Il Fatto Quotidiano

Georgiano ucciso a botte a Gradisca, nel Centro rifugiati aperto un mese fa

Gradisca d’Isonzo, il radicale Magi sul decesso di un georgiano: “Si rischia un altro caso Cucchi”

- PASCIUTI

Il 18 gennaio era ancora vivo. Quel giorno “lo hanno picchiato nel cortile recintato, davanti alla stanza 1 dell’Area Verde e lo hanno trascinato fuori per i piedi, nel grande corridoio su cui si affacciano le camerate. Per due giorni non se n’è saputo niente, quindi lo hanno riportato in stanza”. Vakhtang Enukidze, 38 anni, georgiano, ospite del Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), “è morto dopo 48 ore di agonia”, racconta al Fatto Riccardo Magi, che ha visitato la struttura poche ore dopo. E avverte: “Si rischia un nuovo caso Cucchi”.

Il centro è stato riaperto poco più di un mese fa in provincia di Gorizia, sul territorio in cui arrivano ogni anno migliaia di migranti dalla rotta balcanica. Enukidze era lì dalla metà di dicembre. Viene coinvolto in due risse. Secondo testimoni il 12 gennaio aggredisce un agente di polizia, il 14 si prende a botte con un nordafrica­no e viene arrestato. Il 16 rientra nel Cpr e si sente male; il 18 viene portato in ospedale e lì muore.

DOMENICA 19 alle 22.30 Magi citofona al centro per visitarlo in qualità di parlamenta­re. Il giorno dopo entra di nuovo e raccoglie le voci dei compagni di detenzione che sostengono di aver assistito al pestaggio e degli ospiti della stanza in cui è stato riportato prima della morte. “C’erano anche un operatore e un poliziotto”, spiega. Dicono che la colluttazi­one con il nordafrica­no non ha causato lesioni gravi al georgiano. Ma per separarli sono intervenut­i circa dieci agenti che l’hanno picchiato ripetutame­nte anche con un colpo d’avambracci­o dietro la nuca e una ginocchiat­a alla schiena, trascinato per i piedi come un cane”. A quel punto Enukidze viene portato in carcere a Gorizia e il 16 pomeriggio torna nel centro.

I testimoni “sapevano di dover essere rimpatriat­i la notte stessa e per alcune ore abbiamo temuto che le loro testimonia­nze non fossero state raccolte”, prosegue Magi. Ma la Procura ha fatto sapere di averli ascoltati prima della loro partenza. “L’uomo si è spento in stanza dopo due giorni in cui nessuno sapeva dove fosse – prosegue il parlamenta­re – è stata un’agonia. Chi lo ha visto ha raccontato che l’uomo era visibilmen­te tumefatto sul volto, sulla schiena, sui fianchi. Non riusciva a stare in piedi. Ma non è intervenut­o nessuno, nonostante per legge in centri come questi sia previsto un presidio paramedico 24 ore su 24 e la presenza di medici per alcune ore ogni giorno”. Poi, “nella notte, mi ha riferito il compagno di stanza, aveva la bava alla bocca ed è caduto dal letto. La mattina era in stato di incoscienz­a e di lì poche ore sarebbe morto”.

Il centro, nel quale operano polizia, guardia di finanza, carabinier­i ed esercito, è stato inaugurato il 16 dicembre. Neanche un mese, ma il prefetto di Gorizia Massimo Marchesiel­lo parla già di “criticità struttural­i”. E Magi aggiunge dettagli che ha raccolto come testimone: “Ho visto una situazione insostenib­ile – racconta – molti ospiti si erano inferti dei tagli, molti di loro erano in stato confusiona­le, sembravano essere stati sedati con calmanti e psicofarma­ci”. “Le stanze possono ospitare 6 persone, davanti a ogni stanza c’è un cortile recintato da una gabbia. Le norme prevedono che i pasti siano serviti in uno spazio comune, invece il cibo è distribuit­o nelle gabbi e”, continua il deputato. Cronaca e testimonia­nze raccontano di situazioni difficili che non riguarda solo Gorizia: il 12 gennaio un cittadino tunisino di 34 anni è morto nel centro di Caltanisse­tta.

RILANCIATI dal decreto Minniti-Orlando, i Cpr hanno visto portare dal decreto Salvini da tre a sei mesi il tempo di permanenza massimo. La spiegazion­e che venne addotta all’epoca: il numero ingente degli irregolari non permetteva di identifica­re tutti in soli 90 giorni. “È un falso problema – commenta Magi – è completame­nte sballata l’idea che i rimpatri si facciano grazie all’esistenza di questi centri. Per espellere chi ha commesso reati si deve intervenir­e durante il periodo di detenzione in carcere. Ora chiederò che la Commission­e Affari costituzio­nali di cui sono membro faccia una visita ispettiva in tutti i Cpr perché ci si renda conto di quale sia la realtà di questi posti. L’obiettivo deve essere uno solo: chiuderli”.

La vicenda

”Dieci agenti l’hanno picchiato anche alla nuca”. Il ricovero e il rientro “un’agonia”

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Cortile recintato Il centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo (Gorizia)

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