Ilva, le esplosioni frenano Arcelor
Le tre deflagrazioni nell’Acciaieria 2, che avrebbe dovuto aumentare la produzione con lo stop dell’Acciaieria 1 e la cassa integrazione di 250 operai, spingono l’azienda a prendere tempo
Ci sono volute tre esplosioni per convincere ArcelorMittal a fare marcia indietro e annullare il trasferimento della produzione dall’acciaieria 1 all’acciaieria 2 dell’ex Ilva di Taranto. Gli avvertimenti lanciati dai sindacati sul cattivo stato in cui si trova quest’ultimo impianto non erano bastati alla multinazionale che, però, ha dovuto fare dietrofront dopo le tre deflagrazioni che si sono verificate ieri notte (fortunatamente senza feriti) nelle vicinanze dell’area in cui transita personale per le normali attività di affinazione. In particolare, è stato colpito l’impianto Idf (che serve a trattare il gas) a servizio del Convertitore 1: per il suo ripristino occorreranno almeno due settimane.
A distanza di 24 ore dalla decisione di Arcelor di fermare l’acciaieria 1 mandando in cassaintegrazione altri 250 lavoratori e trasferendo la produzione sulla seconda acciaieria dello stabilimento tarantino, è arrivato il contrordine: l’impianto non sarà fermato e i lavoratori hanno già ricevuto la comunicazione di revoca della cig. La multinazionale, però, sembra aver solo spostato l’idea di modificare i nuovi assetti di marcia legati a “uno scarso approvvigionamento di materie prime e all ’ attuale capacità produttiva legata alle commesse”: il fermo dell’acciaieria 1 comporterà una riduzione di personale da 477 a 227 unità e con la produzione trasferita sull’acciaieria 2 la produzione di quest’ultima passerebbe dall’attuale regime di due convertitori a tre in marcia.
GRANDI le preoccupazioni dei sindacati che hanno chiesto all’azienda di “tornare sui suoi passi e sospendere immediatamente la scelta unilaterale di fermare l’Acciaieria 1 in quanto i continui rinvii e ritardi su manutenzione ordinaria e straordinaria determinano, in caso di aumento produttivo, situazioni di pericolosità sia dal punto di vista della sicurezza che dell’ambiente”. Sulla vicenda è intervenuto Maurizio Landi della Cgil che ha chiesto un nuovo tavolo di confronto tra azienda e sindacati: “C’è un confronto aperto tra governo e ArcelorMittal – ha detto il segretario generale della Cgil – legato anche ai tempi sanciti dal Tribunale di Milano che ha rinviato l’udienza al 7 febbraio. Noi partiamo dal fatto che c’è un accordo firmato, che va rispettato e applicato. E chiediamo che al più presto sia possibile conoscere il piano industriale che stanno discutendo e come intendano affrontare questa situazione”. Per il governatore Michele Emiliano, che chiesto un incontro all’ad di ArcelorMittal, Lucia Morselli, “lo stabilimento è in una condizione generale di manutenzione molto grave, e quindi bisogna intervenire il più rapidamente possibile nello schema della sentenza del Tribunale d’appello che ha sì detto che Afo2 può e deve continuare a funzionare, ma questo deve avvenire con tutte le cautele necessarie a evitare di mettere in pericolo la vita degli operai e la salute non solo degli operai ma anche dei cittadini”.
Cig sospesa
24 ore prima era stato deciso di fermare l’impianto. I sindacati: “Il gruppo ci ripensi”