Il goliarda Alberto e la Voghera irriverente
Lo scrittore ha compiuto ieri 90 anni: mai genuflesso, sapeva essere un critico fulminante
C’èuna lontana radice di irriverenza goliardica nel lavoro culturale di Alberto Arbasino, che ieri ha compiuto 90 anni, e risale alla tradizione laica di “goliardia è cultura e i nt e l li g e nz a ”, non certo a quella dei “goliardoni” goderecci e bordellieri. La conosco perché, capitato per caso a Voghera nel 1954 e poi all’Università di Pavia, mi trovo in mezzo a ragazzi intelligenti, tutti lettori del Mondo di Pannunzio che ci fa incontrare e discutere per via Emilia. Sono gli amici vogheresi, pochi ma buoni, “del Nino Alberto”, così alla lombarda, all’anagrafe, classe 1930. In una città-crocevia (e anche questo conta) fra Torino (Voghera è stata sa baud a)- M ilan o- Ge nova-Piacenza.
C’è un Cineclub, c’è il Circolo Goliardico che fa cultura e produce anche Numeri Unici annuali satirici, spesso urticanti. Dei quali Alberto è la prima frusta, come in un memorabile Coprifuoco che li porta tutti in tribunale per diffamazione. Il difensore che li fa assolvere è uno spiritosissimo avvocato liberale, Gino Manusardi, erede di una bella tradizione, suo zio, il fratello maggiore di Gina, la madre di Alberto. “La ragazza più intelligente”, mi dirà sempre Italo Pietra, direttore del Gior no, “fra le mie compagne del Liceo Classico di Voghera”. Il padre è autorevole farmacista in centro, in Via Emilia.
UN ALTRO LUOGO di formazione del giovanissimo Alberto è Il Ritrovo, il circolo della borghesia cittadina, dove c’è anche un aggiornata biblioteca e dove si tengono concerti da camera di buon livello. Lui è già, al Liceo, un lettore onnivoro, laico, problematico, conosce benissimo il francese, ma si butta a capofitto nell’inglese maneggiandolo presto al meglio ed entrando nel mondo anglo-americano in Italia meno noto praticato. Inizialmente si iscrive a Medicina a Pavia. Ne arretra presto, per scegliere Legge. A Milano, non più Pavia, dove entra in contatto con un maestro di Diritto Internazionale, Roberto Ago. Carriera diplomatico, modello anglo-francese del diplomatico/ scrittore, idealmente Bloomsbury Street? Un’idea, forse un progetto.
Comincia molto presto la collaborazione, fondamentale con gli intellettuali del Mondodi Pannunzio, e curiosamente da Voghera vi scrive un altro coetaneo, bolognese, Giuseppe Tarozzi poi al Sole-24 Ore. Insieme a un giovane sindaco socialdemocratico, Italo Betto, e ad altri amici come Tino Giudice, cugino di Goliarda Sapienza, di ascendenze garibaldine, fondiamo un settimanale radical-socialista (lui, Alberto, rimane più verso i liberali), Il Cittadino. Ci manda pezzi divertenti e irriverenti dalle capitali del mondo, che gira vorticosamente, dai teatrini off-off, dai festival più strani. Ha cominciato a scrivere quei densissimi Taccuini di incontri (ora depositati al Gabinetto Vieusseux), dai quali usciranno decenni dopo le 552 pagine dei Ritratti italiani (Adelphi).
Uno scrittore e saggista come lui, anglicizzante, è anomalo nel panorama italiano, e incuriosisce parecchio. Un’estate si presenta con scarso bagaglio e molte letture in Versilia dove hanno casa un po’ tutti. Gli interessano Roberto Longhi e Anna Banti, che con Paragone, Arte e Letteratura, fanno scuola e lì esce il primo dei sei racconti che, sponsorizzati da Italo Calvino, Einaudi edita nel 1957, Le piccole vacanze. Suscitano interesse in Italia e fiammate polemiche nella sua città per la riconoscibilità, spesso pungente, di alcune coppie, anche omosessuali, della borghesia. Dobbiamo difenderlo a spada tratta, in duelli di strada, nelle “v asche” serali.
IL SUO LANCIO giornalistico avviene però al Giorno di Italo Pietra, insieme a Garboli, Citati, Giudici, Manganelli. Pagine dei libri curate da Paolo Murialdi, con grandi articoli e fulminanti corsivi di venti righe. In uno di questi Alberto scrive “a fuoco” che il solo vero merito dello scrittore Giovanni Papini è di “essere il nonno materno di Ilaria Occhini”. Italiani, aprite gli occhi: ecco un vero saggista, scrittore e giornalista, mai conformista, mai genuflesso. Auguri, Nino Alberto.
Fu il ‘Mondo’ di Pannunzio a farci incontrare, mandava pezzi divertenti dalle città, dai festival e dai teatri