Così il Pd aiuta Singapore a prendersi il porto ligure
L’emendamento La Lega aveva provato a cambiare le norme per favorire una maxi-fusione, poi si era tirata indietro. E ora c’è l’incursione dei dem
Quel che non fece la Lega, lo farà il Pd. Fra gli emendamenti al Milleproroghe appena depositati, è stata inserita la cancellazione del divieto vigente di detenere due concessioni in un porto per gestire la stessa tipologia di traffici. Previsione della legge portuale del 1994 per evitare la concentrazione di più terminal nelle stesse mani. Ebbene, la Lega inserì l’abrogazione in un emendamento alla Manovra, salvo poi ritirarla perché, parole dell’allora sottosegretario ai Trasporti, Edoardo Rixi, “inopportuna” nei tempi. La modifica, infatti, sbloccherebbe la più grossa operazione di concentrazione portuale italiana degli ultimi anni (raccontata dal
Fatto il 9 ottobre): la fusione fra Psa e Sech.
LA PRIMA, che avrebbe il controllo, è una multinazionale del fondo sovrano di Singapore Temasek, concessionaria attualmente del terminal container di Genova-Prà, il più importante d’Italia. Sech, facente capo alla Gip dei fondi anglofrancesi Infravia-Infracapital, gestisce l’altro terminal container dello scalo, nel porto storico. Giorni fa il deputato dem Andrea Romano (di Livorno, porto italiano di cui Gip gestisce il maggior terminal container), membro della Commissione Trasporti, preannunciò alle agenzie l’emendamento abrogativo.
Salvo, un paio d’ore dopo, ripensarci: le valutazioni sulla valenza generale sono in corso, non vogliamo norme ad aziendam. L’emen dame nto potrebbe quindi non esser presentato”. Pochi giorni e nuovo dietrofront.
“Cancellare quel divieto è fondamentale per lo sviluppo dei porti. Occorre una formulazione equilibrata che non leda le regole della concorrenza e, al contempo, non ingessi i porti in situazioni obsolete che ne pregiudicano la competitività” ha spiegato, a proposito delle versioni da lui invece depositate, Franco Vazio, deputato Pd, savonese come Luca Becce, presidente di Assiterminal (associazione dei terminalisti portuali) che rivendica l’abrogazione come un obiettivo di “interesse generale, condiviso e perseguito da almeno 10 anni”, concorde con Vazio nella scelta di annacquare il divieto (invece di cancellarlo come voleva la Lega), formalizzando la scontata responsabilità dell’Antitrust (o delle Autorità Portuali) nella valutazione caso per caso del mercato rilevante ai fini dell’eventuale restrizione concorrenziale. La condivisione però non è unanimità: “Becce mischia interessi associativi e personali dato che lavora ancora per Gip (nel cda di Tdt, la controllata livornese, ndr)” tuona Pasquale Legora, vicepresidente Assiterminal e manager di un terminal di Msc, la multinazionale svizzera di Gianluigi Aponte infastidita dal rafforzamento di Psa.
“FALSO – ribatte Becce –. Abrogare il divieto, fantasiosamente aggirato negli anni è nella mia agenda da sempre e sposa un’istanza manifestata da tempo dal mercato”. Nel 2016, quando riformò la legge portuale, Graziano Delrio ministro, il Pd però non la colse. Ora, invece, nella guerra delle banchine italiane ha scelto di schierarsi ( come Forza Italia che ha presentato proposte analoghe).