Il Fatto Quotidiano

Violenza e femminicid­i: la storia della musica è piena di scorrettez­ze

NON SOLO AL FESTIVALVa­sco, Venditti e pure Jeanne Moreau: gli artisti se ne fregano della censura

- » ANTONIO ARMANO

“Te la ricordi Lella, quella ricca/ La moje de Proietti er cravattaro”... Forse non tutti ricordano Lella, la canzone composta da Edoardo De Angelis dopo essere passato in autobus davanti a un negozio di cravatte in piazza del Tritone. Dalla cravatta allo strangolam­ento il passo è breve e del resto in romanesco cravattaro è anche lo strozzino. Uscita come singolo nel ’ 7 0, Lella è la confession­e di quello che oggi chiameremm­o femminicid­io e nemmeno un trapper della suburra si permettere­bbe di cantare. A

Lella “piaceva anna’ ar mare quann’è inverno”. Ma il freddo si poteva sopportare. Quello che non si poteva sopportare era un rifiuto a San Silvestro: “Me dice co’ la faccia indifferen­te:/ Me so stufata nun ne famo gnente”.

Lella è stata interpreta­ta da vari artisti, da Fiorini a Venditti passando per l’angelica Schola Cantorum. Il commissari­o Montalbano la canticchia sperando che pure Il ladro di merendine confessi. Ne esiste una versione successiva censurata dove spariscono i versi della terza strofa: “Me ne so’ annato senza guarda’ ’ndietro/ Nun ciò rimorsi e mo’ ce torno pure/ Ma nun ce penso a chi ce sta la’ sotto/ Io ce ritorno solo a guarda’ er mare...” Femminicid­io sì, purché ci sia il pentimento.

IN MUSICA questo delitto ha natali nobili e maledetti. La ballata del carcere di Reading trae origine da un’impiccagio­ne. Charles Wooldridge, compagno di galera di Oscar Wilde, finisce sul patibolo per avere sgozzato la moglie con un rasoio: “Yet each man kills the thing he loves”. Composta da Wilde dopo la scarcerazi­one, la ballata viene messa in musica e resa famosa dall’interpreta­zione straordina­ria di Jeanne Moreau nel film di Fassbinder Querelle de Brest . La denuncia della pena di morte sparisce, ma torna in Ballate per uomini e bestie di Vinicio Capossela: “Ognuno uccide quel che ama/ Ma non ognuno per questo muore/ Non muore di morte infame”.

Per le strade di Mosca mi è capitato varie volte di sentire Murka, una classica canzone della mala sovietica, ambientata a Odessa, da eseguire con voce molto roca. Murka, letteralme­nte “gattina”, è una poliziotta sotto copertura e si infiltra in una banda. Il boss, innamorato di lei, la scopre e le spara al ristorante. La canzone finisce con un colpo di pistola debitament­e riprodotto: “Perdonami amore”.

Buscaglion­e avrà preso da lì? La tivù russa ha dedicato un serial a

Murka ma non ha potuto girarlo.

Cambiando un po’ solfa Vasco Rossi nel 1980 se la prende con

Al fre do (“Ma io una volta o l’altra lo uccid o”) e non con “la t ro i a” andata a casa “con il negro”, ma l’epiteto la fa passare per una canzone razzista, sessista e così via. La musica riflette la vita e non si poneva problemi di politicame­nte corretto. Ben radicato culturalme­nte nella storia della musica, il tema del femminicid­io – a parte qualche verso di Lella– non risulta abbia subito particolar­i censure che toccavano preferibil­mente temi sessuali o religiosi. Uno dei casi più noti è La città vecchia di De André: “quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie/ quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie”. Nella versione non censurata: “Quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia/ quella che di notte stabilisce il prezzo alla tua gioia”. Pure quando il cantante è donna la dinamica femminicid­a non cambia. Maracaibo , cantata da Lu Colombo, con testo suo e di David Riondino, viene rifiutata per qualche anno ed esce nell’81, all’inizio del decennio del disimpegno. La vittima è innamorata di Miguel, ma Pedro l’abbraccia sulle casse di nitroglice­rina: “To rn ò Miguel, tornò/ La vide e impallidì/ Il cuor suo tremò/ Quattro colpi di pistola le sparò”. E poi “Fuggire sì ma dove? Za za”. Non sparate sul pianista, ma sulla donna sì.

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Donne sgozzate o freddate, “troie” e “negri”: persino “Maracaibo” parla di un tentato omicidio

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Ansa “Colpa di Alfredo” Vasco Rossi

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