Alla Lega tanti figli dei meridionali che votavano Pci
La città inclusiva ma spenta. Decisiva la “seconda generazione” di meridionali
La grassa? La dotta? La rossa? Vattelapesca. Bologna negli ultimi anni è scomparsa dai radar. Si è come assopita: silente, estranea. In televisione sono quadruplicati i talk show , ricordate di aver mai visto il volto del sindaco di quella città? Si chiama Virginio Merola e porta avanti onestamente la baracca. Bologna ha pagato dazio prima a Firenze, nell'età recente del renzismo, e poi a Milano, avanguardia capitalistica d'Italia. È rimasta indietro persino a Napoli, e così oggi stupisce che la città sia messa meglio di tutte e tre le altre.
“Con l'Alta velocità abbiamo conquistato 30 milioni di visitatori. Con l'aeroporto altri nove, ma arriveremo a dodici. A Bologna non manca il lavoro, ma le case. Non ne abbiamo a sufficienza per sistemare i nostri studenti, le migliaia di fuori sede che affollano la città. Il 7 marzo inaugureremo il People mover : in sette minuti ti porta dal centro all'aeroporto. Corse ogni cinque minuti. Un milanese troverà più conveniente venire da noi per prendere l'aereo che andare a Malpensa. Bologna è la città che si è presa cura dei rider, che attua politiche inclusive del lavoro, che non caccia né bastona gli immigrati. Bologna è una città civile e in salute. E infatti qui il Pd vince, non c'è partita con Salvini”. Marco Lombardo è uno dei candidati alla poltrona di sindaco (si vota l’anno prossimo). 39 anni, assessore al lavoro, ottimi studi, ottime relazioni, grande determinazione e grande visibilità.
IL GOLDEN BOY della politica bolognese è reggino, figlio dell'ex procuratore Lombardo e come tanti calabresi sbarcò in città per studiare. Giurisprudenza e poi l' affermazione sociale, il riconoscimento delle sue abilità. Lui più degli altri, dei tanti. “Anche io sono calabrese, e da Reggio me ne sono andato per la solita storia. Sono tecnico al comune, mi trovo bene e non posso che votare Pd. Il problema sono i miei corregionali, anzi, se vogliamo dirla tutta, sono i meridionali”, spiega Giuseppe passeggiando nel parco della Montagnola, ex centro dello spaccio, del crimine quotidiano, delle polemiche a non finire e oggi quasi risanato, comunque più controllato, meglio pattugliato, in una condizione di salute migliore rispetto agli anni scorsi.
LA FESTA a Bonaccini rischiano di fargliela proprio i meridionali a cui l'Emilia, inclusiva e solidale, ha aperto le porte. Gli immigrati del Sud – distribuiti tra le periferie metropolitane e le campagne – sono la forza sospetta, il battaglione imprevisto, la trincea inaspettata dei leghisti duri e puri.
Il paradosso supremo è che Matteo Salvini il padano trae forza e linfa vitale nella sua Padania dall'appoggio decisivo di quelli che qualche anno fa odiava. Salvini vince le Regionali in Calabria, dove sicuramente confermerà il primato, grazie ai calabresi, e in Emilia Romagna, sempre grazie ai calabresi. Che insieme ai napoletani (quelli che nell'età giovanile Matteo si augurava venissero “puliti” dalla lava del Vesuvio) ai pugliesi, ai siciliani formano il pacchetto di mischia, il domicilio sicuro, l'approdo eletto del leader leghista. È il Pilastro, la periferia triste dove due sere fa
Salvini, travestendosi da sceriffo, ha citofonato a casa di un tunisino accusato da un improvvisato tribunale del popolo di essere spacciatore, il serbatoio metropolitano del centro destra. Un voto che si somma a quello delle campagne, alla provincia appenninica e si allarga fin verso la Lombardia, sopra Parma e Piacenza.
EPPURE L'ODORE di Salvini a Bologna si avverte meno che altrove. È la città che ha messo al bando i ribassi d'asta, fonte di corruzione e di acquisizione degli appalti da ditte sospette, nei bandi di gara, è la città che tutela meglio i ceti più marginali attivando e finanziando una fitta rete di solidarietà, è la città dove la Curia di mons. Matteo Zuppi svolge un ruolo di coordinamento dei bisogni. Una città che funziona, che è piuttosto ricca, piuttosto sicura e ora, visti i risultati del turismo, è divenuta anche troppo piccola.
Bonaccini deve dunque temere gli emiliani di seconda generazione, “sono quelli che si sentono più fragili, oggetto della competizione con i nuovi immigrati. I nostri genitori votavano il Pci perché li tranquillizzava, con le coop li faceva guadagnare bene e gli garantiva un futuro. Mio padre, muratore molisano, è riuscito a farsi una casa per sé e ad aiutare noi figli ad averne una. Insomma, la vita diceva
Il rosso e il verde Scomparso dai radar, il Comune funziona ed è piuttosto ricco. Ma rischia di non bastare
bene”, racconta Fabiola, 33 anni, maestra d'asilo.
Oggi il futuro si è accorciato e l'ansia è salita. E quindi, se il sindaco di Castenaso, alle porte della città, viene da Siderno, Calabria profonda, i suoi concittadini, parecchi delle sue parti, chi voteranno?
BONACCINI deve temere anche la scelta, piuttosto suicida, dei Cinquestelle che hanno invocato la lista autonoma chiedendo al povero Simone Benini, il candidato a presidente, di portare la croce fino a domenica. Perderanno comunque. Se vincerà Bonaccini, sarà dimostrata la loro superfluità. Se perderà, saranno imputati di aver spianato la strada al nemico numero uno. Benini macina chilometri, ma chi trova?