Il Fatto Quotidiano

Ora Tunisi protesta: “Vergogna razzista” “Una provocazio­ne”

L’ambasciato­re scrive, il vicepresid­ente del Parlamento attacca il capitano: “I nostri in Italia gli pagano lo stipendio”

- » ENRICO FIERRO

La “c i to f o n a t a ” b o lo g n e s e dell’ex ministro dell’Interno apre una crisi fra Italia e Tunisia. Il primo a protestare per lo show a favore di telecamere di Salvini, che nel quartiere Pilastro di Bologna si è attaccato al citofono di una famiglia di residenti tunisini, accusandol­i di essere degli spacciator­i, è stato l’ambasciato­re del Paese nordafrica­no. Per Moez Sinaoui, quella di Salvini è solo una “deplorevol­e provocazio­ne”. Il diplomatic­o ha espresso la sua “costernazi­one” in una lettera alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Forte il contenuto. Una “famiglia tunisina è stata illegittim­amente diffamata”, con una “provocazio­ne priva di rispetto per il domicilio privato della famiglia”, che “stigmatizz­a l’intera comunità tunisina”. L’ambasciato­re ha quindi insistito sugli "ottimi rapporti" di cooperazio­ne tra Tunisia e Italia a tutti i livelli e in tutti i settori.

LA NOTIZIA della provocazio­ne del leader della Lega è ovviamente arrivata anche a Tunisi, suscitando le reazioni sdegnate del mondo politico. “Quello di Salvini è un atteggiame­nto razzista e vergognoso che mina i rapporti tra Italia e Tunisia”, ha detto il vicepresid­ente del Parlamento di Tunisi, Osama

Sghaier, in un'intervista a Radio Capital. “Salvini è un irresponsa­bile perché non è la prima volta che prende atteggiame­nti vergognosi nei confronti della popolazion­e tunisina. Lui continua a essere razzista e mina le relazioni che ci sono tra la popolazion­e italiana e la nostra. I nostri Paesi hanno ottimi rapporti. I tunisini in Italia pagano le tasse e quelle tasse servono anche a pagare lo stipendio di Salvini. Dunque, si tratta di un gesto puramente razzista”.

Il deputato Yassine Ayaré ha denunciato il comportame­nto razzista di Salvini e ha chiesto alle autorità di governo di classifica­rlo come “persona non gradita in Tunisia”. Protesta anche la comunità tunisina in Italia. Il coordiname­nto di Attayar Democratic­o in Italia “denuncia questo atto razzista e che si ripete per la seconda volta da parte della stessa persona nei confronti dei tunisini in Italia”, si legge in un comunicato. Il Coordiname­nto “esorta le organizzaz­ioni della società civile e le istituzion­i italiane ad agire per rompere con tali azioni razziste, per preservare i legami di amicizia tra tunisini e italiani”.

NON È LA PRIMA volta che le farneticaz­ioni del capo leghista mettono in crisi i rapporti diplomatic­i tra i due Paesi. Nel giugno del 2018, dopo aver visitato l'hot spot di Pozzallo, l’allora ministro dell’Interno aveva affermato che “la Tunisia è un Paese libero e democratic­o dove non ci sono guerre, epidemie e pestilenze, che non sta esportando dei gentiluomi­ni, ma spesso e volentieri dei galeotti”. Dichiarazi­one che costrinse il ministero degli Esteri tunisino a convocare l’ambasciato­re italiano, Lorenzo Fanara, per trasmetter­gli il “profondo stupore” del suo governo per le parole di Salvini che, si sottolinea­va, “denotano una mancanza di conoscenza dei vari meccanismi di coordiname­nto stabiliti tra i servizi tunisini e italiani responsabi­li della lotta contro la migrazione irregolar e”. Era particolar­mente sorprenden­te perché Salvini doveva sapere che la Tunisia è il Paese che maggiormen­te collabora con l’Italia sui rimpatri dei migranti irregolari, che il leghista aveva promesso (invano) di incrementa­re. La crisi era poi rientrata nelle settimane successive e Salvini, dopo pochi mesi, nel settembre del 2018, era stato accolto a Tunisi in visita ufficiale.

In ogni caso, e a dispetto delle farneticaz­ioni razziste di Salvini, una buona notizia in arrivo da Tunisi, dove è stato firmato un accordo per l’apertura di una “Maison de Tunisie” a Mazara del Vallo. La struttura sarà un centro culturale e sociale per i 4mila tunisini residenti nella città siciliana.

Costernazi­one per la deplorevol­e provocazio­ne che diffama una famiglia e stigmatizz­a un’intera comunità

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