“TECNICHE DIFFUSISSIME: C’È IL PERICOLO DI PIÙ BIBBIANO ”
Giuliana Mazzoni studia la memoria umana da tutta una vita. Professore ordinario di Psicologia a La Sapienza di Roma, 170 pubblicazioni all’attivo, si occupa principalmente di memoria autobiografica intenzionale e meccanismi legati alla creazione di ricordi falsi.
Esiste secondo lei, nell’approccio degli psicologi ai bambini di Bibbiano, un “metodo Foti”?
Non lo chiamerei tanto “metodo Foti”, quanto l’utilizzazione da parte di Foti, e della scuola che ha fondato, di tecniche frutto di un grande fraintendimento: ovvero la convinzione che, dietro a un disturbo psicologico, un disagio, una difficoltà di un bambino, ci sia sempre un trauma. Quello di Foti e dei suoi discepoli è un approccio “pan-traumatico”. In maniera preconcetta, si esclude che il disagio psicologico possa, per esempio, derivare da un disturbo dello spettro autistico... E si cerca il trauma anche dove non c’è.
Foti la definirebbe, stando ai dialoghi intercettati, “negazionista adultocentrica” perché non presta ascolto alla sofferenza dei bambini.
Non nego certo l’esistenza di casi di abusi sui minori. Mi interrogo però – da cittadina, prima ancora che da scienziata – su come alcune accuse possano prendere vita. Nelle realtà in cui sono coinvolti certi “professionisti”, è avvenuto quasi sistematicamente che le accuse di abusi si siano rivelate infondate. Perché? Nell’indagare le cause della sofferenza di alcuni minori, Foti e i suoi collaboratori sono partiti da una precisa posizione ideologica: l’abuso c’era stato, il minore doveva solo rivelarlo. Ai bambini non è mai stato permesso dire “No” o “Non so”. Le modalità stupefacenti dei colloqui investigativi erano finalizzate a far sì che il minore – reso soggiogato, e impaurito – si trovasse costretto ad aderire alla tesi del suo interlocutore. A Bibbiano, quello che è stato fatto ai bambini, è maltrattamento psicologico.
A cosa si riferisce in particolare?
Le domande inducenti, ripetute e fuorvianti, le tecniche coercitive (come l’Emdr, erroneamente definita “elettrochoc”, usata in psicologia del trauma solo per casi estremi). E poi i feedback dati nei colloqui (“Non ti credo, dici bugie” oppure “Ora sì che sei bravo”), le ricompense e i regali... Così affioravano i “falsi ricordi”.
Foti sostiene sia “impossibile introdurre un ricordo che non sia in qualche modo plausibile, già presente negli script interni del bambino”.
Non è vero. Le memorie si cambiano, e cambiano velocemente. L’atto del ricordare non è ripescare, ma ricostruire sul momento cose che si hanno in memoria. E la memoria si crea per immagini. Per cui se voglio convincere un bambino di essere stato picchiato, attivo l’immagine del padre, attivo l’immagine dell’es se re picchiato e la relativa sensazione fisica, amplifico il tutto: poi le persone costruiscono, tanto più i bambini che hanno una “memoria povera”.
Ecco la teoria del “bambino-carta assorbente”, suggestionabile, direbbe Foti. E allora i disegni?
Basta che un bambino disegni un serpente o una figura allungata per vederci un simbolo fallico: nemmeno Freud arrivava a questo! C’è molta grossolaneria. E sull’interpretazione dei disegni c’è un ampio dibattito. Non c’è niente nella mente di un bambino che sia impermeabile alla contaminazione di ripetute suggestioni di un adulto. Non lo dico solo io. Ma centinaia di studi. Non a caso, per le interviste investigative sui minori presunti abusati, ci sono precise linee guida. La Carta di Noto ne è un esempio. Foti e i suoi psicologi a Bibbiano hanno fatto pericolosamente il contrario. Tutti psicologi clinici, peraltro, e non forensi: non avrebbero potuto nemmeno interrogare i minori.
Dopo Bibbiano, il ministro della Giustizia Bonafede ha istituito una “squadra speciale” di ispettori. Cosa occorre fare, secondo lei?
È fondamentale re-impostare la formazione degli assistenti sociali e degli insegnanti, tra le prime sentinelle di abusi su minori. L’approccio di Foti si è diffuso in tutta Italia, con operatori che hanno creato centri satellite associati spesso al Cismai. Bibbiano viene fatto passare come un caso giudiziario: è soprattutto un caso sociale e culturale. Servirebbe una riflessione di tutta la società pensante. Capire i motivi per cui certe cose succedono, per evitare che si ripetano. Perché la creazione di realtà “alternative”, con tutte le conseguenze, quello sì che è un trauma vero. Non solo per il minore. Per la comunità intera. Se solo la politica lo capisse...
“Maltrattamento psicologico” È stato fatto di tutto per far sì che i minori, impauriti confermassero la tesi degli psicologi