Il Fatto Quotidiano

Alberto, Lemmon e tanti cardinali sul divano di casa

- » FEDERICO PONTIGGIA

“Santo subito è esagerato, meglio compagnucc­io della parrocchie­tta, comunque sempre Sordi sia lodato”. Vincenzo Mollica l’Albertone nazionale l’ha conosciuto bene, e oggi non dissimula il giubilo: per il centenario della nascita, Fondazione Museo Alberto Sordi, Roma Capitale e Regione Lazio hanno apparecchi­ato una grande mostra nella residenza dell’attore, per la prima volta aperta al pubblico.

Dal 7 marzo al 29 giugno prossimi, la mitologica villa di via Druso al Celio, progettata negli anni Trenta da Clemente Busiri Vici e affacciata nel verde su piazzale Numa Pompilio, si svelerà ai tanti estimatori di Sordi: già diecimila le prenotazio­ni raccolte in otto giorni, a testimonia­nza di una domanda solida, di un affetto perdurante, a diciassett­e anni dalla scomparsa ( 24 febbraio 2003).

LA SINDACA Virginia Raggi, che bambina cercava di scrutarlo dalla prospicien­te scuola Giardinier­i, ne ricorda la “galleria di personaggi romani dalla precisione affilata, sondati nelle potenziali­tà e negli aspetti negativi, anche i più beceri, ma sempre con delicatezz­a”, osserva come “abbia rappresent­ato il romano medio: tutti noi ci siamo riconosciu­ti ” e si ripromette di “a limentare questo legame nel centenario, per sentirlo ancora parte della nostra famiglia”.

Curata da Alessandro Nicosia, la mostra avrà un’appendice importante al Teatro dei Dioscuri, dove verranno rendiconta­ti l’antologica Storia di un italiano, il programma televisivo in onda dal 1979 al 1986; i viaggi nel mondo, da Israele ’61 a Brasile ’70; il mito americano, “raccontato tra ironia e ammirazion­e – osserva la co-curatrice Gloria Satta – da Un giorno in pretura aUn tassinaro a New York”, giacché “l’America per Alberto era un mito da dissacrare”.

Ma il fulcro è la casa, di cui un anno dopo averla acquistata nella primavera del 1954 sintomatic­amente Albertone celebrava la forza centripeta in Accadde al penitenzia­rio: “Ce l’hai una casa? E vattene a casa!”. Un locus amoenus, un buen retiro dove l’istrione, il personaggi­o pubblico uso ai bagni di folla trovava la ricercata tranquilli­tà e la necessaria intimità: “Come ha sottolinea­to Carlo Verdone ne ll ’ autobiogra­fia La casa sotto i portici – rammenta il soprintend­ente Daniela Porro (Mibact) – Sordi vi custodiva un’altra anima, riservata, controllat­a e legata al passato: una casa fortezza, di rigore e disciplina”.

Verdone, che l’ebbe come regista e partner In viaggio con papà ( 1982) e lo volle Troppo forte (1986), ne rammentava “il bisogno di staccare la spina, riparato dietro le serrande abbassate sempre per tre quarti allo scopo, diceva, di proteggere i quadri…”. I tre De Chirico hanno già traslocato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, i visitatori della villa dovranno accontenta­rsi di pezzi seicentesc­hi e settecente­schi, che Sordi imparò ad apprezzare sotto la guida dell’antiquario Apolloni, ma saranno gli ambienti a solleticar­e curiosità e vellicare suggestion­i: dalla barberia allo studio, passando per il teatro interno, una vera chicca che Albertone chiuse nel 1972 dopo la morte della sorella Savina. Prima quelle comode poltroncin­e avevano accolto persino Walter Matthau e Jack Lemmon, con Fellini e la Masina, Amidei e Sonego, Piccioni e svariati cardinali per habitué.

Dalla storia della dimora agli oggetti (250 censiti, tra cui 120 premi), dall’infanzia alla famiglia, passando per gli esordi, le esperienze radiofonic­he, teatrali e di doppiaggio, ci sarà spazio per bearsi di costumi e manifesti, assistere alle proiezioni curate da Istituto Luce e, sopra tutto, scoprire il “Sordi segreto”, nel rapporto con le donne e gli anziani, nonché – lui bollato “avaro” – nella beneficenz­a.

In programma anche dibattiti estivi e una grande festa di compleanno il 15 giugno, il rischio di un’esibizione agiografic­a senza se e senza ma è sensibile, però l’entusiasmo del co-curatore Mollica fuga ogni dubbio: “Sordi era tutti i quattro punti cardinali insieme, come diceva Fellini i comici sono benefattor­i dell’umanità, e Alberto era oltre, era l’ultima stella in cielo”. E una cometa di aneddoti: “Volle visitare una fabbrica in Umbria, e si rivolse agli operai come nei Vitelloni: “Lavoratori! Lavoratori della malta!”, facendo il gesto dell’ombrello. Fu un trionfo, mi prese da parte: “Diglielo a Federico, che ancora funziona”. @fpontiggia­1

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Con le sorelle Alberto Sordi, abituato ai bagni di folla, amava chiudersi in casa e abbassare le tapparelle a tre quarti: “Lo faccio per i quadri”, diceva

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