Giustizia citofonica
Non commento la decisione di Luigi Di Maio di lasciare la guida del Movimento 5 Stelle perché l’avevo già commentata con un bilancio di pregi e difetti, meriti ed errori l’11 gennaio (“L’onore delle armi”), quando il Fatto diede la notizia in anteprima grazie a uno scoop di Luca De Carolis e tutti gli altri si sforzarono di smentirla. Non solo lo staff del M5S, a cui avevamo rovinato l’effetto sorpresa. Ma i soliti giornaloni (memorabile il titolo di Repubblica “Di Maio non lascia, ma raddoppia: insieme a lui una donna leader”: infatti arriva Vito Crimi). Semmai ci sarebbe da commentare questa informazione all’italiana, ormai così mal messa che, quando si imbatte in una notizia vera, non la riconosce e rimane sgomenta, smarrita, senza parole. Il che aumenta vieppiù la comicità delle cronache politiche, già peraltro irresistibili di per sé. Noi, lo dico sinceramente, non abbiamo più parole per descrivere quel che fanno i due Matteo. Ci vorrebbero Fruttero e Lucentini, come scrive Settis a pag. 13.
Il minore, Renzi, voleva abolire la prescrizione finché la legge Bonafede non l’ha abolita. A quel punto, ha deciso che rivuole la prescrizione. Il 18 febbraio 2015 il capogruppo in commissione Giustizia del suo Pd in Senato metteva a verbale testuali parole: “La posizione ufficiale del Pd è che la prescrizione deve cessare di decorrere dopo l’emanazione del decreto di rinvio a giudizio”. E il neoresponsabile giustizia di Iv, all’epoca Pd, Giuseppe Cucca firmava col collega Casson un emendamento semplice semplice: “La prescrizione cessa comunque di operare dopo la sentenza di primo grado. Il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la notizia di reato viene acquisita o perviene al pubblico ministero”. Ora che la legge Bonafede la blocca solo dopo il primo grado, Renzi strilla come una vergine violata. E vincerebbe l’Oscar della comicità, se non gli fosse insidiato dall’altro Matteo. L’idea di citofonare a un tizio per chiedergli se spaccia droga, oltre a fargli sospettare che cercasse roba buona e a istigarlo a sparargli in base alla riforma della legittima difesa, apre squarci inesplorati nella vita politica. Intanto perché, oltre a ritrovarcelo fra le palle appena accendiamo la tv o ci connettiamo ai social, rischiamo da un momento all’altro di vedercelo sotto casa appeso al campanello, in concorrenza coi testimoni di Geova e i rappresentanti Folletto: solo le finestre e l’oblò della lavatrice è ancora immune, forse per poco, poi spunterà pure lì, con la felpa da lavavetri o da Omino Bianco. E poi perchè ora saremo autorizzati a diffondere gli indirizzi di Salvini e altri cazzari verdi.