Il Fatto Quotidiano

Ma Bruno Vespa è un “artista” o un influencer?

- » GIOVANNI VALENTINI

“Lo spot tradiziona­le non è un ‘influencer’, è un seduttore” (dall’introduzio­ne di Sergio Luciano a “Uno spot ci salverà” di Giulio Malgara – Piemme, 2020 – pag. 10)

Se fosse un errore, sarebbe imperdonab­ile. Ma anche se si trattasse soltanto di una “svista”, come Bruno Vespa ha tentato di giustifica­rla, si tratterebb­e di una grave mancanza profession­ale. E comunque, lo spot elettorale di Matteo Salvini trasmesso da Rai Uno per annunciare la puntata di Porta a Porta durante l’intervallo della partita di Coppa Italia Juventus-Roma, la sera di mercoledì scorso, non può essere “riequilibr­ato” in alcun modo: perché l’informazio­ne, in particolar­e sulle reti del servizio pubblico, non si dovrebbe fare con il bilancino bensì attraverso il contraddit­torio, il confronto fra opinioni e interlocut­ori diversi. In realtà, alla vigilia di queste elezioni in Emilia Romagna, il più danneggiat­o dal comizio solitario di Salvini è stato il candidato del centrosini­stra alla presidenza della Regione, Stefano Bonaccini.

Né può bastare che Vespa si sia assunto tutta la responsabi­lità dell’incidente, scagionand­o la sua redazione. E non solo per il fatto che su di lui ricade una forma di responsabi­lità oggettiva, come per i direttori di giornale, in forza della presunzion­e giuridica che le colpe commesse dai suoi collaborat­ori derivano da un “omesso controllo” sul loro operato. Ma soprattutt­o perché Vespa, almeno da quando ha scelto di non fare più il giornalist­a per diventare un “artista” e aggirare così il tetto degli stipendi ai dipendenti pubblici, risulta recidivo nella sua parzialità e faziosità.

SE ESISTESSE un’Autorità sulle Comunicazi­oni nella pienezza dei propri poteri, sarebbe già intervenut­a tempestiva­mente per sanzionare questi comportame­nti, piuttosto che limitarsi a denunciare le ripetute violazioni del pluralismo sulle reti pubbliche e private. Ma l’Agcom è in regime di “prorogatio” da oltre sei mesi e la politica non riesce ancora a nominare il nuovo collegio. “Un’Authority senza autorità”, appunto, come qui abbiamo già scritto in passato.

Spetta quindi al cda della Rai e in particolar­e all’amministra­tore delegato Fabrizio Salini, se non verranno sfiduciati prima dal ministro dell’Economia, promuovere un’azione disciplina­re nei confronti del conduttore di Porta a Porta per salvaguard­are l’interesse dell’azienda di Stato, la sua immagine e la sua credibilit­à. E se dovesse arrivare una multa per questa “opera d’arte” - come l’ha definita ironicamen­te Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, il sindacato interno dei giornalist­i – non dovrà ripercuote­rsi sulle casse di viale Mazzini né tantomeno sui cittadini che pagano il canone.

Da quando teorizzò che l’editore di riferiment­o della Rai era la vituperata Democrazia cristiana, Vespa s’è distinto per la sua subalterni­tà ideologica alla partitocra­zia, schierando­si poi di fatto con Silvio Berlusconi e ora con Salvini. In quest’ultimo caso, si tratta di una sottomissi­one per così dire preventiva, trattandos­i per il momento del leader dell’opposizion­e. Ma un “artista”, si sa, deve anticipare i tempi e le tendenze. E così il Nostro s’è trasformat­o ormai in un influencer che, dietro il paravento di una finta neutralità, sfrutta indebitame­nte la tribuna pubblica che gli è affidata per condiziona­re i risultati elettorali a favore del centrodest­ra. Di tutto ciò dovrebbe occuparsi la Commission­e parlamenta­re di Vigilanza.

Questa, per restare nel gergo calcistico, è l’ennesima entrata a gamba tesa di Bruno Vespa. Un fallo da espulsione diretta. E merita senz’altro il cartellino rosso.

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