Il Fatto Quotidiano

I vertici Eni guidavano il “complotto” contro i pm

Soldi per far tacere il grande accusatore dell’ad Descalzi per la tangente nigeriana. Sotto accusa il vice, Granata. Perquisito Verdini

- » GIANNI BARBACETTO

Soldi Eni per far tacere i testimoni che accusano di corruzione i vertici della compagnia petrolifer­a. È questa l’ultima accusa che la Procura di Milano rivolge ai manager del Cane a sei zampe. Innanzitut­to a Claudio Granata, l’uomo più vicino all’amministra­tore delegato Claudio Descalzi, nonché candidato alla sua succession­e. Ma anche a Michele Bianco, vicepresid­ente esecutivo degli Affari legali, e ad Alfio Rapisarda, responsabi­le della security. I tre manager sono accusati di associazio­ne a delinquere. Granata e Bianco anche di induzione a rendere dichiarazi­oni false all’autorità giudiziari­a. Due giorni fa sono stati perquisiti i loro uffici e le loro abitazioni, come quelle di un avvocato di Catania, Alessandra Geraci, accusata di corruzione fra privati. Perquisizi­oni anche per l’ex parlamenta­re Denis Verdini.

LA STORIA È QUELLA del “complotto” avviato nel 2015 dall’avvocato siciliano Piero Amara, allora legale esterno dell’Eni, che presenta prima alla Procura di Trani, poi a quella di Siracusa, false prove di una macchinazi­one ai danni di Descalzi. L’obiettivo è quello di intorbidar­e le acque e danneggiar­e le inchieste che Fabio De Pasquale della Procura di Milano stava svolgendo su ipotesi di corruzioni internazio­nali in Nigeria e in Algeria. Amara viene arrestato nel 2018 dalla Procura di Messina e patteggia 3 anni, per altre vicende di corruzione. Sulle storie che coinvolgon­o Eni, sostiene in un primo momento di aver fatto tutto da solo, per ottenere crediti presso la compagnia. Negli ultimi mesi, interrogat­o più volte a Milano dal procurator­e aggiunto Laura Pedio e dal sostituto Paolo Storari, racconta invece di aver avuto un mandato dai vertici Eni – Granata e Bianco – per far ritrattare a Vincenzo Armanna, ex dirigente Eni, le accuse che questi aveva rivolto a Descalzi, coinvolgen­dolo nel pagamento della mega-tangente da oltre 1 miliardo di dollari che la compagnia avrebbe pagato per ottenere in Nigeria il campo petrolifer­o Opl 245. Scatta il cosiddetto

“patto della Rinascente”, siglato nel marzo 2016 dopo un incontro al grande magazzino romano di piazza Fiume. Amara lo racconta in un suo memoriale: “Le dichiarazi­oni di Armanna scossero il mondo Eni che temeva che la Procura di Milano potesse emettere delle richieste di custodia cautelare nei confronti dello stesso Descalzi”. Così, continua Amara, Granata lo incarica di “gestire Armanna”: gli viene promessa la sua riassunzio­ne in Eni dopo la sentenza di primo grado sul caso Nigeria; e un pagamento di 1,5 milioni all’anno (finora almeno 5/6 milioni di euro) che la compagnia ha versato alla azienda nigeriana Fenog che a sua volta li ha girati ad Armanna come pagamento di consulenze. In cambio Armanna ha ritrattato le sue accuse a Eni e a Descalzi, inserendo in una memoria consegnata alla Procura di Milano il 23 maggio 2016 tre punti indicati in una annotazion­e preparata proprio da Granata.

AMARA HA RACCONTATO ai magistrati milanesi che anche la fase del “complotto” a Trani e a Siracusa è stata da lui gestita insieme agli uomini Eni, l’avvocato Bianco e, per Siracusa, anche Granata. Per imbastire questa trama, i rapporti riservati tra Granata e Amara – secondo le dichiarazi­oni di quest’ultimo – sono stati tenuti dal capo della security aziendale, Rapisarda. Per compensare questo lavoro, Eni ha pagato consulenze legali all’avvocato Geraci, che poi ha versato una parte dei soldi a una società di servizi dietro cui c’è Amara.

L’avvocato Bianco – sempre secondo Amara – aveva chiesto ad Armanna di lasciar cadere le accuse a Descalzi e Granata, scaricando­le semmai su due manager licenziati dalla compagnia, l’ex capo degli Affari legali Massimo Mantovani e l’ex capo della divisione Exploratio­n & Production Antonio Vella. La stessa richiesta sarebbe arrivata ad Amara, su un foglietto, anche da Verdini. L’avvocato Bianco è accusato anche di aver chiesto ad Amara di retroceder­gli in contanti una parte delle somme pagate da Eni.

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LaPresse Il manager Claudio Descalzi, alla guida dell’Eni. A sinistra, l’ex senatore di FI, Denis Verdini
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Claudio Granata Chief services&stakeholde­r relations officer di Eni, è l’uomo più vicino a Descalzi

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