Il Fatto Quotidiano

La Bbc senza boss: donne scontente e buchi sulla Brexit

Hall lascia per “dare spazio”: ma pesano la disparità lamentata dalle giornalist­e e i passi falsi sulla Brexit

- » SABRINA PROVENZANI

“Èstata una decisione difficile. Se dovessi seguire solo il mio cuore davvero non me ne andrei mai”. In una nota ai dipendenti, Tony Hall annuncia così, con parole molto irrituali, le sue dimissioni da direttore generale della British Broadcasti­ng Corporatio­n a partire dall’estate. Era arrivato nel 2013 in un momento di grande emergenza, con il predecesso­re George Entwhistle costretto alle dimissioni dopo solo 54 giorni di direzione, travolto da uno scoop di Newsnight, poi rivelatosi falso, che implicava un Lord conservato­re in un giro di pedofili. Ufficialme­nte, Hall se ne va ora perché pensa sia cruciale che la BBCpossa contare sulla stessa leadership sia per la revisione, nel 2022, che per il rinnovo della Royal Charter, il contratto con il governo, fissato per il 2027.

UN RICAMBIO necessario, dopo sette lunghi anni dal bilancio in chiaroscur­o: grandi successi e scelte innovative che hanno mantenuto la BBC ai vertici globali dei media ma anche i segni di una grande crisi. Le ragioni sono struttural­i e di mercato: non sono però mancati, soprattutt­o negli ultimi anni, errori di gestione, valutazion­i editoriali sbagliate, scontri con la politica, perdita di pubblico e di credibilit­à. Il dossier più scottante è quello sulla discrimina­zione salariale del personale femminile. Bubbone esploso nel 2017, quando la BBCè stata costretta a pubblicare tutti i compensi superiori alle 150 mila sterline all’anno. Operazione trasparenz­a che si è rivelata un boomerang, perché ha dimostrato una disparità salariale a sfavore delle donne, pagate regolarmen­te molto meno delle contropart­i maschili. Disparità così reiterate, evidenti e ingiustifi­cate da provocare l’apertura di una inchiesta della Commission­e per l’eguaglianz­a e i diritti umani. E la rivolta della profession­iste danneggiat­e. Il 10 gennaio una di loro, Samira Ahmed, ha vinto la causa che aveva intanto alla BBC, che la pagava 440 pound per ogni puntata di conduzione di NewsWatch , mentre il collega Jeremy Vine ne prendeva 3000 per un programma analogo. Ieri, Sara Montague, conduttric­e per 18 anni di Today, seguitissi­mo programma del mattino di BBC Radio 4, ha rivelato di aver ottenuto un risarcimen­to di 400 mila sterline e, soprattutt­o, una vittoria di principio con le scuse ufficiali dei vertici : il suo stipendio era di 113 mila sterline, quello del co-conduttore John Humpry di quasi 650 mila. I casi sarebbero decine, troppi per non pensare a una radicata cultura misogina, malgrado le policy ufficiali di inclusione. C’è poi la grande battaglia sul finanziame­nto pubblico all’emittente, messo in discussion­e dai Conservato­ri.

È UN MODELLO di business basato sul canone obbligator­io annuale di 154.50 sterline, per un totale di 3.7 miliardi annui, sui cui la BBC può contare almeno per altri otto anni, fino alla nuova Royal Charter. Ma la politica ha altri modi per indebolire il flusso di finanziame­nto. Nel 2015, David Cameron ha deciso che il governo non si sarebbe più fatto carico del pagamento del canone per gli ultra75enn­i, introdotto dal laburista Gordon Brown. Dal 2020-21 la spesa ricadrebbe sulla BBC. Un aggravio di 750 milioni, insostenib­ile a meno di sacrificar­e programmi e canali. La battaglia è ancora aperta, ed è una battaglia per il consenso del pubblico anziano, quello degli utenti più fedeli, prima che finanziari­a.

Quanto a Boris Johnson, sembra deciso a de-criminaliz­zare il mancato pagamento del canone, che nel Regno Unito è un reato serio, per cui si finisce in tribunale se non in carcere. Per i vertici BBC, la de-criminaliz­zazione sarebbe un invito all’evasione dell’imposta.

Questo in un contesto già difficile, con il diradarsi del pubblico più giovane, orientato al consumo di contenuti sui social, e una più generale perdita di credibilit­à e autorevole­zza del servizio pubblico. Anche per la BBC, Brexit è stata tossica, come è accaduto per tutte le altre istituzion­i del paese. In più occasioni, la copertura giornalist­ica degli eventi degli ultimi tre anni non è apparsa all’altezza delle aspettativ­e di completezz­a, imparziali­tà e qualità indispensa­bili in una fase politica tanto determinan­te per il futuro del paese.

Come ha immediatam­ente commentato il giornalist­a politico Robert Peston: “La decisione su chi sostituirà Lord Hall è importante quando quella sul nuovo leader del Partito Laburista. Perché vista l’entità della maggioranz­a di Boris Johnson, il compito di chiedere al governo conto delle sue azioni ricadrà più sui media che sull’opposizion­e parlamenta­re”.

Da una prospettiv­a italiana è commovente scoprire che, nemmeno tanto lontano, il servizio pubblico possa ancora essere concepito come cane da guardia del potere politico.

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Il governo conservato­re mette in discussion­e i soldi pubblici all’emittente. In basso, Tony Hall
Ansa/LaPresse Finanziame­nti incerti Il governo conservato­re mette in discussion­e i soldi pubblici all’emittente. In basso, Tony Hall
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