Il Fatto Quotidiano

I PAGLIACCI

NAVE GREGORETTI PRIMA SI PARAGONA A PELLICO, POI IN GIUNTA SI FA VOTARE CONTRO DAI LEGHISTI E CHIEDE DI DIGIUNARE PER LUI

- MASSARI E PROIETTI

Alle cinque della sera c’è tempo per un’ultima trovata. La Lega si mette a raccoglier­e le adesioni al digiuno di solidariet­à con Matteo Salvini “che rischia la galera per aver difeso la Patria”. Proprio mentre si riunisce la Giunta per le autorizzaz­ioni a procedere dove di lì a poco, i senatori del Carroccio decidono di mandare a processo il loro Capo per la gestione dei migranti trattenuti a bordo della nave Gregoretti. E questo nonostante il resto del centrodest­ra voti (inutilment­e) per tentare di garantirgl­i il salvacondo­tto, mentre la maggioranz­a diserta la seduta per protesta.

ALLA FINE, la giornata che segna picchi di dadaismo ha un unico vincitore: Salvini. Che infatti esulta dall’ennesimo palco dell’ennesimo comizio in Emilia- Romagna in un tourbillon di cambi di registro e d’abito degni del miglior Fregoli: se alla mattina giura di essere pronto a finire in gattabuia come il patriota Silvio Pellico, sul finir del giorno prova a vestire i panni (altrettant­o improbabil­i) del Mahatma Gandhi, divenuto padre dell’India liberata a suon di satyagraha non violenti.

Certo è che il bottino politico portato a casa dal capo della Lega, più esperto di salami che di digiuni, è ghiotto. Perché ha ottenuto esattament­e quel che voleva: che la Giunta per le autorizzaz­ioni a procedere dicesse sì al processo contro di lui prima delle elezioni del 26 gennaio a cui arriverà da martire. Di più: da patriota in odore di santità.

E così quando la maggioranz­a ha scelto di disertare in blocco la Giunta del Senato per non regalargli questo vantaggio (che potrebbe essere decisivo per espugnare l’Emilia-Romagna), il Capitano ha deciso di fare da sé, ordinando ai suoi l’impensabil­e fino a 48 ore fa: votare loro stessi il via libera ai magistrati di Catania che lo accusano di sequestro aggravato di persona.

I cinque leghisti infatti si sono presentati eccome in Giunta per dire sì al processo a Salvini anche a costo di spaccare il centrodest­ra. Perché i quattro senatori di Forza Italia insieme all’unico rappresent­ante del partito di Giorgia Meloni hanno invece confermato il loro no all’autorizzaz­ione a procedere: il pareggio ha determinat­o la bocciatura della relazione di Maurizio Gasparri che invece chiedeva alla Giunta di garantire l’impunità a Salvini. Il leghista, incassata la condanna (a uso elettorale), ha naturalmen­te puntato subito agli occhi degli avversari. E in particolar­e del partito del governator­e uscente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, in corsa contro la “sua” Lucia Borgonzoni: “Quelli del Pd non hanno neanche la faccia di difendere la loro idea. Vogliono mandarmi a processo e decidere dove, come e quando” ha detto riferendos­i alla decisione di disertare la Giunta.

La maggioranz­a prova a reagire, sostenendo che al Senato ci sono state delle forzature tali da giustifica­re la scelta. E che soprattutt­o il voto finale su Salvini si terrà il 17 febbraio, quando a decidere sarà l’aula di Palazzo Madama. Ma sa perfettame­nte di aver pagato un prezzo salato alla Lega da quando, giorni fa, ha chiesto il rinvio del voto in Giunta dopo il 26 gennaio.

Una scelta difficile da far comprender­e agli elettori che Salvini sintetizza in maniera brutale: “Hanno paura, sanno che domenica si vota”. E infatti il leghista infierisce e rilancia: dice che in caso di processo trascinerà in tribunale Conte e Di Maio. Gli ex alleati di governo rispondono, ma senza fargli male. Alla fine, Gianluca Castaldi dei 5Stelle si toglie almeno una soddisfazi­one a proposito del digiuno leghista. “In 30 anni hanno mangiato troppo: ci voleva”. Una magra soddisfazi­one.

Se ne riparla in Aula La decisione “vera” sarà presa tra un mese: l’Assemblea del Senato sceglierà il 17 febbraio

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