Il Fatto Quotidiano

“Quel migrante è morto dopo due pestaggi”

I verbali dei testimoni rischiano di essere inutilizza­ti: sono stati rimpatriat­i

- » VINCENZO BISBIGLIA

“Enukidze

è stato pestato in due occasioni prima di morire”. Nuovi dettagli dalle testimonia­nze fornite ai pm di Gorizia sulla morte di Vakhtang Enukidze, il 38enne georgiano trovato morto lo scorso 18 gennaio in una stanza del centro permanenza rimpatri (Cpr) di Gradisca d’Isonzo, poco distante dal capoluogo giuliano.

SECONDO una decina di stranieri, ascoltati nei giorni scorsi dal pm Paolo Ancora, l’uomo potrebbe essere morto per le percosse di un gruppetto di poliziotti intervenut­i per sedare una rissa. I testimoni, in gran parte africani, sono stati però rimpatriat­i nelle ore successive al colloquio con il magistrato, avvenuto presso la sede del Cpr. Decisione accolta con disappunto da Gianfranco Schiavone, vicepresid­ente dell’Associazio­ne per gli Studi Giuridici sull’Immigrazio­ne, che insieme al leader dei Radicali Italiani Riccardo Magi, ha denunciato l’episodio in una conferenza stampa alla Camera dei deputati: “Le testimonia­nze coincidono tutte – spiega Schiavone al Fatto –. Ma le persone andavano ascoltate in procura, in un ambiente protetto. Una parte di loro andava trattenuta in Italia, altrimenti c’è il serio rischio che, una volta tornati nel loro Paese, non possano testimonia­re in sede di incidente probatorio e di processo. Averli espulsi rischia di compromett­ere le indagini”.

Le ulteriori testimonia­nze, raccolte dal Collettivo Tilt, che sarebbero già agli atti dell’indagine, raccontano di ben due “pestaggi” da parte delle forze dell’ordine ai danni di Enukidze.

È il 13 gennaio, il georgiano ha perso il telefono. Lo cerca, non vuole rientrare in stanza: “Il suo telefono si è perso – spiega il testimone – lui non ricordava dove l’aveva lasciato. Da lì hanno cominciato a picchiarlo con il manganello, aveva tutto il corpo rosso proprio di lividi”. Vakhtang sarebbe dovuto partire per la Georgia il giorno dopo, ma il trasferime­nto salta. Il 17 gennaio, secondo chi racconta, il dolore è insopporta­bile. “Da lì – dice il testimone – lui ha cominciato di nuovo a spaccare degli specchi davanti a loro, e lì ci stava un altro ragazzo da dietro. La polizia ha detto a quel ragazzo dietro di buttare un pezzo di ferro fuori, e quando lui si è girato hanno cominciato a litigare. I poliziotti hanno aperto la porta e sono entrati dentro”.

QUI IL SECONDO, p r e s u nt o , pestaggio: “Lo hanno messo in mezzo, quanti erano… otto. Lui in mezzo circondato da 8 poliziotti. Quando lo hanno attaccato al muro uno di loro gli è saltato addosso di forza e lui da lì la testa gli è caduta e ha sbattuto al muro”. Le testimonia­nze, ovviamente, sono tutte da valutare. Le dichiarazi­oni andranno incrociate con quelle dei poliziotti in servizio e, soprattutt­o, con le immagini delle telecamere di sorveglian­za. La Procura di Gorizia intanto indaga per omicidio: lunedì ci sarà l’autopsia sulla salma del 38enne che non risulta avere precedenti per reati commessi in Italia. Enukidze, a quanto si è potuto apprendere, si trovava nel Cpr di Gradisca d’Isonzo per un problema con il permesso di soggiorno.

Il caso è stato paragonato da Radicali Italiani e da alcuni media al caso di Stefano Cucchi, il geometra romano ucciso nel 2009 a causa delle percosse subìte in una caserma dei carabinier­i, vicenda per la quale a novembre scorso due carabinier­i sono stati condannati in primo grado a 12 anni di carcere. Il paragone ha suscitato la rabbia del capo della polizia Franco Gabrielli. “Fare parallelis­mi – ha detto – a dir poco arditi di una vicenda che non è stata ancora definita con vicende per la quale sono stati impegnati anni e processi, lo trovo offensivo”.

Espellere i testimoni rischia di compromett­ere le indagini: c’è il rischio che non possano ripetere la loro versione nel processo GIANFRANCO

SCHIAVONE

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Il Cpr dove è morto Vakhtang Enukidze, 38enne georgiano
Ansa Gradisca Il Cpr dove è morto Vakhtang Enukidze, 38enne georgiano

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