I CRAXI ERANO 3, BILANCIO NERO
L’indipendenza di chi scrive, di chi pubblica, di chi diffonde la parola in modo non effimero è una sfida sempre più importante in un mondo, anche occidentale, in cui la comunicazione, su Rete e su carta, è nelle mani di una minoranza sempre più ristretta. Alla libertà spesso abusata della Rete si contrappongono ragioni apparentemente plausibili, ma chi garantisce che i controllori futuri, di fatto già presenti, non diventino censori? E cosa significa la continuata chiusura di librerie e di edicole intorno a noi? Anche come luoghi di ritrovo e di discussione.
QUESTI INTERROGATIVI non hanno nulla di nostalgico. Quando, nei lontani anni Ottanta, un gruppo di volonterosi diede vita a una rivista di nome L’Indice dei libri del mese – un nome inventato da uno storico dell’arte, Enrico Castelnuovo, in paradossale polemica con la pratica di ogni censura – il CAF di Craxi, Andreotti e Forlani gestiva la restaurazione politica, i condizionamenti della proprietà editoriale crescevano a vista d’occhio, la libera e competente analisi dei libri era per nulla diffusa. Le regole che ci siamo dati hanno funzionato per 35 anni – è questo il compleanno che stiamo per festeggiare, grazie a una decisione dell’Accademia dei Lincei – ma spiace che siano sempre più attuali. Cominciamo dalla prima: che L’Indice non recensisce mai libri scritti da chi lo fabbrica e lo consiglia in maniera permanente. L’indipendenza, forse più difficile da esercitare, è quella nei confronti di noi stessi e degli ambienti, accademici e non, di cui siamo partecipi. Pur animati da buone intenzioni, non sempre riusciamo a evitare quella che Pierre Bourdieu chiamava i rinvii d’ascensore, ovvero scambi di favore, tra amici e colleghi. Più netta, quell’ indipendenza nei confronti degli editori, anche se costosa e beffarda. In primo luogo perchè essere proprietari di se stessi garantisce libertà, ma costa sacrifici, incertezze, tensioni. Qualche volta, ai danni si accompagnano le beffe: “Inutile dargli la pubblicità. Tanto ti recensiscono lo stesso!”.
Ma che uso fare di questa libertà e di questa indipendenza? Che tipo di recensione serve e come la si diffonde, ora che l’autopromozione è diventata anche elettronica? Oggi in Italia si pubblicano oltre 50.000 libri, in continua crescita. Sempre più autori, sempre meno lettori. Sempre più tipografie a pagamento, sempre meno editori veri. Sceglierne mille, di libri, nel corso di un anno, è una grossa responsabilità, un ristretto ma importante dovere e potere quasi civico.
Mille libri da descrivere – “In principio è il riassunto”, ci insegnava Cesare Cases – analizzare, discutere, giudicare, eventualmente valorizzare, oltre che libertà, richiede anche competenza. Non necessariamente il grande nome del recensore, che non di rado si trasforma in tuttologo, ma il più competente e il più motivato, quanto e più dell’autore che ne attende con ansia il giudizio. A servizio del lettore che sarà servito, dall’autore come dal recensore, tramite una cultura che sarà alta anche perché comprensibile, trasparente, non da iniziati.
LE REGOLE, come quelle democratiche, non sono mai vigenti. Si trasformano, nella migliore delle ipotesi indicano una direzione. Chi le professa vorrebbe diffonderle, soprattutto in un’epoca in cui il pensiero su carta deve fare i conti con la rivoluzione tecnologica in atto. Per questo, la seconda parte del convegno presso l’Accademia dei Lincei sarà dedicato alla proposta di costituire una piattaforma che, oltre a sostenere tutto ciò che serve a supportare e diffondere la cultura del libro, a cominciare dalle librerie e dalle biblioteche, accolga e renda consultabili recensioni prodotte e altrimenti archiviate di giornali, riviste e, perché no, di singoli lettori che accolgano la sfida della scelta motivata e dell’analisi libera e competente.
IL CONVEGNO Lunedì prossimo, a Palazzo Corsini a Roma, con l’Accademia dei Lincei saranno celebrati i 35 anni della rivista “L’Indice”