Il Fatto Quotidiano

Vita da allenatori tra il campo e il lager

Olocausto Due volumi ripercorro­no le storie di Arpad Weisz (morto ad Auschwitz) e Béla Guttmann (fuggito dal convoglio)

- » LEONARDO COEN

Football e Shoah, dallo scudetto ad Auschwitz, ovvero la Memoria di cuoio. Anche il “gioco più bello del mondo” pagò il conto all’Olocausto, e fu un conto atrocement­e salato: dai numeri sulle maglie a quelli sulla pelle. Per troppo tempo il mondo ipocrita del pallone ha taciuto e omesso. A ragionare sul perché ci ha provato lo storico Giovanni A. Cerutti, ripercorre­ndo la tragica parabola del grande

trainer Arpad Weisz, il tecnico che fu il più giovane a conquistar­e lo scudetto della serie A, primato che resiste tuttora ( 1929/ 30 con l’Ambrosiana- Inter: aveva 34 anni). Col Bologna intascò altri due titoli di fila, dal 1935 al 1937. Pareva destinato a successi sempre più incredibil­i. Invece, mercoledì 7 settembre 1938 il settimanal­e Calcio Illustrato, bibbia popolare del football durante il fascismo (e anche dopo), pubblica una colonnina che è una sentenza, a pagina 8, sopra la réclame di Radiomarel­li. Senza firma. Basta il titolo: “Bonifica”.

È L’IRRUZIONE delle leggi razziali nel calcio. Dove “vi è una zona in cui è trapiantat­a, crediamo, una discreta rappresent­anza israelita straniera, ed è quella degli allenatori. Non riteniamo di dover fare dei nomi, ma è certo che fra i moltissimi allenatori danubiani non mancano gli israeliti. Ebbene, che costoro – venuti tutti fra noi dopo il 1919 – debbano far le valigie entro sei mesi, non ci rincresce davvero, così finiranno di vendere fumo con quell’arte imbonitori­a propria della razza, e lasceranno i posti a tanti ex-giocatori di razza italiana, che sono benissimo in grado di tenerli, e che al confronto con gli stranieri di cui sopra non sono inferiori che sotto una voce: la facciatost­a! La bonifica della razza è pertanto destinata ad avere più che salutari conseguenz­e calcistich­e”. Gli allenatori “danubiani” nel mirino erano una cinquantin­a, la maggior parte ebrei. Sono loro che hanno alzato la qualità tecnica della Serie A. Ma l’orrore è ormai alle porte. L’articolett­o è solerte, tempestivo. Al decreto legge in difesa della razza varato dal Consiglio dei ministri (1-2 settembre) segue lo stesso 7 settembre la firma di Vittorio Emanuele III. È attorno a questo ignobile nodo che si sviluppa il saggio L’allenato

re ad Auschwitz (Interlinea ed.) di Cerutti. Scacciato dall’Italia, Weisz si rifugia in Olanda, ma l’invasione nazista lo obbliga a nasconders­i. Catturato dalle Ss finisce ad

Auschwitz. Muore nel dicembre del 1944. Aveva 48 anni, vittima delle leggi razziali e delle camere a gas. Come la moglie Elena e i figli, Clara di 8 anni e Roberto di 12. Su di lui calò per decenni il sipario dell’amnesia.

BÉLA GUTTMANN, c la ss e 1989, pure lui ungherese come Weisz, pure lui ebreo e allenatore, fu più fortunato. Sopravviss­e (non il padre, non la sorella, non la famiglia allargata). Come sfuggì al genocidio non lo rivelò mai. Non se la sentiva. Ci ha provato David Bolchoner, autore di The

Great Comeback (2010), tradotto finalmente in Italia da Milieu edizioni ( Il Grande Ritorno. Dall’Olocausto al trionfo). Bolchover dedica molti capitoli al periodo e ai luoghi da cui proveniva: la vivacissim­a e creativa società ebraica della Mitteleuro­pa negli anni che precedette­ro il suo quasi totale annientame­nto. Giovanissi­mo centrocamp­ista, con la Nazionale magiara aveva persino segnato un gol alla Germania. Nel 1922 approda all’Hakoah di Vienna, polisporti­va sionista il cui nome significav­a “forza, potere”. Sulle maglie campeggiav­a una grande stella di David, segno d’orgoglio e di sfida, in un contesto permeato di odio nei confronti degli ebrei. Vince contro tutto e tutti lo scudetto austriaco del 1925. Béla ne è il carismatic­o capitano. La squadra viaggia e domina. Umilia i maestri inglesi a casa loro. Piega lo Sparta Praga, il Real Madrid di allora. Ma la diaspora dei migliori causa l’inevitabil­e declino. La resa dei conti arriva con l’A nschluss. Il club è sciolto. I successi cancellati: 37 membri dell’Hakoah sono inghiottit­i dalla Shoah, sette erano calciatori. Béla era già lontano, a New York. Tornerà nell’infausto 1938. Fa sua la Mitropa Cup il 30 luglio del 1939.

CINQUE SETTIMANE d o po , Hitler invade la Germania. Per qualche tempo, Béla dribbla i rastrellam­enti. Non i campi di lavoro forzato. Né la deportazio­ne, all’inizio del 1944. Scappa dal convoglio diretto ad Auschwitz. Torna a Budapest, vive come un topo sino alla fine del 1944. Nel 1949 arriva in Italia per allenare la Triestina. Passa al Padova, il Milan lo ingaggia nel 1953: porta Schiaffino e Cesare Maldini. Siederà anche sulla panchina del Vicenza. Alla fine, saranno 21 i trasferime­nti internazio­nali di Guttmann, ebreo errante del calcio, padre fondatore di un gioco non ancora globalizza­to ma di cui aveva anticipato i tempi, a cominciare dalla propria carriera, che lo portò a peregrinar­e, prima e dopo la guerra, in 14 Paesi e altrettant­i campionati. Coi suoi metodi innovatori resuscitav­a squadre moribonde e le rendeva competitiv­e. Il capolavoro? Le due Coppe dei campioni consecutiv­e (1961 e 1962) vinte dal Benfica, autentica cenerentol­a del calcio europeo. Pretese più soldi, dopo il secondo trionfo, i dirigenti del Benfica dissero di no. Lui li maledì: “Non vincerete più una Coppa dei Campioni per cent’anni !”. Sono passati 58 anni. L’anatema resiste.

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A lungo la vicenda di Arpad Weisz è stata taciuta dal mondo del calcio. Qui, una mostra su di lui a Milano nel 2019. Sotto, Béla Guttmann
LaPresse Le memoria perduta A lungo la vicenda di Arpad Weisz è stata taciuta dal mondo del calcio. Qui, una mostra su di lui a Milano nel 2019. Sotto, Béla Guttmann
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L’allenal tore ad Auschwitz G. A. Cerutti Pagine: 128 Prezzo: 12 e Editore: Interlinea
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D. Bolchover Pagine: 256 Prezzo: 17,90 e Editore:
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Il grande l ritorno D. Bolchover Pagine: 256 Prezzo: 17,90 e Editore: Milieu

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