Inchieste e appalti persi: Manital in ginocchio
Il colosso, passato di proprietà, rischia il fallimento: perquisite le sedi e sequestrate le azioni
Una
lenta agonia sta avvicinando quello che resta della Manital - un tempo leader nel settore delle pulizie e dei servizi alle imprese - al 31 gennaio, quando il Tribunale di Torino potrebbe dichiararne il fallimento. E ora è anche al centro di un'inchiesta per truffa. Il 7 gennaio le azioni della società sono state poste sotto sequestro dal Tribunale di Ivrea.
L’INDAGINE è partita dopo varie denunce, una presentata dall'ex titolare Graziano Cimadom, e si concentra sul passaggio dell’azienda nelle mani della I.G.I. Investimenti di Giuseppe Incarnato, avvenuto a ottobre 2019. La scorsa settimana la Guardia di Finanza ha perquisito la sede piemontese e quella romana.
Esiti giudiziari a parte, la decomposizione di Manital è ormai nei fatti. Ogni giorno perde appalti pubblici, dai quali finora è dipesa gran parte del fatturato. Il Natale dei suoi 10 mila dipendenti sparsi in tutta Italia è stato terribile: da mesi non ricevono gli stipendi. Incarnato aveva promesso di sistemare tutto entro il 20 dicembre, ma non ha mantenuto la parola.
I più “fortunati” sono retribuiti direttamente dagli enti pubblici committenti con il meccanismo della sostituzione, prevista dal codice degli appalti, ma la maggior parte è a mani vuote. Al Fatto risulta pure che da tre giorni è scaduto il documento unico di regolarità contributiva (Durc) della Manital, quindi ora le amministrazioni dovranno pagare in surroga anche l’Inps e l’Inail. I lavoratori temono che gli enti diano priorità ai debiti previdenziali e assicurativi e i loro salari subiscano altri ritardi. Chi ancora ci lavora parla di un'azienda senza più nemmeno i mezzi per lavorare.
La società che gestiva gli adempimenti sul versante lavoro ha rescisso il contratto, quindi non sono state ancora elaborate le buste paga di dicembre e le tredicesime. Senza i cedolini, gli enti pubblici non possono far partire i pagamenti degli stipendi. Non c’è più nemmeno l’ufficio dei servizi informativi. Questo emerge dal racconto dei lavoratori, che stanno manifestando ogni giorno. Tra loro, c'è chi addirittura spera nel fallimento, che quantomeno farebbe chiarezza. Una situazione paradossale, se si pensa che Manital aveva (e in certi casi ha ancora) commesse da parte di ministeri, agenzie pubbliche, Poste, grandi aziende private e parastatali. Manital, sollecitata dal Fatto a dare spiegazioni, continua a non rispondere. Alcuni giorni fa ha chiesto un incontro ai sindacati, ma Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTrasporti hanno rifiutato vista “l’in aff id ab il it à” dell’azienda.
NONOSTANTE la situazione sia esplosiva da tempo, al ministero dello Sviluppo economico non è stato mai aperto un tavolo di crisi per Manital. Quanto alla nuova proprietà, la I.G.I. Investimenti di Giuseppe Incarnato, non ha mai convinto: la società ha fatturato nel 2018 circa 70mila euro, non proprio un gigante in grado di far fronte alle difficoltà di Manital. I sindacati sono preoccupati dalle perdite 2018 (7,5 milioni) e dal pesante indebitamento (262 milioni) cumulato soprattutto nei confronti dei fornitori. Per non parlare della spada di Damocle di un contenzioso da 200 milioni con l’Agenzia delle Entrate per una cartella del 2003. Forse, per i suoi piani, Incarnato, imputati nel procedimento a Roma sul crac dell’Idi, l’istituto dermatologico del Vaticano di cui è stato direttore generale, sperava nello sblocco di 600 milioni di commesse pubbliche già assegnate con l’obiettivo di portare Manital a fatturare 450 milioni entro il 2024. Evidentemente, come sanno i lavoratori, ha fatto male i conti.
10mila tremano Il 31 il tribunale deciderà se staccare la spina. Indagine sul passaggio alla Igi di Incarnato