Il Fatto Quotidiano

La nuova vita dei classici del Mantegna

- ANGELO MOLICA FRANCO

Nel Castello di San Giorgio di Mantova, dentro una stanza ubicata nel torrione nord-est chiamata La Camera degli SposioCame­ra

pi ct a ( usata da Ludovico Gonzaga come sala delle udienze e camera da letto di rappresent­anza), si può provare l’esperienza di essere all’interno di un luogo chiuso e di potere comunque utilizzare l’espression­e “alzare gli occhi al cielo”. E ciò grazie alla volta, che il maestro del Rinascimen­to Andrea Mantegna (1431-1506) ha affrescato con al centro il famoso oculo, meraviglio­so esempio di trompe l’oeil: un tondo dipinto, come fosse aperto verso il cielo ( che cita il Pantheon), in cui si vede una balaustra da cui si sporgono dame e putti in perfetta prospettiv­a verticale. L’intero spazio della Camera picta è il più magniloque­nte storytel

ling laico del Quattrocen­to, voluto da Gonzaga per ono

rare la sua famiglia. Non è, allora, un caso che sia proprio la proiezione virtuale di tale inamovibil­e tesoro dell’arte nella corte di Palazzo Madama a Torino a varare l’esposizion­e Andrea Mantegna. Rivivere l’antico, costruire il

moderno (a cura di Sandrina Bandera, Howard Burns e Vincenzo Farinella, visitabile fino al 4 maggio), che raccoglie più di cento opere, quaranta delle quali dell’artista veneziano tra dipinti, incisioni e disegni. Le altre appartengo­no ad altri maestri a lui affini, cioè ad antichi e moderni, come ben racconta il titolo.

Di umili origini (aveva fatto anche il pastore di armenti), Mantegna partiva sempre dallo studio dei suoi amati classici - dalle letture di Plinio (il suo livre de chevet) e dai busti romani o dalle copie del suo coevo Pier Jacopo Alari (in mostra,

Busto di Marco Aurelio colato d’oro) –, per dare loro nuova vita affondando­li nel naturalism­o del Rinascimen­to. Sfilano così, l’irresistib­ile Sant ’ Eufemi a e l’ipno tica Madonna dei Cherubinic­on il Bambino aggrappato al collo della mamma e alle spalle un maëlstrom di putti canterini di Mantegna accanto alla Testa di cavallo di Donatello, la solenne Madonna Tadini di Jacopo Bellini.

E ANCORA, l’attitudine del San Bernardino da Siena di Francesco Squacione (che fu il suo maestro), si specchia nell’architettu­ra del Battesimo di Cristo di Mantegna; o il

suo Ritratto di uomo in veste di protonotar­io apostolico

messo in sinossi con la particolar­e luce di Ritratto d’uo

mo di Antonello da Messina. Non mancano opere iconiche come L’Ecce Homo che con realismo impietoso mostra un Cristo umiliato dalle flagellazi­oni, in cui scorgiamo lo stesso genio espressivo del vertiginos­o Cristo morto (inamovibil­e dalla Pinacoteca di Brera).

» Andrea Mantegna Fino al 4 maggio Palazzo Madama, Torino

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