I fattori decisivi: affluenza, Romagna e le “zone rosse”
DICONO I SONDAGGISTI Sfida incerta Il Pd può sperare in Bologna, Modena, Reggio Emilia & C. La zona costiera è contendibile. L’incognita “astensione”
Il punto più basso risale all’ultimo voto regionale, quello del 2014. Alle urne si presentarono 1 milione e 300 mila persone, pari al minimo storico del 37,7 per cento di affluenza. Roba mai vista in Emilia Romagna, dove anche lontani dai fasti della Prima Repubblica (quando si viaggiava sopra il 90 per cento) gli elettori non erano mai scesi così in basso. Comunque vada domenica, è certo che l’affluenza tornerà a salire e che proprio il numero dei votanti sarà decisivo per l’esito della contesa tra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni. A spiegarlo sono gli stessi sondaggisti, tutti concordi – stando alle ultime rilevazioni pubblicabili – sull’incertezza del risultato e sul fatto che alla fine la portata nazionale del voto spingerà le persone alle urne: “Il 37 per cento del 2014 era figlio di un altro mondo – spiega Roberto Weber, presidente di Ixè – ed era un segnale di disagio che il gruppo dirigente del centrosinistra non colse affatto. Oggi credo che sia ragionevole una stima superiore al 65 per cento”.
TRA CHI PREGA per un’affluenza alta c’è soprattutto Stefano Bonaccini, almeno secondo Antonio Noto (Noto Sondaggi): “Un dato alto favorirebbe più il centrosinistra, perché se il centrodestra dovesse vincere credo lo farà soprattutto grazie a quei delusi di sinistra che sceglieranno di rimanere a casa”.
Da considerare, però, saranno anche le zone geografiche in cui crescerà maggiormente l’affluenza. Secondo gli istituti di ricerca, la Regione è infatti divisa in aree ben distinte: “Nei grandi centri come Bologna o Modena – spiega Noto – il centrosinistra è avanti, mentre l’area che confina con la Lombardia guarda a destra. La parte contendibile è sostanzialmente quella della Romagna”.
“Se fosse quella parte a voltare le spalle a Bonaccini – ipotizza Weber – allora sarebbero guai per il centrosinistra”. Il piano di Bonaccini però sembra proprio quello di puntare a fare il vuoto nelle sue roccaforti perché costituiscono i collegi più popolosi, dove portare qualche migliaio di persone in più ai seggi potrà fare la differenza.
Non solo. Oltre all’affluenza, Bonaccini spera nel sostegno del voto disgiunto, ovvero del meccanismo elettorale che consente di votare per una qualsiasi lista e per un candidato presidente non sostenuto da quella lista: “Il disgiunto credo sarà quasi tutto a favore del centrosinistra – è la versione di Marco Valbruzzi (Istituto Cattaneo) – anche se di solito parliamo di pochissimi punti percentuali”. È ipotizzabile che parecchi elettori dei 5 Stelle scelgano di sostenere il Movimento, ma di dare il voto anche a Bonaccini come presidente, in modo da non disperdere il proprio voto nella sfida con la Lega. “Non è un caso – continua Valbruzzi – che nei suoi comizi Bonaccini continui a ricordare questa possibilità del disgiunto. Sa benissimo che può essere un vantaggio”. A condizione che gli elettori ne siano consapevoli: “È una scelta abbastanza di élite, non è facile che le persone la conoscano”.
In una contesa così risicata, però, anche un paio di punti potrebbero essere preziosi. Il precedente, ben augurante per il centrosinistra, lo ricorda Weber e risale al 4 marzo del 2018, quando insieme alle Politiche nel Lazio si sceglieva anche il nuovo governatore: “Il 15 per cento dei voti incassati da Nicola Zingaretti, ovvero 150.000 voti, non erano collegati alle liste che lo sostenevano”.
Conseguenza quindi di alcuni voti dati soltanto al segretario – senza specificare alcuna lista – ma anche di una buona quota di voto disgiunto: due elementi che ora potrebbero tornare comodi anche a Bonaccini.
PIÙ DIFFICILE INVECE, stando almeno alla vicepresidente di Tecné Michela Morizzo, che il governatore possa beneficiare di un chiaro “effetto Sardine”: “Nutro perplessità sul fatto che questo movimento incida in maniera netta sulla partecipazione. A differenza dei 5 Stelle degli albori, per esempio, non si tratta di persone deluse da destra e sinistra che hanno smesso di votare, ma di cittadini che già votano per la maggior parte a sinistra, pur essendone in qualche modo delusi”.
Senza dimenticare che polarizzare la discussione attorno a Matteo Salvini, come in effetti è avvenuto anche per bocca delle Sardine, potrebbe non essere stato un favore al candidato di centrosinistra: “Mi sembra che in campagna elettorale Bonaccini abbia cercato piuttosto di concentrarsi sull’Emilia-Romagna e sulla sua amministrazione – dice ancora la Morizzo – tenendo ben lontane le questioni nazionali”.
Zero effetto Sardine Per gli esperti non portano voti ai dem: concentrarsi su Salvini può essere un danno