Il Fatto Quotidiano

Cine 34, ed è subito un piacevole Amarcord

- » NANNI DELBECCHI

Che cosa significa rivedere a casa propria, alla television­e, un film come Amarcord? Significa innanzitut­to ricordarsi di quando lo si vide la prima volta, a maggior ragione essendo-Amarcord un film sulla memoria, diretto da Fellini a 53 anni, l’età in cui i sogni diventano più simili ai ricordi, meno ai desideri. Strano, ma poche cose resistono all’invecchiam­ento quanto i ricordi, sembra sempre di ricordarli per la prima volta, forse perché non sono mai gli stessi. Nel dicembre 1973 affrontai uno dei miei primi viaggi in treno da solo; appena arrivato a Milano mi diressi in una delle sontuose sale di Corso Vittorio Emanuele; mi ritrovai in una sala sotterrane­a con le poltrone di velluto azzurro e aspettai con il fiato sospeso lo spegnersi delle luci perché, diceva Fellini, i film vanno visti immersi nel buio, aspettando che dallo schermo ti arrivi la vita. Rivedere Amarcord, con cui il canale Cine 34 ha voluto celebrare il centenario dalla nascita di Fellini e il suo primo giorno di vita, significa chiedersi cosa resti 47 anni dopo. Il cinema d’autore è appeso a poche anime postmodern­e (non ci sarebbe Sorrentino senza Fellini, non ci sarebbe Tarantino senza Leone), quei cinema “salotto di Milano” sono diventati grandi magazzini, nelle obitoriali multisale trionfano Me contro te, Luì e Sofì. Alla storia del cinema italiano è stata dedicata una rete provvidenz­iale: colma una lacuna di programmaz­ione e fa ammenda di un vuoto della memoria collettiva. Amarcord.

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