Allarme di cronisti ed editori “Arriva un nuovo bavaglio”
La legge Al Senato c’è intesa: via il carcere per la diffamazione, ma multe più salate, rettifiche obbligatorie e due anni di tempo per querelare
Mettere d’acc or do giornalisti ed editori, categorie solitamente contrapposte, non è facile. Ci sta riuscendo la legge sulla diffamazione che ha come primo firmatario Giacomo Caliendo (Forza Italia), che dalla commissione Giustizia del Senato sta per arrivare in Aula. Perché, se è vero che viene eliminato il carcere per i giornalisti, secondo Fieg e Fnsi (che ieri hanno tenuto una conferenza stampa congiunta), vengono però inserite altre misure “intimidatorie e anacronistiche” che “limitano la libertà di stampa” e rendono “più difficile la vita a giornali e giornalisti, soprattutto sulle inchieste”. Insomma, “un altro bavaglio” all’informazione.
LA LEGGE in realtà sarebbe frutto di un accordo tra maggioranza e opposizione, tanto che in commissione diversi sono stati gli emendamenti approvati da M5S e Pd. L’accordo però prevede che prima venga approvata la legge di Primo Di Nicola ( M5S) sulle liti temerarie, per la quale manca solo il voto in Aula. Era previsto per il 16 gennaio, ma c’è stato un rinvio. È composta da un solo articolo: chi chiede i danni a un giornalista può essere condannato a pagare egli stesso un risarcimento che parte dal 25% della cifra richiesta se la sua azione è considerata pretestuosa o infondata.
La legge sulla diffamazione di Caliendo è tutt’altra cosa, ma viaggia su un binario parallelo. Finalmente si è tolto il carcere per i giornalisti condannati, ma Fieg e Fnsi puntano il dito su altri aspetti che, a loro dire, “rendono assai difficile il libero svolgimento della professione”. La prima questione è che aumentano le pene pecuniarie. Di più: se l’offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, le sanzioni crescono ancora di più. “Così si fanno cittadini di serie A e di serie B. E poi di cosa dovrebbero scrivere i giornalisti se non di esponenti politici e della pubblica amministrazione?”, si chiede Raffaele Lorusso, segretario della Fnsi. Inoltre, sottolineano gli editori con il loro presidente, Andrea Riffeser, “le sanzioni pecuniarie devono tenere conto delle finanze di giornali e cronisti, devono essere proporzionali alle loro capacità di spesa, e nella legge questa proporzionalità non c’è”.
COSÌ COM’È, la legge prevede pure una sorta di rettifica automatica: per evitare la querela, il giornale è obbligato a pubblicare per intero, senza controbattere, la smentita del querelante. E aumenta anche il tempo che il querelante ha a disposizione per agire: da 90 giorni a 2 anni. In fase dibattimentale, inoltre, il giudice può ordinare al cronista di rivelare le sue fonti.
Altro punto controverso è che, con la nuova norma, si dà al giudice il potere d’interdizione del giornalista dalla professione, “u n’invasione di campo bella e buona, perché l’eventuale sospensione o radiazione dall’ordine spetta solo agli organi competenti”, dice il segretario della Fnsi.
Secondo gli editori, poi, è una norma “vecchia”, perché “fa ancora differenze tra i giornali on line e carta stampata”. Per esempio, un articolo che esce sul web può essere querelato in più tribunali, ovvero quelli dei luoghi di residenza di tutte le persone che si sentono diffamate. “Così, per uno stesso articolo, si rischiano processi in più tribunali, con un aggravio di spese enormi”, osserva il vicepresidente Fieg, Francesco Dini.
Da parte della maggioranza, però, si registrano aperture. “Innanzitutto è una legge dell’opposizione che noi stiamo contribuendo a migliorare. Non vogliamo certo far passare una legge bavaglio o lesiva della libertà di stampa: siamo aperti a ogni eventuale suggerimento”, fa sapere una fonte dalla commissione Giustizia.
Ci sono ancora due giorni per i subemendamenti, poi la legge sulla diffamazione potrà essere modificata nell’aula del Senato e poi ancora, eventualmente, a Montecitorio.
Riflettori accesi Conferenza stampa congiunta di Fnsi e Fieg contro la proposta di Caliendo (FI)