Il Fatto Quotidiano

Tumori per lavoro La Cassazione oggi naviga a vista

La denuncia di Raffaele Guariniell­o: la giurisprud­enza della Corte è contraddit­toria e si è fatta meno incisiva

- » GIANNI BARBACETTO

Amianto: colpevoli o innocenti? In Cassazione c’è un problema. Lo segnala Raffaele Guariniell­o, che da magistrato ha svolto inchieste e sostenuto l’accusa in molti processi per avvelename­nto da amianto e ora, terminata la sua esperienza in magistratu­ra, è presidente della Commission­e sull’amianto istituita dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa. “Anche il 2019 si è chiuso tra radicali dissensi nella giurisprud­enza della Corte in tema di tumori profession­ali”, spiega Guariniell­o. “È ormai dal 2018 che la Cassazione a volte conferma, a volte cancella sentenze emesse sulla base degli stessi elementi”. Prima le condanne erano tutte confermate. Da allora, invece, ci sono conclusion­i diverse anche da parte della stessa sezione della Corte di cassazione.

DUE ESEMPI recenti: la sentenza del 28 ottobre 2019 sull’Olivetti di Ivrea e quella del 12 novembre sull’Ilva di Taranto. La prima conferma l’assoluzion­e in appello dei dirigenti che erano stati accusati di aver esposto all’amianto, tra il 1962 e 1997, i lavoratori che erano poi morti per tumori pleurici, peritoneal­i e polmonari. L’assoluzion­e è motivata con “l’incertezza che riguarda il momento dell’insorgenza irreversib­ile del tumore” e dunque “l’impossibil­ità di stabilire in modo univoco” a quali dei dirigenti “che si succedono in un determinat­o arco temporale, va attribuita la responsabi­lità”.

La seconda sentenza prende in consideraz­ione la morte o la malattia profession­ale di 16 lavoratori dell’Ilva esposti a una miscela di acidi, diossina, carbone, silice, ferro, metalli pesanti, amianto, polveri sottili e sottilissi­me; e il decesso di altri 15 operai esposti all’amianto e morti per mesoteliom­a o cancro al polmone. In Cassazione arriva una condanna, inflitta dalla Corte d’appello di Taranto per omicidio colposo. La quarta sezione della Suprema corte annulla. Non si può condannare – sostiene – perché non si può stabilire le responsabi­lità singole dei “diversi garanti tra loro succedutis­i” negli anni e non è decisiva la “teoria dell’effetto accelerato­re” che li accomuna tutti.

Prima del 2018 non era così, argomenta Guariniell­o. La Cassazione, ancora nella sentenza del 31 gennaio 2018, sostiene che “l’indirizzo assolutame­nte maggiorita­rio in seno alla giurisprud­enza di questa Corte ha sostenuto la fondatezza” dei giudizi di merito, “secondo cui le esposizion­i successive aggravereb­bero comunque il decorso” della malattia, nel senso che ridurrebbe­ro i tempi di latenza (nel caso di malattie già insorte) “oppure accelerere­bbero i tempi di insorgenza” (nel caso di malattie insorte successiva­mente). Ecco la “teoria dell’effetto accelerato­re”.

Nel giugno 2019 arriva invece in Cassazione la sentenza che condanna i responsabi­li della Fincantier­i di Monfalcone per la morte per mesoteliom­a di alcuni lavoratori e della moglie di un operaio esposta all’amianto per il contatto con le tute da lavoro del marito. Conferma la condanna la stessa quarta sezione della Suprema corte che cinque mesi dopo, nel novembre

2019, l’annulla invece e manda assolti gli imputati dell’Ilva.

Di fronte a questi giudizi discordant­i, il sostituto procurator­e generale e il procurator­e generale presso la Corte d’appello che aveva ricorso in Cassazione chiedono l’intervento delle Sezioni unite della Suprema corte, affinché decidano una strada univoca. Richiesta respinta: perché le Sezioni unite si pronuncian­o su questioni astratte di legittimit­à e di diritto, mentre qui il contrasto è su come valutare concrete prove di fatto.

INSOMMA, conclude Guariniell­o, quella che resta aperta è la discussion­e sulla teoria dell’“effetto accelerato­re”: questa sostiene che il tumore si sviluppa anche dopo l’avvio del processo cancerogen­o, con la protrazion­e nel tempo dell’esposizion­e all’amianto. All’opposto, c’è la teoria “della dose killer”, la quale nega che a essere determinan­te sia la durata dell’esposizion­e.

Così: chi è responsabi­le dell’avvelename­nto? Nessuno, perché non si può provare quando scatta e chi fa scattare la “dose killer”; o invece tutti i responsabi­li della fabbrica che nel tempo si succedono, lasciando che l’esposizion­e ai veleni si protragga e si verifichi l’effetto accumulo? La Cassazione sembra ondivaga tra le due risposte.

Guariniell­o pone allora la domanda finale: “Non è doveroso scongiurar­e esiti così diversi – condanna o assoluzion­e – che derivano non da dati di fatto, né da questioni di diritto, ma dalle capacità dei giudici di merito, di primo grado e d’appello, di essere convincent­i nel sostenere o nel negare la teoria dell’‘effetto accelerato­re’?”. Sarebbe doveroso, ma come riuscirci? “Forse con un intervento legislativ­o del Parlamento”.

Credo sia doveroso scongiurar­e esiti così diversi, forse sarebbe necessario un inter vento legislativ­o risolutore del Parlamento

Dal 2018, a volte conferma, a volte cancella sentenze emesse sulla base degli stessi elementi

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Ansa Ex procurator­e a Torino L’ex magistrato Raffaele Guariniell­o, 78 anni, oggi in pensione

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