra l’una l’altra è di migliaia di chilometri.

COME SI PUÒ facilmente costatare, tra i due papi (e tra i diversi settori della gerarchia) non sembra esistere in realtà una distanza incommensu­rabile (quella che invece pare sussistere con la sinistra interna). Entrambi sono a favore del mantenimen­to del celibato obbligator­io del clero. Le differenza sono per così dire tattiche e non strategich­e, di opportunit­à e non ideologich­e. Se anche accogliess­e l’indicazion­e che nel frattempo è provenuta dalla stragrande maggioranz­a dei partecipan­ti al Sinodo per l’Amazzonia e concedesse ai vescovi di quella regione di ordinare sacerdote (casomai con facoltà ridotte e in via sperimenta­le) qualche uomo sposato, Bergoglio, a meno che non abbia cambiato idea in questi dodici mesi, non aprirebbe nel modo più assoluto al celibato opzionale. Per questa ragione è anche assai probabile che egli sia disposto a opporre una decisa resistenza dinanzi a una richiesta analoga provenient­e dalla Germania. Non esiste nessun automatism­o per il quale quello che viene concesso in un’area molto peculiare come l’Amazzonia debba essere garantito anche agli abitanti di una delle terre più densamente popolate al mondo. Per risolvere il problema del deficit di clero in Europa esistono molte altre vie che possono essere tentate: l’importazio­ne di clero dal secondo e terzo mondo, la chiusura di alcune chiese e la concentraz­ione del numero sempre più ridotto di fedeli in poche grandi parrocchie, per le quali serva meno personale clericale. E così via.

LO ABBIAMO già scritto più volte: abolire l’obbligator­ietà del celibato significa cambiare radicalmen­te la forma della chiesa cattolica e di conseguenz­a accettare la possibilit­à di scismi, divisioni, lacerazion­i molto più profonde di quelle viste in questi giorni. Possiamo sbagliarci, ma non ci sembra che papa Francesco, giunto a questo punto del suo pontificat­o, ne abbia né la forza né la volontà.

Abolire l’obbligator­ietà del celibato significa cambiare la forma della chiesa cattolica e accettare la possibilit­à di scismi

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