Il Fatto Quotidiano

“Abbiamo avuto tante spese...” Le banche stangano i correntist­i

In filiale Il concorso ai salvataggi e i tassi negativi Bce hanno spinto gli istituti a continui rincari. E i conti “zero spese” non esistono più

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Con il nuovo anno anche l’ultimo baluardo dello “zero spese” si è schiantato contro il regime dei tassi negativi imposti dalla Banca centrale europea e dal concorso ai salvataggi bancari. Così Fineco (ex banca online di Unicredit), ha annunciato che dal primo febbraio aumenterà le spese di tenuta dei conti correnti. Un drastico cambiament­o di rotta che porterà 1,3 milioni di clienti a dover sborsare fino a 47,40 euro l’anno (il costo del canone mensile sarà di 3,95 euro) cui aggiungere anche i costi per i bolli. Importo che si potrà azzerare solo con una serie di operazioni come l’accredito dello stipendio o la rata del mutuo. “I due fattori che maggiormen­te hanno influito sul rincaro – ha scritto Fineco – sono la riduzione dei tassi d’interesse di mercato in un quadro di perdurante debolezza dell’economia (specie a livello europeo) e gli oneri incrementa­li connessi alla normativa in tema di tutela dei depositant­i”. Ciò che dicono tutti gli istituti prima di comunicare l’ennesimo rialzo.

QUELLO CHE, PERÒ, a pp ar e chiaro è che la motivazion­e adottata dalla “banca che semplifica la banca” non trova giustifica­zione nei conti del gruppo, che sono in crescita. Come del resto quelli di tutti gli altri che, prima di Fineco, hanno dato via nel corso dello scorso anno al valzer degli aumenti. Tra le maggiori banche tradiziona­li, le due più convenient­i offrono costi di poco inferiori a 100 euro l’anno: sono Mps con un Indicatore dei costi complessiv­i (Icc) dichiarato nei fogli informativ­i di 92,60 euro (stabile rispetto a 12 mesi fa) e Banco Bpm con 97,98 euro (+13,5%). La più cara, invece, è Intesa San Paolo a 204,80 euro (+2,5%), ma il cui conto è in promozione a 145,30 euro fino a giugno, come rileva Corsera. Seguono Bnl con il nuovo conto “Semplifica” a 184 euro (+10% dal precedente “PraticoNew”) e Unicredit a 178 euro con “Genius Gold” (+2%). Peggio, almeno come incremento, va ai clienti delle banche online: il rincaro di Banca Sella è del 115% sul 2019, CheBanca! si ferma al 68% e Fineco arriva all’85%.

Insomma, repricingc­he tutte le banche, in primis le big, hanno varato sia sui conti tradiziona­li che su quelli online per risollevar­e i propri margini sempre più compressi. Sostanzial­mente il principio è chiaro: per rispondere ai tassi negativi della Bce (che le costringe a pagare per depositare la liquidità non impiegata presso Francofort­e) le banche hanno deciso di scaricare i maggiori costi sui correntist­i. La politica monetaria – indispensa­bile per tenere in piedi i cocci dell’eurozona – non è però l’unico argomento usato dagli istituti. L’altro sono i costi dei salvataggi­o bancari. Per la precisione sono i fondi versati al Fondo interbanca­rio di tutela dei depositi (Fidt), che garantisce i correntist­i fino a 100 mila euro in caso di dissesto dell’istituto , ma che è anche lo strumento che il settore usa per soccorrere i gruppi in difficoltà. A questo si aggiunge il fondo usato nel 2016 per Etruria e le altre banche mandate in “risoluzion­e” dal governo Renzi. Secondo l’Associazio­ne bancaria italiana (Abi), tra il 2015 e il 2018 – escludendo dunque i salvataggi di Carige (700 milioni) e Pop Bari (per ora 300 milioni) – tra i contributi ai vari fondi, gli istituti italiano hanno speso 12,5 miliardi. Di questi, 6,4 sono andati al fondo di risoluzion­e, 3,3 al Fitd e 2,8 al fondo Atlante, quello messo in piedi nel 2017 per cercare di salvare le popolari venete (e che oggi rileva e gestisce i crediti deteriorat­i).

Da Unicredit a Ubi Banca, sono state le stesse banche nel corso degli ultimi due anni a usare i salvataggi come causa delle modifiche unilateral­i. Come emerge dal monitoragg­io diSosTarif­fe. it, i conti online hanno registrato nell’ultimo anno rincari medi del 29,44%, mentre quelli tradiziona­li del 27%.

SONO LE COPPIE, con i conti cointestat­i, a dover sostenere una spessa maggiore: dai 45,31 euro dello scorso gennaio si passa ai 60,23 di quest’anno. Meglio va ai single, per i quali c’è stato un aumento di una decina di euro: si va infatti dai 35,03 euro di gennaio 2019 ai 45,14 euro di gennaio 2020 (+ 28,85%). Sul fronte delle banche online, spiega SosTariffe.it, i maggiori incrementi si devono al rincaro che hanno subito i bonifici disposti allo sportello, il cui prezzo è passato dai 2,91 euro ai 3,94 euro attuali (+29%), e il costo relativo al prelievo di contante allo sportello (+27%; si va da 2,31 euro a 2,93 euro). Sono, poi, aumentati del 10% anche il prelievo Atm presso un’altra banca e quello in uno dei Paesi dell’Ue, saliti entrambi da 1,02 euro a 1,12 euro. Va detto che qualche conto corrente gratuito esiste ancora, ma bisogna comunque pagare le tasse: è l’imposta di bollo di 34,20 euro all’anno per giacenze medie superiori a 5 mila euro.

Il monitoragg­io Per SosTariffe.it i servizi offerti allo sportello sono aumentati del 27%, quelli online del 29%

l12,5 Miliardi Secondo l’Abi è l’ammontare delle spese sostenute dalle banche tra il 2015 e il 2018 per i contributi ai vari fondi di salvataggi­o

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